Il Natale torna in mezzo a noi, e torna come un giorno amico degli uomini. Ed è bene che torni perché abbiamo bisogno di giorni che siano amici degli uomini, amici della vita. Sì abbiamo bisogno di giorni più sereni, che siano di vera rinascita della vita. Abbiamo bisogno del giorno del Natale perché il buio dei nostri giorni sia illuminato da quella luce che rischiarò la notte dei pastori. Non sempre i giorni passati ci sono stati amici. Penso a tutto ciò che abbiamo attraversato e ancora oggi con questa Pandemia. Alle persone che ci hanno lasciato, ai loro familiari colpiti dal lutto e che ancora piangono nel dolore del distacco, alle persone che hanno avuto bisogno di cure per la loro “positività” e per tutti coloro che sono segnati dal timore, dalla preoccupazione dell’ora presente e dalle minacce possibili, per la salute, per gli affetti e per il lavoro. Ricordiamole e ricordiamoci tutti insieme nelle Messe di Natale. Sono giorni ancora difficili.
In questo Natale vogliamo rivolgere a Dio una particolare preghiera perché possiamo superare questo momento e guardare con maggiore serenità il futuro. Abbiamo bisogno che il Natale torni. Viene l’angelo e ancora una volta ci ha annunciato che Dio ha mandato il suo Figlio sulla terra. Sì, il Signore, che veglia su di noi, si è commosso nel vedere la debolezza nella quale viviamo e non ha esitato a chiedere al suo Figlio di lasciare il Paradiso per venire sulla terra. È questo il senso profondo del Natale: Dio che si commuove di amore per noi al punto di preferire una stalla al Paradiso. Fermiamoci un momento a considerare questo evento. Aveva ragione l’antico canto dell’Adeste fideles, ossia “Fermatevi genti”, guardate questo mistero. Dio che per amore dell’uomo, pur di starci vicino, lascia il cielo e viene in una stalla. Quello che è ancor più straordinario, quel che è davvero misterioso, è la grandezza di questo amore. Dio si è fatto mendicante di amore per toccarci il cuore. E sa bene che se non lo accogliamo i nostri giorni saranno amari e tristi. Perché c’è una solitudine amara in tanti cuori? Perché abbiamo chiuso la porta del cuore all’amore che è venuto a cercarci. E se nei cuori non c’è l’amore, c’è la violenza e la cattiveria. Ma ecco Natale. E noi, di fronte all’annuncio che ci viene fatto di un Dio che si fa bambino, ci diciamo l’un l’altro: “Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”. Sì, andiamo sino a Betlemme! Andiamo fino a Betlemme e abbiamo fatto nelle nostre case il presepe. Andiamo fino a Betlemme e veniamo ogni domenica alla messa, perché ogni domenica è Natale, ogni altare è la mangiatoia. Non dimentichiamolo.
Infatti, sull’altare, vediamo la stessa cosa che videro i pastori: essi videro un bambino avvolto in fasce, noi vediamo quello stesso bambino avvolto nel pane e nel vino. E come i pastori anche noi ci inchiniamo e veneriamo il nostro Salvatore. E i nostri giorni saranno benedetti. E sentiremo anche noi la gioia che provarono loro. C’è una gioia del Natale. Cos’è questa gioia? È il sentimento profondo che non siamo più abbandonati, che c’è qualcuno, il Signore, che ci ama a tal punto da lasciare il cielo e venirci accanto. È la libertà di non essere più schiavi di noi stessi, di non pensare che se sbagliamo è finita. L’amore di Dio è molto più grande del nostro peccato, molto più forte delle nostre debolezze. Sì, la gioia del Natale è sapere di essere amati, e per sempre. Lo compresero bene quei pastori. Per questo se ne partirono da quella stalla pieni di gioia. Sapevano di aver trovato in quel Bambino l’amore, l’amore di un Dio che non ha esitato a scendere tra gli uomini e che per facilitare l’incontro non ha scelto di essere un uomo potente ma un bambino. Chi ha paura di un bambino? Ecco Dio si è fatto piccolo perché noi divenissimo grandi nell’amore. “Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”
Amiamoci gli uni gli altri: il Natale è tutto qui, accogliere nel cuore l’amore di Dio e cercare di viverlo ogni giorno.