Passato e presente a scuola

Un luogo comune troppo spesso usato a sproposito afferma che gli allievi di oggi “non sono più quelli di una volta”, che “sono poco motivati e senza iniziativa”. Su una tavoletta d’argilla di 5000 anni fa un maestro della Mesopotamia scrisse in caratteri cuneiformi: ” La gioventù di oggi è pigra, cattiva e senza scrupoli”. Nell’antica Grecia i giovani che erano ammessi alle scuole imparavano a leggere, scrivere, calcolare, cantare, recitare e a fare dello sport. Secondo il parere di una personalità indiscussa a quei tempi, Aristofane, gli allievi d’allora ” sono fiacchi e senza carattere, mancano sovente alle lezioni, la loro
motivazione è debole e la disciplina durante l’insegnamento lascia a desiderare”.
Nel Medioevo le migliori scuole venivano organizzate nei monasteri dove il latino la faceva da padrone. Poi nacquero le scuole “pubbliche” nelle città: si insegnava lo stretto necessario (leggere, scrivere e far di conto) a chi poteva permetterselo. Un monaco domenicano descrisse i propri allievi come “ridicoli, pieni di problemi comportamentali e difficilmente motivabili”.
Ai giorni nostri la scuola è diventata un’istituzione incaricata dallo Stato di trasmettere alle giovani generazioni una cultura molto complessa. Essa è inoltre il luogo deputato per la maturazione delle future prospettive sociali dei giovani. Il lavoro pedagogico, a differenza del passato, si è fortemente specializzato.
Gli allievi sono osservati attentamente, il linguaggio è cambiato e le difficoltà che possono incontrare sono definite in modo preciso da specialisti. Bisogna quindi evitare l’abuso di giudizi molto imprecisi sui giovani come purtroppo succede, perché sono definizioni generalizzanti, assai comode, che hanno una lunghissima tradizione e, soprattutto, sono ingiuste verso la stragrande maggioranza dei giovani stessi.