I monti evangelici

1 Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto?

Salmo 121

Il nostro viaggio sulle montagne evangeliche lo faremo in compagnia dell’evangelista Matteo.

Sulle montagne dove Gesù è stato con i suoi discepoli. Anche noi, dietro a Lui, per fare la sua stessa strada nel tempo e nello spazio, nell’oggi della nostra vita. Ma che tipo è questo Matteo evangelista?
È un discepolo di Gesù che scrive il suo vangelo con gli occhi ben fissi ad un problema della sua comunità cristiana di appartenenza. Vive infatti in mezzo ad una comunità di cristiani che vengono tutti dalla fede ebraica. Una comunità che può avere tanti punti di contatto con la nostra personale esperienza. La gran parte della loro vita di fede è tradizionale, risale ai nonni e ai nonni dei nonni.
Sono nati ebrei e sono diventati cristiani. Ora si chiedono: quanto della nostra fede tradizionale è da conservare? Quanto deve essere rinnovato secondo “questa fede nuova” che ci è stata proposta? È un problema molto attuale per noi e per ogni generazione cristiana che voglia riscoprire e rinnovare la fede. La risposta che Matteo propone è semplice e geniale: Gesù! Gesù è sempre vero, moderno ed attuale, sempre indispensabile e fondamentale. Bisogna tornare chiaramente e radicalmente a Lui.
Gesù è la sola via, di ogni tempo e di ogni luogo, per incontrare Dio e per rinnovare la nostra vita. Seguire Lui è stata la risposta dei primi cristiani e può essere anche la nostra. Partiamo dunque, cominciando a guardare il Vangelo in modo nuovo. Immagina che il Vangelo non sia un libro stampato, ma un’ampia carta geografica. Una carta che descrive il nostro mondo in cui tutti ci troviamo. Il mondo che tutti conosciamo, ma che conosciamo sempre parzialmente. C’è sempre una strada, un paese, un monte o una valle che la carta ci indica e che noi non abbiamo ancora esplorato. Spesso la vita ci porta, per pigrizia o per abitudine a seguire sempre gli stessi percorsi per raggiungere un luogo o un altro. Ecco che la carta geografica può proporre un itinerario diverso, può suggerire la possibilità di un nuovo panorama, può stimolarci ad andare al di là dei soliti confini. Questo è il Vangelo: la grande carta geografica del mondo e della vita disegnata dall’alto, da un punto di vista ampio ed universale a cui nulla sfugge, dal punto di vista di Dio.
Ma come si legge una carta?
Una carta si legge cercando di identificare innanzitutto dove ci troviamo, poi vedendo bene dove dobbiamo andare, e quindi seguendo il percorso che ci viene indicato: i monti che dobbiamo scalare e le valli che dobbiamo attraversare.
Chiediamo dunque a Matteo che ci dia la prima fondamentale indicazione: dove sono? Dove mi trovo adesso, nella carta del mondo e della vita?

I monti di Dio: Sion-Moria

1 Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto?

Salmo 121

In questo mese la nostra riflessione sarà a questo secondo  Monte. Cosa scopriamo fermandoci su questo monte?

L’incontro Dio-uomo. Monte di Dio

Dopo il monte della fede e il monte della pace, ecco ora profilarsi in Sion il monte di Dio per eccellenza, il monte dell’incrocio e dell’abbraccio tra Dio e l’uomo. È bellissimo il termine con cui viene definito nella Bibbia il tempio; di per sé è il termine che viene usato quando si parla del santuario mobile nel deserto, lo si chiama in ebraico “la tenda dell’incontro”, naturalmente la tenda dell’incontro degli Ebrei tra di loro: è, infatti, il luogo dell’assemblea dei figli di Israele. Ma è anche il luogo dell’incontro e dell’abbraccio dell’uomo con Dio. Possiamo osservare allora come il santuario di Sion non corrisponda ai templi magici: qui si tratta dell’incrocio, dell’intreccio, dell’abbraccio di due libertà. È significativo il capitolo ottavo del Primo Libro dei Re dove si parla della grande preghiera di dedicazione del santuario di Sion che Salomone pronuncia dopo aver eretto il tempio.

Vi sono due frasi che ora riporteremo e che mostrano veramente come lì si compia l’incontro, il convegno. 

Al versetto 27 si dice: “I cieli e i cieli dei cieli, o Signore, non ti possono contenere, quanto meno questa casa che io ho costruita!”. Dio, che è infinito, non può essere compreso nel perimetro sacro di un tempio, Dio non può essere costretto magicamente a essere lì, ma come si dice al versetto 30: “Ascolta la supplica del tuo (…) popolo, quando pregheranno in questo luogo. Ascoltali dal luogo della tua dimora”. Possiamo qui osservare come Dio giunga dalla sua dimora celeste, che è il simbolo appunto della trascendenza, ad ascoltare il grido che l’uomo eleva verso di lui: ecco allora che il tempio di Sion diventa il luogo del dialogo.

I monti di Dio: Sion-Moria

1 Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto?

Salmo 121

In questo mese la nostra riflessione sarà a questo secondo  Monte. Cosa scopriamo fermandoci su questo monte?

Monte Sion. Monte della Pace

Facciamo riferimento a Isaia (2,1-5). Si tratta di una pagina di grande bellezza letteraria, è il grande Isaia, il Dante della letteratura ebraica. Qui si rappresenta il monte Sion avvolto di luce mentre delle tenebre planetarie, potremmo dire, si stendono su tutto il mondo. All’interno di questa oscurità si muovono processioni di popoli e queste processioni hanno Come punto di riferimento questo monte, che certo non è il più importante della terra. I popoli vengono da regioni diverse, salgono il monte, il monte della parola di Dio, e una volta che sono saliti in Sion ecco che lasciano cadere dalle mani le armi; le spade vengono trasformate in vomeri e le lance in falci e Isaia dice: “Essi non si eserciteranno più nell’arte della guerra”. Sion diventa il luogo nel quale tutti i popoli della terra convergono e là fanno cadere l’odio e costruiscono invece la pace; cancellano la guerra e costruiscono un mondo di armonia. E qui, per inciso, possiamo osservare come il testo di Isaia sia attuale; sempre nella storia di Israele le pietre di Sion sono striate di sangue, e ancor più, purtroppo, ai nostri giorni. Tutti i popoli hanno dunque, come dice la Bibbia, diritto di cittadinanza in Sion, non solo gli Ebrei; e tutti i popoli, quando trasformano i vomeri in spade, gli strumenti per lavorare la terra in strumenti di guerra, compiono un atto blasfemo nei confronti del sogno di Dio.

I monti di Dio: Sion-Moria

1 Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto?

Salmo 121

In questo mese la nostra riflessione sarà a questo secondo  Monte. Cosa scopriamo fermandoci su questo monte?

L’identificazione tra Sion e monte Moria: monte della Fede (2)

I rabbini identificheranno questo monte con l’altura di Gerusalemme, dove venne costruito il tempio di Salomone come luogo della dimora della Presenza del Dio vivente, luogo ombelico del mondo, dove per secoli furono compiuti sacrifici di comunione e di perdono. Su questo monte il tempio indicava il sito dove il Dio tre volte santo dimorava sulla terra e il Santo dei santi lo testimoniava (cf. 2Cr 3,1). E i padri della chiesa, memori del sacrificio di Gesù Cristo sulla croce, identificheranno il monte Moriah con il luogo del Cranio, la collina calva fuori delle mura di Gerusalemme (Mc 15,22; Gv 19,17): dove fu sacrificato Isacco, che Abramo riebbe vivo come risorto (Eb 11,17-19), anche Gesù fu dato dal padre al mondo da lui amato (Gv 3,16). Riferendosi a tradizioni rabbiniche, i padri diranno che quel monte è anche il luogo della morte e del seppellimento di Adamo, il terrestre. Dove Adamo è morto, anche Cristo è morto, quale nuovo Adamo, ma per risorgere a vita eterna. L’iconografia cristiana testimonia questa tradizione: sotto la croce, in un piccolo antro, vi è un cranio che non è simbolo della morte o allusione al “Memento mori”, ma il cranio di Adamo sul quale è sceso il sangue di Gesù, che ha portato la salvezza. Il monte Moriah, dunque, ha attraversato i secoli, accumulando su di sé interpretazioni, simboli, immagini…

I monti di Dio: Sion-Moria

1 Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto?

Salmo 121

In questo mese la nostra riflessione sarà a questo secondo  Monte. Cosa scopriamo fermandoci su questo monte?

L’identificazione tra Sion e monte Moria: monte della Fede (1)

Il monte Sion è stato identificato da parte della tradizione ebraica e cristiana prima e poi anche da parte di quella musulmana, con un altro monte, che è radicale per tutte e tre le religioni monoteiste, ovvero il monte di Abramo, il monte Moria, monte che non è rintracciabile in nessun atlante.
Che cos’è il monte Moria? È per eccellenza il monte della fede.
Sappiamo che nel racconto del capitolo 22 della Genesi, una pagina tra l’altro di straordinaria fragranza non solo teologica, ma anche narrativa, Abramo si trova di fronte alla prova più ardua della sua fede. Dio infatti lo invita quasi a smentire se stesso: Isacco non era forse il figlio della promessa e quindi il dono di Dio per eccellenza? Come andare contro la promessa stessa di Dio per ordine dello stesso Dio, uccidendo Isacco, cancellando per ciò stesso il senso della promessa? Si tratta qui, dunque, di un’esperienza che è l’esperienza più lacerante possibile, più tenebrosa. In quel momento appare un Dio amato e crudele allo stesso tempo e Abramo deve credere in lui correndo il rischio estremo, il rischio dell’assurdo, perdendo tutte le ragioni del credere, comprese le ragioni stesse della fede, cioè il figlio suo, dono di Dio.
È per questo motivo che l’autore sacro, nel descrivere i tre giorni di viaggio per ascendere le pendici del monte Moria, mette in scena un dialogo tra Abramo e suo figlio continuamente ritmato sulle relazioni di paternità e filiazione: “padre mio”, “figlio mio”, si dicono continuamente tra di loro, aggrappandosi all’unico valore che essi hanno, quello della paternità e della filiazione, cioè a un valore umano, in quanto non c’è più ormai alcun valore evidente di fede che possa aiutare in questo pellegrinaggio verso l’assurdo. E lassù sul monte, alla fine, si consuma il dramma. La madre, quando stacca il figlio da sé, compie un gesto che a lei costa, ma alla fine risulta un gesto d’amore perché in quel momento il figlio diventa finalmente una creatura libera che cammina per il mondo da sola. Il gesto che Dio fa sul monte Moria vuol significare dunque che il credere deve essere frutto totale e assoluto di una decisione libera dell’uomo, non dipendere cioè dall’aver ricevuto dei doni, con la relativa certezza quindi che il credere sia simile a un evento economico, un dare e ricevere. È per questo motivo allora che nel finale si dà del monte Moria un’etimologia che, come spesso succede nelle etimologie bibliche, filologicamente non è probabilmente fondata: secondo tale etimologia il significato del termine sarebbe “là sul monte Dio provvede”; è dunque il monte della provvidenza di Dio, dell’amore di Dio nei confronti della sua creatura.

I monti di Dio: Sinai-Oreb

1 Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto?

Salmo 121

In questo mese la nostra riflessione sarà a questo primo  Monte. Cosa scopriamo fermandoci su questo monte?

Dio ci invita a spogliarci del vecchio uomo

Il monte Oreb ci ricorda com’è importante spogliarci del vecchio uomo: “Infatti il Signore aveva detto a Mosè: “Di’ ai figli d’Israele: “Voi siete un popolo dal collo duro; se io salissi per un momento solo in mezzo a te, ti consumerei! Ora, dunque, togliti i tuoi ornamenti e vedrò come io ti debba trattare”. E i figli d’Israele si spogliarono dei loro ornamenti, dalla partenza dal monte Oreb in poi” (Esodo 33,5-6). Noi credenti dobbiamo spogliarci del vecchio uomo dal monte Oreb in poi, cioè dal giorno in cui abbiamo incontrato il Signore fino al resto dei nostri giorni. Ricordiamo le parole di Gesù: “Disse loro anche una parabola: “Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo a un vestito vecchio; altrimenti strappa il nuovo, e il pezzo tolto dal nuovo non si adatta al vecchio” (Luca 5,36). Il nostro cammino di consacrazione ci porta giorno dopo giorno a lasciare il vecchio ed a indossare il nuovo: “Non mentite gli uni agli altri, perché vi siete spogliati dell’uomo vecchio con le sue opere e vi siete rivestiti del nuovo, che si va rinnovando in conoscenza a immagine di colui che l’ha creato” (Colossesi 3,9-10).

Dopo esserci spogliati, dobbiamo rivestirci di Cristo Gesù: “Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno, senza gozzoviglie e ubriachezze; senza immoralità e dissolutezza; senza contese e gelosie; ma rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non abbiate cura della carne per soddisfarne i desideri” (Romani 13,13-14). Rivestiamoci della completa armatura di Dio: “Rivestitevi della completa armatura di Dio, affinché possiate star saldi contro le insidie del diavolo; il nostro combattimento infatti non è contro sangue e carne ma contro i principati, contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità, che sono nei luoghi celesti”. (Efesini 6,11-12).

Rivestiamoci di umiltà: “Così anche voi, giovani, siate sottomessi agli anziani. E tutti rivestitevi di umiltà gli uni verso gli altri, perché Dio resiste ai superbi ma dà grazia agli umili” (Efesini 5,5). Solo così saremo vincitori e indosseremo le vesti bianche: “Chi vince sarà dunque vestito di vesti bianche, e io non cancellerò il suo nome dal libro della vita, ma confesserò il suo nome davanti al Padre mio e davanti ai suoi angeli” (Apocalisse 3,5).

I monti di Dio: Sinai-Oreb

1 Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto?

Salmo 121

In questo mese la nostra riflessione sarà a questo primo  Monte. Cosa scopriamo fermandoci su questo monte?

Dio ci incoraggia

Grande fu lo scoraggiamento dei due discepoli sulla via Emmaus (Luca 24:13-33). Anche se scoraggiati, Lui si avvicinerà a noi e quando non lo riconosceremo, Egli continuerà a camminare con noi e lo farà per diverso tempo. E se ancora non lo riconosceremo, egli farà come se volesse andare oltre, aspettandosi che ciascuno di noi dica: “Resta con noi”.

Nei momenti di difficoltà, di scoraggiamento, di afflizione, se ci troviamo sul monte Oreb, sentiremo le parole di incoraggiamento del nostro Signore: “Perché io, il Signore, il tuo Dio, fortifico la tua mano destra e ti dico: Non temere, io ti aiuto! Non temere, Giacobbe, vermiciattolo, e Israele, povera larva. Io ti aiuto”, dice il Signore. “Il tuo salvatore è il Santo d’Israele (Isaia 41:13). Anche quando il fuoco della prova vorrà bruciarci, anche quando le acque dei problemi di questa vita vorranno sommergerci e scoraggiarci, il Signore ci aiuterà: “Ma ora così parla il Signore, il tuo Creatore, o Giacobbe, colui che ti ha formato, o Israele! Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome; tu sei mio! Quando dovrai attraversare le acque, io sarò con te; quando attraverserai i fiumi, essi non ti sommergeranno; quando camminerai nel fuoco non sarai bruciato e la fiamma non ti consumerà, perché io sono il Signore, il tuo Dio, il Santo d’Israele, il tuo salvatore… Perché tu sei prezioso ai miei occhi, sei stimato e io ti amo, io do degli uomini al tuo posto, e dei popoli in cambio della tua vita. Non temere, perché io sono con te” (Isaia 43:2).

I monti di Dio: Sinai-Oreb

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Salmo 121

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Dio ci incoraggia

Tante volte nella nostra vita di credenti realizziamo l’esperienza dello scoraggiamento. Nessuno di noi può dire che non ha fatto questa esperienza. Studiando la vita degli uomini di Dio, scopriamo che tutti hanno realizzato lo scoraggiamento. Ma Dio è sempre stato il risolutore delle nostre crisi. Un profondo scoraggiamento colpì la vita di Elia. Chiamato il profeta del fuoco, perché più volte Dio gli aveva risposto mandando il fuoco dal cielo, egli scoprì la realtà dello scoraggiamento che lo portò addirittura a desiderare la morte; ma sul monte Oreb il suo scoraggiamento terminò: “Egli si alzò, mangiò e bevve; e per la forza che quel cibo gli aveva dato, camminò quaranta giorni e quaranta notti fino a Oreb, il monte di Dio. Lassù entrò in una spelonca, e vi passò la notte. E gli fu rivolta la parola del Signore, in questi termini: “Che fai qui, Elia?” Egli rispose: “Io sono stato mosso da una grande gelosia per il Signore, per il Dio degli eserciti, perché i figli d’Israele hanno abbandonato il tuo patto, hanno demolito i tuoi altari, e hanno ucciso con la spada i tuoi profeti; sono rimasto io solo, e cercano di togliermi la vita”. Dio gli disse: “Va’ fuori e fermati sul monte, davanti al Signore”. E il Signore passò. Un vento forte, impetuoso, schiantava i monti e spezzava le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. E, dopo il vento, un terremoto; ma il Signore non era nel terremoto. E, dopo il terremoto, un fuoco; ma il Signore non era nel fuoco. E, dopo il fuoco, un suono dolce e sommesso. Quando Elia lo udì, si coprì la faccia con il mantello, andò fuori, e si fermò all’ingresso della spelonca; e una voce giunse fino a lui, e disse: “Che fai qui, Elia?” Egli rispose: “Io sono stato mosso da una grande gelosia per il Signore, per il Dio degli eserciti, perché i figli d’Israele hanno abbandonato il tuo patto, hanno demolito i tuoi altari, e hanno ucciso con la spada i tuoi profeti; sono rimasto io solo, e cercano di togliermi la vita” (1Re19:8-14).

I monti di Dio: Sinai-Oreb

1 Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto?

Salmo 121

In questo mese la nostra riflessione sarà a questo primo  Monte. Cosa scopriamo fermandoci su questo monte?

Dio provvede

Come credenti “nati di nuovo”, viviamo realizzando ogni giorno in noi il fuoco della presenza di Dio, sperimentando del continuo l’intervento di Dio, il Suo incoraggiamento e il Suo perdono camminando in santità, lasciando ogni giorno il vecchio uomo: “Siccome non vedeste nessuna figura il giorno che il Signore vi parlò in Oreb dal fuoco, badate bene a voi stessi”…

Ricordati del giorno che comparisti davanti al Signore, al tuo Dio, in Oreb, quando il Signore mi disse: “Radunami il popolo e io farò loro udire le mie parole, perché essi imparino a temermi tutto il tempo che vivranno sulla terra e le insegnino ai loro figli” (Deuteronomio 4,10.15)

I monti di Dio: Sinai-Oreb

1 Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto?

Salmo 121

In questo mese la nostra riflessione sarà a questo primo  Monte. Cosa scopriamo fermandoci su questo monte?

Dio provvede

Dio provvede ai nostri bisogni ed alle nostre necessità nella misura in cui noi restiamo in comunione con Lui e viviamo conformemente alla Sua Parola: “Poi tutta la comunità dei figli d’Israele partì dal deserto di Sin, marciando a tappe secondo gli ordini del Signore. Si accampò a Refidim, ma non c’era acqua da bere per il popolo. Allora il popolo protestò contro Mosè e disse: “Dacci dell’acqua da bere”. Mosè rispose loro: “Perché protestate contro di me? Perché tentate il Signore?” Là il popolo patì la sete e mormorò contro Mosè, dicendo: “Perché ci hai fatto uscire dall’Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?” Mosè gridò al Signore, dicendo: “Che cosa devo fare per questo popolo? Ancora un po’, e mi lapideranno”. Allora il Signore disse a Mosè: “Mettiti di fronte al popolo e prendi con te alcuni degli anziani d’Israele; prendi anche in mano il bastone col quale hai percosso il Fiume e va’. Ecco io starò là davanti a te, sulla roccia che è in Oreb; tu colpirai la roccia: ne scaturirà dell’acqua e il popolo berrà”. Mosè fece così in presenza degli anziani d’Israele” (Esodo 17,1-6).

Se saliamo sulla montagna di Dio, scopriremo che Dio provvederà ad ogni nostra necessità. La comunione con Dio, il realizzare la Sua presenza tangibile, ci porterà a non preoccuparci per il domani (Mt 6,25-34).

Come popolo di Dio noi siamo per il Signore la cosa più importante: “Egli lo trovò in una terra deserta, in una solitudine piena d’urli e di desolazione. Egli lo circondò, ne prese cura, lo custodì come la pupilla dei suoi occhi” (Deuteronomio 32,10). Se Dio è nostro Padre e noi siamo figli Suoi, Lui provvederà ad ogni nostra necessità (Lc 11,9-13).