Attendiamo il Signore (1)

L’attesa, che caratterizza l’Avvento, mi suggerisce che ci deve essere ancora qualcos’altro oltre ai problemi che dobbiamo affrontare quotidianamente e che a volte sembrano prevalere fino a soffocarci. Le letture del tempo di Avvento ci propongono testi forti e pagine degli antichi profeti, che vogliono aprire il nostro cuore alla speranza. “Se tu squarciarsi i cieli e scendessi“(Is 63,19). È una delle invocazioni più belle e significative in cui trova espressione questo desiderio profondo che è nel nostro cuore: possa Dio spalancare il cielo, che non di rado è coperto sopra di noi e ci appare chiuso, perché la nostra vita diventi più luminosa e più gioiosa.
La stupenda liturgia dell’Avvento, con i suoi testi e le sue preghiere, è la risposta al nostro anelito che ci sia una vita a cui Dio dà la sua impronta. Sono soltanto belle promesse che ogni anno ascoltiamo e poi non cambia nulla? Perché il mondo non cambia? Perché sembra che a volte la situazione peggiori sempre più? Sono solo pie consolazioni le nostre di credenti? No, proprio perché facciamo l’esperienza di un mondo in tutta la sua imperfezione, abbiamo il bisogno dello sguardo su un altro mondo, per non disperare.
E già ora il mondo cambia, quando si apre il cielo sopra di noi. Nei giorni bui e oscuri scende una luce e nella nostra paura viene la fiducia. Quando viene Dio, la nostra vita ritrova senso e direzione. Allora non cambia semplicemente il mondo, ma siamo noi stessi che, con la luce che lui ci porta, viviamo in modo diverso. E il mondo non ci appare più ostile e minaccioso.
Con lui, nella nostra umanità, ci sentiamo avvolti dalla sua presenza e vicinanza.
Quando il cielo si apre, si spalanca anche il nostro cuore, perché si apra a Colui che solo può placarlo.