La Via dell’Accoglienza

Oggi si parla molto di non‐ luogo e di luogo. In effetti sta mutando un po’ tutto. Muta il concetto di “uomo”. Muta la definizione del “territorio” come “luogo” geografico. Mutano gli spazi di incontro. Ci si disperde ogni giorno in quelli che vengono definiti “non‐luoghi”: spazi che vorrebbero rispondere ai diversi bisogni e si risolvono invece ad essere luoghi privi di identità, di relazioni, di storia; luoghi dove si transita, ma non ci si vive, luoghi di massificazione e regno dell’anonimato e dell’indifferenza dove le individualità, se si incrociano, non entrano mai in relazione. E sono i mega centri commerciali, i sistemi viari (rete autostradale, aeroporti, stazioni di servizio, metropolitane), il sistema dominante il tempo libero (villaggi turistici, parchi di divertimento, mega sale gioco, le spiagge a dieci file di utenti), e non ultimi gli agglomerati urbani periferici.   Sono “spazi in cui colui che l’attraversa non può leggere nulla né della sua identità, né dei suoi rapporti con gli altri. Il luogo, invece, sviluppa due nuovi concetti – il territorio come dimora, casa comune, spazio sociale – la ricettività come ospitalità: es. borghi ospitali, comunità ospitali. Ecco allora l’importanza dell’accogliere. Il ministero dell’accoglienza ha un suo tratto distintivo. E sono tanti gli elementi che definiscono il territorio come dimora, casa, abitazione per il viandante, il turista, il pellegrino di questi nostri giorni: elementi strutturali (strutture recettive, sportive, ricreative, culturali, trasporti); elementi ambientali (pulizia, cura del verde, manutenzione degli spazi  pubblici, contenimento dei rumori, controllo dell’inquinamento…); elementi di servizio (informazione, servizi complementari per sorprendere gli ospiti); elementi culturali (favorire l’incontro, l’integrazione, le relazioni); elementi emozionali (simpatia, cordialità, attenzione). Un circuito virtuoso delle relazioni ospitali.