“Martire, donna di coerenza, donna che cerca Dio con onestà, con amore e donna martire del suo popolo ebraico e cristiano”. Papa Francesco aveva definito così Santa Teresa Benedetta della Croce. Una figura che non smette ancora oggi di illuminare la strada soprattutto all’Europa di cui lei è compatrona. Una donna coraggiosa che può dire molto al mondo di oggi. Una figlia amata dalla Chiesa che ha riconosciuto la sua testimonianza di fede, di amore, il suo essere “luce nella notte buia”, come Benedetto XVI definì Edith Stein. Nata nella Slesia tedesca nel 1881 da una famiglia ebrea, divenne filosofa e poi si convertì al cattolicesimo, senza mai rinnegare le sue origini ebraiche, perché folgorata dalla vita di Santa Teresa d’Avila.
Edith Stein, unita a Cristo fino al dono della vita
Diventa suora carmelitana con il nome di Teresa Benedetta della Croce e negli anni della persecuzione nazista viene trasferita in Olanda. Ma proprio qui, nel carmelo di Echt, mette per iscritto il desiderio di offrirsi “in sacrificio di espiazione per la vera pace e la sconfitta del regno dell’anticristo”.
Due anni dopo l’invasione nazista dei Paesi Bassi avvenuta nel 1940, viene prelevata insieme ad altri 244 ebrei cattolici, come atto di rappresaglia contro l’episcopato olandese che si era opposto pubblicamente alle persecuzioni e portata ad Auschwitz. Nel campo di sterminio troverà la morte insieme alla sorella Rosa, anche lei convertitasi al cattolicesimo.
San Giovanni Paolo II la canonizzò l’11 ottobre 1998 mettendone in luce “il cammino alla scuola della Croce” mostrando come l’amore renda fecondo anche il dolore. L’anno successivo la eleva a compatrona d’Europa insieme a Santa Caterina da Siena e Santa Brigida di Svezia.
Cosa può dire oggi la storia e il pensiero di Edith Stein? Quale il suo messaggio?
Io direi che il messaggio è di varia lettura. In primo luogo si tratta di agire nella storia, quindi di poter renderci nel nostro ambito, all’interno della nostra sfera di azione, veri protagonisti di una azione rivolta al bene, non soltanto proprio, naturalmente, ma il bene degli altri.
E qui è importantissimo il concetto di ‘comunità’ che la Stein ci propone, comunità che vuol dire solidarietà e assunzione di responsabilità reciproca. Un messaggio quindi di carattere morale che si basa su una dimensione fondamentalmente religiosa, religiosa ebraico-cristiana.
Papa Francesco ne ha messo in luce le scelte coraggiose, sia nella conversione a Cristo ma anche nel dono della sua vita contro ogni forma di intolleranza e perversione ideologica.
Certamente è una figura completa e complessa. Complessa vuol dire che è difficile cogliere tutte le sfumature della sua personalità. Una persona coraggiosa fino in fondo e questo è dimostrato anche dalla sua partecipazione, nella sua giovinezza, alla Prima Guerra Mondiale come crocerossina e contro il parere della famiglia perché il lavoro era naturalmente molto rischioso.
Lei si era trovata in un ospedale in cui c’erano anche i malati di tifo quindi in una situazione molto difficile. Ma non solo questo elemento mostra il suo coraggio, anche il modo in cui ha affrontato la sua cosiddetta conversione religiosa rispetto alla famiglia che, naturalmente, non poteva accettare questo passaggio ad una visione diversa da quella dell’ebraismo. E ancora nel momento della persecuzione, effettivamente è un esempio straordinario di centralità su se stessi, di serenità interiore che è data dalla consapevolezza della fede per affrontare qualsiasi situazione negativa.