Commemorazione di tutti i defunti (1)

Ci fa bene, almeno una volta all’anno, essere messi di fronte alla nostra radicale povertà, fare i conti con la nostra vita, in cui è presente anche la morte. Non per cadere nella tristezza, nell’angoscia o nella paura, ma per ritrovare il vero senso della saggezza cristiana, che è colma di speranza.
Tutto questo ci induce, alla fin fine, ad un sano realismo: se troviamo il coraggio di guardare in faccia anche al momento oscuro e doloroso della morte, è perché siamo certi che con la morte non è finito tutto. Il nostro destino è la vita eterna. E la vita eterna comincia quaggiù grazie alla vita di Dio che, a partire dal battesimo, scorre già nelle vene della nostra esistenza. Un motivo in più, allora, per vivere bene questa esistenza che sfocia non in un sepolcro, ma nell’eternità.
Un motivo in più per fare di questo corpo, destinato ad essere trasfigurato dalla gloria di Dio, un riflesso continuo del suo amore e della sua tenerezza.

Nella pienezza di Dio

Parlare di vita eterna obbliga a fare i conti con “questa vita” e quindi con il suo senso, la sua direzione, la sua prospettiva; con il valore affidato al corpo, con una nozione specifica di vita morale, con quel passaggio obbligato da questa all’altra vita che è il momento della morte, con la valutazione della sofferenza, del sacrificio, della “perdita” connessa con un “bene” più grande. Se il cristiano di alcuni secoli fa aveva molto chiaro il fine della sua vita («andare in Paradiso») ed era disposto ad affrontare fatiche e disagi anche grandi pur di raggiungerlo, non si può dire altrettanto del cristiano comune di oggi. È prima di tutto una questione di prospettiva, di impostazione della propria esistenza. Sta avvenendo qualcosa di significativo e di preoccupante, anticipato dalla riflessione filosofica e dalle indagini sociologiche. Uomini e donne di oggi, anche credenti, stanno smarrendo il senso del “centro”, dell’“obiettivo”, della “direzione” della propria esistenza. È come se la vita si frantumasse in tanti pezzetti, ciascuno per conto proprio.
Una collana che ha tante perle, ma che ha perso il filo che le tiene unite. Una fede episodica, che attraversa esperienze anche significative, “forti”, ma non trova un legame solido e una direzione chiara.

Pregare per i morti

Certo, nel ricordo di chi vive ci sono anche i morti la cui vita è stata segnata dal male, dai vizi, dalla cattiveria, dall’errore; ma c’è come un’urgenza, un istinto del cuore che chiede di onorare tutti i morti, di pensarli in questo giorno come all’ombra dei beati, sperando che “tutti siano salvati”.
La preghiera per i morti è un atto di autentica intercessione, di amore e carità per chi ha raggiunto la patria celeste; è un atto dovuto a chi muore perché la solidarietà con lui non dev’essere interrotta ma vissuta ancora come “comunione dei santi”, cioè di poveri uomini e donne perdonati da Dio: è il modo per eccellenza per entrare nella preghiera di Gesù Cristo: “Padre, che nessuno si perda… che tutti siano uno!”.

La morte non è più l’ultima realtà

La morte non è più l’ultima realtà per gli uomini, e quanti sono già morti, andando verso Cristo, non sono da lui respinti ma vengono risuscitati per la vita eterna, la vita per sempre con lui, il Risorto-Vivente. Sì, c’è questa parola di Gesù, questa sua promessa nel Vangelo di Giovanni che oggi dobbiamo ripetere nel cuore per vincere ogni tristezza e ogni timore: “Chi viene a me, io non lo respingerò!” (cf. Gv 6,37ss.). Il cristiano è colui che va al Figlio ogni giorno, anche se la sua vita è contraddetta dal peccato e dalle cadute, è colui che si allontana e ritorna, che cade e si rialza, che riprende con fiducia il cammino di sequela. E Gesù non lo respinge, anzi, abbracciandolo nel suo amore gli dona la remissione dei peccati e lo conduce definitivamente alla vita eterna.
La morte è un passaggio, una pasqua, un esodo da questo mondo al Padre: per i credenti essa non è più enigma ma mistero perché inscritta una volta per tutte nella morte di Gesù, il Figlio di Dio che ha saputo fare di essa in modo autentico e totale un atto di offerta al Padre. Il cristiano, che per vocazione con-muore con Cristo (cf. Rm 6,8) ed è con Cristo con-sepolto nella sua morte, proprio quando muore porta a pienezza la sua obbedienza di creatura e in Cristo è trasfigurato, risuscitato dalle energie di vita eterna dello Spirito santo.

Commemorazione di tutti i defunti

Con questa memoria, siamo al cuore dell’autunno: gli alberi si spogliano delle foglie, le nebbie mattutine indugiano a dissolversi, il giorno si accorcia e la luce perde la sua intensità.
Eppure ci sono lembi di terra, i cimiteri, che paiono prati primaverili in fiore. Sì, perché da secoli gli abitanti delle nostre terre, finita la stagione dei frutti, seminato il grano destinato a rinascere in primavera, hanno voluto che in questi primi giorni di novembre si ricordassero i morti.
Sono stati i celti a collocare in questo tempo dell’anno la memoria dei morti, memoria che poi la chiesa ha cristianizzato, rendendola una delle ricorrenze più vissute e partecipate. Nell’accogliere questa memoria, questa risposta umana alla “grande domanda” posta a ogni uomo, la chiesa l’ha proiettata nella luce della fede pasquale che canta la resurrezione di Gesù Cristo da morte, e per questo ha voluto farla precedere dalla festa di tutti i santi, quasi a indicare che i santi trascinano con sé i morti, li prendono per mano per ricordare a noi tutti che non ci si salva da soli. Ed è al tramonto della festa di tutti i santi che i cristiani non solo ricordano i morti, ma si recano al cimitero per visitarli, come a incontrarli e a manifestare l’affetto per loro coprendo di fiori le loro tombe: un affetto che in questa circostanza diventa capace anche di assumere il male che si è potuto leggere nella vita dei propri cari e di avvolgerlo in una grande compassione che abbraccia le proprie e le altrui ombre. Per molti di noi là sotto terra ci sono le nostre radici, il padre, la madre, quanti ci hanno preceduti e ci hanno trasmesso la vita, la fede cristiana e quell’eredità culturale, quel tessuto di valori su cui, pur tra molte contraddizioni, cerchiamo di fondare il nostro vivere quotidiano.

Pregare per i defunti

La preghiera di suffragio per i defunti non è una sorta di lamentela verso Dio affinché accorci l’eventuale pena di chi, attraversata la soglia, non è ancora in grado di accogliere la pienezza. Come se Dio, sommo ragioniere, tenesse una contabilità dei debiti da saldare e noi pagassimo una rata!

Se esistono dei legami fra le anime, la comunione fra i santi, allora possiamo sostenere il cammino dei nostri fratelli anche se sono già avanti, nel loro cammino di purificazione e di redenzione.

La preghiera per i defunti è la manifestazione del nostro affetto, del nostro riconoscimento, della nostra compassione. Tutto possibile nella logica d’amore di Dio, anche aiutare chi ci sta accanto, nella vita e nella morte, e compiere il suo cammino verso la pienezza della luce divina. La preghiera per i defunti, che si manifesta in particolare nella celebrazione dell’Eucaristia di suffragio, ha un grande valore perché coinvolge l’intera comunità eucaristica nell’incoraggiare i nostri fratelli defunti nel loro percorso di liberazione e di purificazione, per raggiungere, infine, la pienezza dell’Amore.

Commemorazione dei defunti

Oggi noi dobbiamo fare i conti con la morte. Non possiamo ignorarla, nasconderla, cancellarla dal nostro orizzonte. E quindi siamo costretti ad ammettere la sua presenza, la sensazione di freddo e di oscurità che provoca in ognuno di noi. Ma anche lo smarrimento e le lacerazioni che produce quando ci strappa persone care, interrompendo il legame di amicizia, di consuetudine e di affetto che ci univa a loro.

La morte – e l’esperienza drammatica da cui siamo reduci ce lo ha mostrato – ci spaventa, ci fa paura. Ci spaventano i diversi modi in cui arriva: repentina e brutale, oppure dopo un percorso estenuante di dolore e di sofferenza, una situazione spesso altalenante tra possibilità di guarigione e ricadute terribili. Eppure, lo scopo di questa celebrazione non è quello di gettarci nel terrore, di convincerci con la paura.

La fede ci conduce ad affrontare la morte per scoprire il senso, la forza della vita. Non per un insopprimibile bisogno di sperare, in qualsiasi cosa e in qualunque modo. La speranza cristiana non è generica: ha un nome e un volto. Il nome di Gesù Cristo. Il suo volto sfigurato dalla morte, sulla croce, e trasfigurato dalla risurrezione. Ebbene, oggi noi riscopriamo che la morte è stata combattuta e vinta una volta per tutte. Che cosa c’è di più evidente di quella grossa pietra rotolata via dal sepolcro, di quel macigno destinato a ostruire per sempre il passaggio alla vita che viene invece tolto per far uscire il Signore risorto? Oggi, davanti alla morte, siamo invitati a scoprire la vita! E mentre viene ridestata la speranza, sorge in noi il sentimento della gratitudine.

Gratitudine per tutti coloro che la morte ci ha strappati, ma solo per un momento, e che ci hanno trasmesso vita attraverso la dolcezza e il soccorso, la solidarietà e l’amicizia, l’affetto e la tenerezza. Gratitudine per colui nel quale li ritroveremo tutti, per entrare insieme in una vita che ha i tratti dell’eternità, la vita della santità. Ecco perché nella solennità dei Santi celebriamo una Messa al cimitero.

Messa di suffragio per il proprio familiare deceduto in tempo di virus

È possibile, per chi lo desidera, far celebrare una santa Messa a suffragio del familiare deceduto nel momento in cui non era concesso celebrare l’Eucaristia, ma solo il Rito di sepoltura al Cimitero. I familiari del defunto possono scegliere, in qualsiasi giorno della settimana (compresa la Domenica), e in un momento differente rispetto alle messe d’orario, il momento della Celebrazione. L’importante è accordarsi con don Giuseppe almeno una settimana prima così sarà possibile avvisare le persone tramite “Bollettino parrocchiale”. La partecipazione alla Messa, tuttavia, dovrà rispettare tutte le norme vigenti.

Commemorazione vittime del coronavirus

Domani, martedì 31 marzo, tutta l’Italia si fermerà a mezzogiorno per un minuto di silenzio in ricordo di tutti coloro che hanno perso la vita a causa del coronavirus. Anche il Comune di San Fiorano e la Parrocchia hanno aderito a questa iniziativa. Alle 12, il sindaco, Mario Ghidelli, e il parroco, don Giuseppe, renderanno omaggio alle vittime al monumento dei caduti in piazza Roma. Al termine del momento di raccoglimento don Giuseppe reciterà la preghiera di affidamento e impartirà la benedizione a tutti i defunti e al paese. Tutta la cittadinanza è invitata a partecipare dalle proprie case. Qui sotto trovate la preghiera che sarà pronunciata da don Giuseppe.