Che strana capacità ha l’uomo di dimenticare le cose più meravigliose, di abituarsi al mistero! Ricordiamo ancora una volta, in questa Quaresima, che il cristiano non può essere superficiale. Pienamente inserito nel suo lavoro ordinario, deve, nello stesso tempo, essere pienamente in Dio, perché ne è figlio.
Non sembra che il gesto di quel giorno corrisponda ad un momento in cui il Messia ha perduto il controllo di se stesso. Anzi, sembra si tratti di un’azione decisa in tutta coscienza, con determinazione, con la consapevolezza del rischio a cui si esponeva. La violenza di Gesù ha una ragione: quello che è in causa è troppo importante per accettare compromessi. È in gioco il buon nome di Dio, la sua identità, la relazione autentica con lui. I traffici che avvengono nel tempio deturpano il luogo designato all’incontro con Dio, fanno credere che anche Dio, in fondo, sia in vendita e che basti qualche ricca offerta per ammansirlo e tirarlo dalla propria parte. Riducono il luogo dell’incontro ad una “bottega” in cui ognuno si serve a piacimento, secondo i suoi gusti, una sorta di supermarket del sacro legato alle bizzarrie, alle nevrosi, alle opinioni di ciascuno.