Natività della Beata Vergine Maria

Come quasi tutte le solennità principali di Maria anche la Natività è di origine orientale. Nella Chiesa latina ve l’avrebbe introdotta il papa orientale san Sergio I alla fine del sec. VII. Originariamente doveva essere la festa della dedicazione dell’attuale basilica di sant’Anna in Gerusalemme. La Tradizione infatti indicava quel luogo come la sede dell’umile dimora di Gioacchino ed Anna, lontani discendenti di Davide, genitori di Maria santissima.
Occorre cercare in questo culto della Natività di Maria una profonda verità: la venuta dell’uomo-Dio sulla terra fu lungamente preparata dal Padre nel corso dei secoli. La personalità divina del Salvatore supera infinitamente tutto ciò che l’umanità poteva generare, però la storia dell’umanità fu come un lento e difficile parto delle condizioni necessarie all’Incarnazione del figlio di Dio.
La devozione cristiana ha voluto perciò venerare le persone e gli avvenimenti che hanno preparato la nascita di Cristo sul piano umano e sul piano della grazia: la sua Madre, la nascita di essa, la sua concezione, i suoi genitori e i suoi antenati. Credere nei preparativi dell’incarnazione significa credere nella realtà dell’incarnazione e riconoscere la necessità della collaborazione dell’uomo all’attuazione della salvezza del mondo. La vera devozione a Maria conduce sempre a Gesù.

Con cuore di Padre

Breve riflessione nell’anno di San Giuseppe

«Alzati, prendi con te il bambino e sua madre» è il comando di Dio a san Giuseppe, che ritma di slancio il suo cammino, nella partenza della Sacra Famiglia per l’Egitto e nel suo ritorno in Israele.
San Giuseppe ci appare padre amato, padre nella tenerezza, nell’obbedienza e nell’accoglienza; padre dal coraggio creativo, lavoratore, padre nell’ombra.
Lo sfondo della pandemia fa sorgere la gratitudine verso tante persone che al pari dello sposo di Maria, apparentemente nascoste, «hanno un protagonismo senza pari nella storia della salvezza». 
Ai cuori appesantiti dalle fragilità delle persone e delle nostre relazioni, che la presente situazione sembra ingigantire, possiamo trovare l’aiuto del Padre della tenerezza. Non un sentimento ma una dimensione sapienziale. «La storia della salvezza si compie “nella speranza contro ogni speranza” (Rm 4,18).
Giuseppe avrà sentito certamente riecheggiare nella sinagoga, durante la preghiera dei Salmi, e come ogni padre avrà tramandato a suo figlio, che il Dio d’Israele è un Dio di tenerezza, che è buono verso tutti e «la sua tenerezza si espande su tutte le creature» (Sal 145,9). La parola tenerezza nell’originale ebraico indica il campo semantico della generazione e rigenerazione materna. Non sentimento di compassione ma capacità di far rinascere. Alla tenerezza fa eco l’accoglienza, come richiede il realismo cristiano. «Tante volte, nella nostra vita accadono avvenimenti di cui non comprendiamo il significato. La nostra prima reazione è spesso di delusione e ribellione. Giuseppe lascia da parte i suoi ragionamenti per fare spazio a ciò che accade e, per quanto possa apparire ai suoi occhi misterioso, egli lo accoglie, se ne assume la responsabilità e si riconcilia con la propria storia». A volte la vita appare chiusa, le strade sbarrate. Ma rimbalza nelle nostre case una parola chiave: perdono. Nelle nostre famiglie «non c’è nulla di più solido, di più profondo, di più sicuro, di più consistente e di più saggio».

Con il Battesimo…

“Con il Battesimo, veniamo immersi in quella sorgente inesauribile di vita che è la morte di Gesù, il più grande atto d’amore di tutta la storia; e grazie a questo amore possiamo vivere una vita nuova, non più in balìa del male, del peccato e della morte, ma nella comunione con Dio e con i fratelli.”

«Nel Battesimo ciascun bambino viene inserito in una compagnia di amici che non lo abbandonerà mai nella vita e nella morte, perché questa compagnia di amici è la famiglia di Dio, che porta in sé la promessa dell’eternità» 

Tu hai parole di vita eterna

Signore da chi andremo?

Nella sinagoga di Cafarnao, in queste domeniche, abbiamo insieme ascoltato e meditato le parole di Gesù, il suo discorso sul pane di vita. La pagina evangelica si è conclusa con una domanda di Gesù ai Dodici e anche a noi: “ Volete andarvene anche voi?”. È un interrogativo simile ad una spada che divide la storia in due campi. È il guado di Cafarnao da varcare. Da un lato c’è chi si “tira indietro” spaventato da un messaggio che supera la carne, cioè le esigenze e gli orizzonti umani. C’è chi tradisce, chi ha paura, chi è attaccato alle sue idee e al suo interesse gretto ed immediato. Ma attraverso le parole di Pietro si fa strada anche l’altro campo, quelli di coloro che professano la loro fede pura nel Cristo. “Signore da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna”. Non dice “dove”, ma “da chi” andremo. Pietro sottolinea quel rapporto di intimità con Gesù.
È l’unicità e la preziosità del rapporto con Gesù.
Queste parole di Pietro, nel dialogo con Cristo alla fine del discorso sul “pane di vita”, ci toccano personalmente. Dio, in Cristo, ha messo le carte in tavola. La domanda scavalca i secoli e giunge fino a noi.
Ci interpella personalmente e sollecita una decisione. Chi lo ascolta deve mettersi in gioco.
Ciascuno oggi si guarda dentro e verifica il suo essere e il suo stare in Cristo e nella Chiesa.
Qual è la nostra risposta? Il nuovo anno pastorale che a breve inizierà ci impone scelte decisive.
La domanda non riguarda il “che cosa” dobbiamo fare; quali attività programmare.
La domanda di fondo è “chi”: verso chi andare, chi seguire, a chi affidare la propria vita.
Nella domanda di Pietro: “Da chi andremo?” c’è già la risposta circa il cammino da percorrere.
È il cammino che porta a Cristo. Nel sacrificio eucaristico noi possiamo entrare in contatto, in modo
misterioso ma reale, con la sua persona. Questa è la stupenda verità: il Verbo che si è fatto carne duemila anni fa, è presente oggi nell’Eucaristia. Mettiamo l’Eucaristia al centro della nostra vita personale, familiare e comunitaria: amiamola, celebriamola (soprattutto la Domenica “giorno del Signore”), adoriamola. Cristo ci ama e ci ama sempre! Ci ama anche quando lo deludiamo, quando non corrispondiamo alle sue attese. Questo amore ispiri tutto l’anno pastorale. Non c’è amore più grande di questo. Non c’è scelta pastorale più valida, più incisiva.
Un nuovo anno inizierà! Quante incertezze, quanti dubbi, quante paure sono nel cuore. Dove andremo? Che cosa faremo? Quali ostacoli e difficoltà si presenteranno? Quali atteggiamenti, comportamenti e reazioni ci saranno? Oggi, il Signore, ha aperto un varco di speranza e di fiducia. Che cosa faremo, lontani da Te? Tu solo, Signore, hai parole di vita eterna. Fin da ora a Te ci aggrappiamo con tutte le nostre forze e con tutto il nostro essere.
Fa, o Signore, che in questo atto e in questa scelta ci siano tutti.

L’Eucaristia e la bellezza di Dio (3)

Ed ora tocca a Te!

Se hai compreso tutto il valore dell’Eucaristia con la mente e con il cuore, lasciandoTi raggiungere dall’Amore del Dio
fedele, che ha “inventato” l’eucaristia per essere sempre con noi, sentirai il bisogno di dirGli grazie nel più profondo del cuore insieme a tutta la tua famiglia, al tuo sposo o sposa, ai tuoi figli, a tutti coloro che credono, amano e sperano come Te, e di farlo vivendo l’eucaristia ogni domenica con fedeltà e impegno nella comunità. Scoprirai anche il gusto di andare ogni tanto a visitare Gesù nell’eucaristia, fermandoTi davanti al tabernacolo per un tempo di adorazione, in cui dirGli parole d’amore e ascoltare Lui che parla al Tuo cuore.
Ti capiterà allora di sperimentare quanto sono belle e preziose quelle parole: “Resta con noi, Signore!
Che alla sera di ogni domenica, dopo aver riconosciuto Gesù nello spezzare il pane e averlo ricevuto in noi, possiamo dirGli, guardando a tutta la settimana che inizia: “Resta con noi, Signore”. E che alla sera della vita possiamo ripeterGli: “Resta con noi, perché il giorno volge al declino”, per entrare con Lui nel giorno senza tramonto dell’eterna bellezza di Dio. Lì celebreremo per sempre l’azione di grazie dell’amore senza fine intorno all’Agnello immolato per noi, ritto in piedi come glorioso vincitore del male e della morte, Cristo Signore. Lì ci aspetta con la Trinità divina Maria santissima, che ci richiama e ci ricorda con ammonizione calda e materna di santificare il giorno di festa. Lei ci aiuta con la Sua intercessione e ci aiutano i Santi e tutti coloro che abbiamo amato e che hanno già raggiunto la patria dell’amore: alla loro preghiera ci affidiamo, sul loro aiuto confidiamo, nella santa Messa li sappiamo presenti e vicini.
Di domenica in domenica rinnoveremo così insieme la nostra gioia e anticiperemo nel nostro presente qualcosa del giorno ottavo e splendido, giorno radioso e fulgido della Domenica senza tramonto, dove risplende senza fine la Bellezza di Dio. Con questo augurio, con questa speranza mi auguro di vedere la nostra chiesa sempre colma di persone, famiglie che si riuniscono insieme a celebrare la pasqua settimanale del Signore.

Con cuore di Padre

Breve riflessione nell’anno di San Giuseppe

La grandezza di san Giuseppe consiste nel fatto che egli fu lo sposo di Maria e il padre di Gesù. In quanto tale, si pose al servizio dell’intero disegno salvifico. Ha fatto della sua vita un servizio al mistero dell’incarnazione e alla missione redentrice. Ha convertito la sua umana vocazione all’amore domestico nell’oblazione di sé, del suo cuore e di ogni capacità, nell’amore posto a servizio del Messia germinato nella sua casa. Per questo suo ruolo nella storia della salvezza, san Giuseppe è un padre che è stato sempre amato dal popolo cristiano, come dimostra il fatto che in tutto il mondo gli sono state dedicate numerose chiese; che molti Istituti religiosi, Confraternite e gruppi ecclesiali sono ispirati alla sua spiritualità e ne portano il nome. Santa Teresa d’Avila, che lo adottò come avvocato e intercessore, raccomandandosi molto a lui e ricevendo tutte le grazie che gli chiedeva; incoraggiata dalla propria esperienza, la Santa persuadeva gli altri ad essere devoti.

Le famiglie di San Fiorano pregano per tutte le famiglie di San Fiorano

Con la solennità di san Giuseppe, anche la nostra comunità parrocchiale ha dato l’avvio all’Anno dedicato alla “Famiglia Amoris laetitia”, con un impegno concreto: pregare per tutte le famiglie di san Fiorano.
La nostra parrocchia crede fermamente nella potenza della preghiera comunitaria. Per questo, ogni giorno, pregheremo per tutte le nostre famiglie. Chi lo desidera può assumersi questo “impegno” per una settimana. Come? Prenotando da don Giuseppe l’immagine della Famiglia di Nazareth. Secondo un calendario stabilito verrà consegnata alla famiglia, durante una messa della domenica, l’immagine con il foglietto riportante la preghiera e una candela. Ogni giorno della settimana la famiglia si impegnerà ad accendere la candela per tutto il tempo della preghiera da recitare davanti all’immagine. La domenica successiva riporterà l’immagine che verrà passata ad un’altra famiglia che continuerà la catena di preghiera. Quando non ci sono famiglie disponibili la preghiera verrà garantita dalla comunità parrocchiale prima della recita del Rosario.

16° Giornata per la Custodia del Creato

“L’epoca che stiamo vivendo è piena di contraddizioni e di opportunità”, l’esordio del messaggio.
“Il cambiamento climatico continua ad avanzare con danni che sono sempre più grandi e insostenibili. Non c’è più tempo per indugiare: ciò che è necessario è una vera transizione ecologica che arrivi a modificare alcuni presupposti di fondo del nostro modello di sviluppo”. “Viviamo un cambiamento d’epoca, se davvero sappiamo leggerne i segni dei tempi”, l’analisi della Cei, che esorta ad “una transizione che trasformi in profondità la nostra forma di vita, per realizzare a molti livelli quella conversione ecologica cui invita il VI capitolo dell’Enciclica Laudato si’ di Papa Francesco”. “Si tratta di riprendere coraggiosamente il cammino, lasciandoci alle spalle una normalità con elementi contraddittori e insostenibili, per ricercare un diverso modo di essere, animato da amore per la terra e per le creature che la abitano”, spiegano i vescovi.

“Nella transizione ecologica, si deve abbandonare un modello di sviluppo consumistico che accresce le ingiustizie e le disuguaglianze, per adottarne uno incentrato sulla fraternità tra i popoli. Il grido della terra e il grido dei poveri ci interpellano, ammoniscono i vescovi, secondo i quali “la ricchezza che ha generato sprechi e scarti non deve far nascere nostalgie”. “Tra mentalità vecchie, che mettono in contrapposizione salute, economia, lavoro, ambiente e cultura, e nuove possibilità di tenere connessi questi valori, come anche l’etica della vita e l’etica sociale, abitiamo la stagione della transizione”, l’invito: “Ci attende una gradualità, che tuttavia necessita di scelte precise”. “La nostra preoccupazione è di avviare processi e non di occupare spazi o di fermarci a rimpiangere un passato pieno di contraddizioni e di ingiustizie”, puntualizza la Chiesa italiana: “Ci impegniamo ad accompagnare e incoraggiare i cambiamenti necessari, a partire dal nostro sguardo contemplativo sulla creazione fino alle nostre scelte quotidiane di vita”. Di qui la necessità di “abbandonare antiche logiche sbagliate”, partendo dalla consapevolezza che “la transizione rimanda a una serie di
passaggi e alla capacità di discernimento per capire quali scelte siano opportune. Ci attende un periodo di importanti decisioni. C’è sempre il pericolo di rimpiangere il passato”.

Mercoledì 1 settembre
alle ore 21.00 presso la Grotta di Lourdes
Veglia di preghiera per la Cura del Creato