Festa della mamma: il capolavoro di Dio

Quando Dio decise di creare la mamma era già al sesto giorno di lavoro, senza ancora essere arrivato alla conclusione.  Allora decise di mettersi a fare gli straordinari. Ad un certo punto, un angelo che osservava, incuriosito, tanto impegno, si avvicinò e gli disse all’orecchio: “Questa qui te ne sta facendo perdere di tempo, eh?!”. Dio gli rispose: “Sì hai ragione; ma devi sapere che la mamma ha bisogno di tanti particolari”. “Quali particolari?”, gli domandò l’angelo. “Vedi, amico mio, la creatura che sto per fare deve avere un bacio capace di guarire tutti i mali, e deve avere quattro paia di mani”. “Quattro paia?”. “Certo, quattro paia per fare il gran lavoro che dovrà fare. Ma, a dir il vero, farle le mani non mi è difficile: il difficile sono le tre paia di occhi che una madre deve avere”. “Così tanti?”, si stupì l’angelo. “Proprio così!”, disse Dio. “Un paio per vedere dietro le porte quando domanda: Che cosa state combinando, bambini?, anche se lo sa già. Un paio dietro la testa per vedere tutto quello che non dovrebbe vedere, ma che deve sapere. Il terzo paio di occhi serve per vedere il figlio che si è cacciato nei guai e dirgli, senza pronunziare una parola, che lo capisce e gli vuole bene”. Finalmente l’angelo comprese che il lavoro era davvero impegnativo. Allora, sfiorandogli lievemente un braccio, disse al Creatore: “C’è troppo lavoro per un giorno solo. Va’ a dormire, finirai domani”. “No, non posso. Della mamma c’è bisogno subito: non posso aspettare. Pur di riuscire, oggi stesso, sono disposto a togliere qualcosa a quello che ho già creato, e passarlo a lei”.

E così il Signore dal panda prese la tenerezza, dall’elefante la forza, dal cane la fedeltà, dalla tartaruga la pazienza, dal glicine il profumo, dal basilico il sapore, dall’acqua la voglia di muovere, dalle stelle la luce, e dosò, ben bene, ogni cosa.  Finalmente, guardò soddisfatto, ed esclamò: “Eccola! Eccola la mamma. Ammiratela. Amatela. Rispettatela: tutti! È il mio più bel successo. È il mio capolavoro!”.

La Prima Comunione

Domenica 10 maggio sarebbe stato un altro appuntamento bello e importante che avrebbe visto coinvolti 9 ragazzi/e, i loro familiari e tutta la nostra comunità: la Prima Comunione. Un vero evento che avrebbe mosso i cuori. Tutti questi bambini non più piccoli, già ragazzini che avrebbero mangiato Gesù. Il corpo di un Uomo sarebbe stato mangiato, ingoiato, e custodito nel petto di questi piccoli. Di ragazzini che per la prima volta avrebbero capito il gesto estremo di prendere in bocca il corpo di  Cristo. Quel corpo sacrificato per la vita. Il corpo che dà la vita. Ma la situazione che stiamo vivendo non lo permette. Pregherò e ricorderò volentieri questi ragazzi/e e i loro familiari.

A proposito di Comunione: sono più di due mesi che nessuno può accostarsi a questo Pane. Penso e spero che il nostro paese abbia fame di questo Pane, e fame di vita. Che abbia fame di senso per l’esistenza. Fame che torce il viso, che sfigura. Che la rende fragile, smarrita. Tristi quegli adulti che non si ricordano e non sentono – in questo mondo ferito da crisi e virus – la mancanza di questo alimento. Che non è solo un rito, non è solo una festa.

È il gesto decisivo della intera esistenza.

Maria, modello del credente

Maria madre diventava, in un certo senso, la prima discepola di suo Figlio, la prima alla quale egli sembrava dire: “Seguimi”, ancor prima di rivolgere questa chiamata agli apostoli o a chiunque altro. Quando Gesù afferma: “Chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre”, Maria deve scegliere. Ella comprende che ormai l’intimità con Gesù non è più garantita dal fatto di esserne la madre (“Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!”), ma dal diventarne la ”discepola” (“Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!”).

Maria inizia, quindi, quella trasformazione che da “madre” di Gesù la porterà a esserne la “discepola”, seguendolo fino alla croce: “Stava presso la croce di Gesù sua madre”. Maria obbedisce alla legge di Dio dentro le vie faticose della storia umana. Ella non è stata dispensata dalla fatica; non ha avuto una riduzione di sacrificio; non ha avuto uno sconto di dolore. Essere madre di Dio ha comportato per la sua esistenza seguire la via di Dio! E la via di Dio va da Betlemme al Calvario. Lungo questa via Maria non ha avuto un momento di esitazione: ha fatto tutto il pellegrinaggio della fede, santificando ogni giorno della sua vita. E la fede l’ha nutrita di gioia: sempre!

Il dono grande che Maria offre oggi agli uomini è la semplicità del cuore e la disponibilità a Dio. Maria, la vergine fedele, che “serbava tutte queste cose nel suo cuore”, ha aiutato la Chiesa, scaturita dalla Pentecoste, ad inserirsi nel mondo con uno spirito nuovo, con una fedeltà incrollabile alla Parola, alla croce del Figlio, alle esigenze radicali e alla forza trasformatrice del suo amore. Maria rimane un modello e un punto di riferimento sicuro anche per noi, che siamo chiamati a vivere la nostra vita cristiana in un momento particolarmente difficile e impegnativo. Siamo chiamati a non separarsi dal mondo, ma ad immergersi in esso, condividendo le angosce e le speranze, le sofferenze e le gioie degli uomini. Tuttavia, non dobbiamo rinunciare al vangelo per conformarci “alla mentalità di questo secolo”.

Questo dovrà essere l’atteggiamento continuo dello spirito e del cuore, attento alla Parola, della quale riconosce il primato e con la quale si lascia consolare, correggere e nutrire, in modo che ne deriva un rapporto con Dio sempre più ricco e autentico. Accanto a noi c’è Maria, che continua a darci Gesù, che ci aiuta a scoprire giorno per giorno il suo volto e ad avere fiducia nella sua fedeltà. La Vergine è madre e modello. Non possiamo accogliere pienamente la vergine come madre senza essere docili alla sua parola che ci indica Gesù quale maestro della verità da ascoltare e da seguire: “Fate quello che vi dirà”. Lei, da parte sua, ci assicura la sua potente intercessione, la sua presenza in tutte le necessità, il conforto nelle difficoltà.

Indicazioni per la celebrazione dei funerali

La pandemia ha imposto precise regole per celebrare i funerali in sicurezza. Qui di seguito trovate le linee guida.

  • I funerali saranno celebrati al cimitero, di fronte alla chiesetta. In caso di maltempo, le esequie saranno celebrate in chiesa. In caso di celebrazione in Chiesa, la parrocchia procederà alla sanificazione dell’intero ambiente.
  • Il numero massimo di parenti e amici del defunto presenti potrà essere di quindici.
  • Sarà misurata a tutti la temperatura. Chi avrà febbre superiore a 37.5 gradi, sarà escluso dalla funzione.
  • Chiunque sia entrato in contatto con persone positive nei giorni precedenti non potrà partecipare al funerale.
  • È pregato di astenersi anche chi ha una condizione di salute precaria o età avanzata.
  • È obbligatorio mantenere la distanza tra persona e persona di almeno un metro.
  • Tutti dovranno indossare mascherine o comunque foulard o sciarpe che coprano tassativamente naso e bocca.
  • È vietata qualsiasi forma di assembramento o contatto tra le persone.
  • Sono vietati i cortei funebri, sia dalla casa del defunto al luogo della celebrazione sia dalla chiesa al cimitero.

L’Eucarestia sarà distribuita dal sacerdote ai fedeli che dovranno restare ognuno al proprio posto. Il parroco indosserà la mascherina e si igienizzerà le mani prima di procedere.

Immagini della processione

Quest’anno i preparativi per la Sagra sono stati sostituiti da un dibattito febbrile su come far sentire alla comunità la vicinanza della parrocchia. Dopo vari cambi di rotta, Don Giuseppe è riuscito a passare in tutte le vie del Paese con la reliquia del Santo, a bordo dell’auto del nostro sindaco Mario Ghidelli, che era alla guida. Il nostro compaesano Marzio Toniolo, fotografo di alto livello, ha invece documentato il nostro speciale 4 maggio. Ecco qualche immagine. 

La consolazione

La consolazione, quella vera, è qualcosa di cui sperimentiamo la necessità allorché ci troviamo in situazioni particolari e talvolta drammatiche, quando il dolore bussa alla nostra porta, anzi entra di prepotenza, senza fare troppi complimenti. Una beatitudine evangelica suona così: “Beati quelli che sono nel pianto perché essi saranno consolati” (Mt 5,4). Gesù, durante il pasto d’addio, assicura: “Io pregherò il Padre, ed egli vi darà un altro Consolatore (lett: Paraclito) perché rimanga con voi per sempre …”.

Gesù ha fatto delle esperienze mentre stava sulla terra. Ha osservato, si è reso conto, ha provato direttamente. Ora, il primo dato ricavato da tale esperienza è questo: l’uomo non può vivere senza un consolatore. Cristo si mostra preoccupato per il futuro dei propri amici. Non vuole che soffrano la solitudine, si sentano abbandonati, si dibattano nello sconforto. Perciò, dopo essere rimasto in mezzo a noi assicurando la sua presenza “di consolazione”, promette che, non appena farà ritorno al Padre, gli presenterà la lista delle cose più urgenti di cui abbiamo bisogno. Sarà una specie di “rapporto” (rapporto sulle nostre povertà), e verrà stilato non sulla base delle nostre richieste (di certe necessità non ci rendiamo neppure conto), ma verrà ricavato dalla sua esperienza personale. “Ho atteso compassione, ma invano, consolatori, ma non ne ho trovati” (Sal 69,21). Con la sua preghiera, Cristo intende risparmiarci questa prova, che ai suoi occhi appare disumana. Non può, ovviamente, dispensarci dalla sofferenza, dalla croce. Ma chiede al Padre che l’esperienza amara del dolore sia sempre accompagnata dall’esperienza della consolazione. Comunque, secondo Gesù, risulta impossibile vivere sulla terra senza una presenza consolatrice. Morire nella fede è facile e difficile al tempo stesso. Ma morire nell’abbandono è atroce. Consolazione, dunque, come espressione di speranza, come antidoto contro la disperazione, lo sconforto, lo smarrimento.

Stabiliamo un principio basilare: è in grado di consolare gli altri solo chi, essendo stato provato, ha avvertito il bisogno della consolazione e l’ha avuta. Paolo riferisce la propria esperienza personale in proposito: “Sia benedetto … Dio di ogni consolazione! Egli ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione con la consolazione con cui noi stessi siamo stati consolati da Dio” (2Cor 1,3-4). Da ciò deriva, per noi, una considerazione sul modo di recare conforto, sullo stile della consolazione, che non è semplicemente questione di parole. Spesso le parole di consolazione appaiono banali, scontate, perfino fastidiose, come quelle degli amici di Giobbe: “Ne ho udite già molte di simile cose! Siete tutti consolatori molesti. Non avran termine le parole campate in aria? … Anch’io sarei capace di parlare come voi, se voi foste al mio posto: vi affogherei con parole” (Gb 16,2-4).

La consolazione è, essenzialmente, una presenza partecipe, discreta, rispettosa. Fatta di silenzio, più che di parole. E se proprio parole ci devono essere, bisogna che queste rivelino, oltre che il coinvolgimento diretto della persona, anche la sua esperienza diretta del dolore, della prova e relativo strazio, turbamento. La consolazione è una presenza che rompe il nostro isolamento, va ad abitare nella solitudine dei fratelli per trasformarla in un luogo di comunione, fa emergere dal vuoto la forza di Dio. Le prove, le sofferenze, gli incidenti di percorso indeboliscono, fiaccano la resistenza, paralizzano, bloccano. Consolare è qualcosa più che lenire un dolore. In linguaggio biblico, consolare significa riabilitare, ricostruire, raddrizzare nella fede, rimettere in piedi, incoraggiare (ossia, ridare cuore). Il linguaggio dell’amore è un linguaggio che conforta, non che abbatte.

Dove arriva la consolazione, deve tirare aria di vita.

Il martirio: il cristiano uomo di lotta

Il martirio di san Floriano, nostro patrono, nella sua solennità, ci aiuti a renderci conto della nostra posizione cristiana nella storia attuale del mondo. Ci aiuti a cogliere da una parte le tentazioni e la facile rassegnazione in un mondo accettato passivamente e dall’altra l’invito al martirio che interpella tutti noi. Oggi, un cristiano è un uomo di lotta: per slegarsi dalla nostalgia di cose morte e per resistere all’invadenza di forme e di idee pagane  –  e quindi disumane  –  tranquillamente accettate dal mondo. La lotta diventa profezia: profetizzare la verità, la giustizia, la libertà, l’amore, la vita …

Il cristiano, o ha il coraggio di essere contro corrente, per essere coerente, oppure diventa un uomo senza volto, e senza storia, un uomo inutile e dannoso al mondo. La storia recente ci insegna, che là dove il cristiano diventa profeta, anche se è terra di desolazione e di persecuzione, il deserto fiorisce e rinasce la vita. Il cristiano di oggi è chiamato a essere profeta in questo momento di “diaspora”, di dispersione. Queste immense e pesanti responsabilità gravano sul cristiano, che come tale deve essere “voce”  che “grida”, testimone credibile di un modo di vivere tutto diverso da quello più comune perché più rispettoso della dignità e del destino dell’uomo figlio di Dio! È tempo di profezia.

Don Giuseppe

Santa Messa ore 20.30 in streaming presieduta dal nostro Vescovo Mons. Maurizio Malvestiti

Nel giorno della festa, lunedì 4 maggio, sarà possibile seguire in streaming sul sito parrocchiale la messa solenne, che inizierà alle ore 20.30 e sarà presieduta dal nostro Vescovo, Maurizio Malvestiti e concelebrata da don Andrea Sesini. La celebrazione vedrà, in Chiesa, la presenza del Sindaco, Mario Ghidelli. Siamo grati al Vescovo per aver deciso di trascorrere questo momento importante insieme a a noi.

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Videomessaggio di don Giuseppe per la Sagra Patronale

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Una torta solidale

La sagra è un’occasione di festa, anche nel mezzo di una pandemia, e vogliamo che sia una festa per tutti. La parrocchia ha così accettato di buon grado la proposta di un sanfioranese di sfornare torte per le famiglie più bisognose e le persone sole e in difficoltà. Le torte, che sono così strettamente legate alla tradizione della sagra di San Floriano, saranno distribuite per rendere un po’ più ‘dolce’ questa situazione. 


Comunità Sanfioranese – Maggio 2020

E’ arrivato il nuovo numero di Comunità Sanfioranese!
All’interno di questo numero:

  • San Floriano: festa patronale in tempo di virus
  • La Vocazione come risposta all’amore
  • Il mese di maggio in tempo di virus: con Maria nelle case
  • Tutti gli appuntamenti di maggio
  • …e tanto altro ancora!

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