San Giovanni Bosco

Il 31 gennaio si celebra la festa di San Giovanni Bosco e, in vista di tale ricorrenza, vogliamo riflettere sull’importanza di educare le nuove generazioni. Da anni si parla di “emergenza educativa” e lo si fa in vari ambiti e con sottolineature a volte anche molto diverse. In questa direzione condividiamo tre semplici spunti di riflessione:

EDUCARE È TIRAR FUORI. L’educazione rischia a volte di essere caratterizzata da un insegnare, un trasmettere delle nozioni. Si ritiene, in quanto adulti, di avere capito tutto della vita e si vuole istruire secondo quanto si ha in mente. L’etimologia della parola “educare” ci presenta un’altra prospettiva.
Il termine “educare” deriva dal latino “educere” e vuol dire: “Trar fuor, allevare”. L’educazione, quindi, è un’operazione che parte da colui che viene educato e consta nell’aiutarlo a conoscere sé stesso e tirar fuori ciò che è. Valorizzare le qualità di ciascuno in base a quanto il Signore gli ha donato. Un errore da evitare è quindi quello di proiettare sull’altro le proprie idee o i propri desideri. È inoltre importante non idealizzare dei modelli precostituiti (influencer) e prenderli come unico ideale di vita irraggiungibile e nocivo.
EDUCARE È UN GIUSTO EQUILIBRIO TRA UGUAGLIANZA E DIVERSITÀ. Nell’ottica di una piena uguaglianza di diritti tra tutte le persone per cui non ci sono persone di serie A e persone di serie B, né per quanto riguarda la differenza di sesso, di razza, di religione; è altresì importante riconoscere le varie differenze e valorizzarle. Solo valorizzando le differenze come ricchezza si può costruire una società più giusta e rispettosa. Dare importanza alle diversità vuol dire avere a cuore la singola persona. Non una tra le tante ma un “prodigio” come Dio ama chiamarci.
Fondamentale in questa ottica è l’educazione personalizzata e i cammini differenziati.
L’EDUCAZIONE SI ATTUA ATTRAVERSO IL RISPETTO DEI RUOLI E DELLE REGOLE. Nel rapporto educativo c’è chi educa e chi è educato. I ruoli sono fondamentali! Il genitore deve fare il genitore e il figlio, il figlio. Perché questo si realizzi e la relazione educativa possa portare frutto, è necessario stabilire delle regole e farle rispettare. È essenziale ribadire l’importanza dei ruoli: chi educa e chi deve essere educato! Questo pone un altro aspetto fondamentale, non così scontato: il cammino di crescita richiede un susseguirsi di passi e di passaggi progressivi: dall’infanzia; all’adolescenza, alla giovinezza, all’età adulta e all’anzianità. Perché il bambino e l’adolescente possa crescere occorre che chi educa sia un adulto che non “scimmiotta” il ragazzino o il giovane.
Egli deve assumersi le proprie responsabilità legate alla propria età e al ruolo che ricopre.
Nella società in cui viviamo, assistiamo a questo fenomeno deleterio in cui l’adulto vuole rimanere sempre giovane ed essere considerato tale, con la conseguenza che il giovane si ritrova senza spazio e opportunità.
Siamo ormai caduti nella dittatura del “bambino”.

Vendita di fiori

Sabato 28 e domenica 29 ottobre, nell’imminenza della Solennità di Tutti i Santi e della Commemorazione di tutti i defunti, l’oratorio organizza, prima e dopo le sante messe festive, una bancarella di fiori, nella Chiesina, a fianco della Chiesa Parrocchiale.
Il ricavato sarà per l’oratorio stesso.

Grazie mille agli organizzatori e agli acquirenti.

Parte il campo-scuola dell’unità pastorale

L’estate è il tempo in cui la comunità cristiana esprime il suo impegno educativo nel realizzare con i ragazzi esperienze indimenticabili: i campiscuola ne sono un esempio. Un camposcuola è senza dubbio una stupenda occasione di crescita per i ragazzi delle elementari, medie e superiori. Ma cosa è un campo-scuola? Il camposcuola è una esperienza di vita. Cioè, un insieme di giorni «di vita vera» durante i quali i ragazzi vivono fatti normali: giocano, stanno insieme, scherzano, lavorano, pregano, fanno passeggiate, ma con un qualcosa che rende queste attenzioni nuove, emblematiche, maestre. Sono esperienze, cioè un vissuto che lascia tracce profonde e significative nella vita dei ragazzi. Il camposcuola «esperienza di vita» è quello che non confeziona per i ragazzi una meravigliosa, artefatta, esperienza, ma rende meravigliosa la vita quotidiana degli stessi. Questo tipo di camposcuola è quello per cui vale la pena di sprecare tempo, denaro ed energie. Un grazie tutto speciale e affettuoso agli organizzatori e animatori di questa esperienza estiva. Grazie per la loro dedizione, grazie per la loro presenza e disponibilità, grazie per la loro testimonianza. A loro le famiglie e le comunità cristiane danno grande fiducia, stima e riconoscenza.
Stiamo vicino e seguiamo tutti i partecipanti a questa settimana con la
nostra preghiera.

Ringraziare

È terminato il Grest 2023. Nel corso di queste tre settimane, immagino che ogni ragazzo, adolescente abbia ricevuto tanti doni, scoperto tante cose, conosciuto nuovi amici e tante persone. Una parola diventa la sintesi delle giornate trascorse insieme: Grazie
Grazie ad ogni volto, ad ogni persona che ha donato il suo tempo, le sue energie, le sue passioni. Grazie per ogni persona e per quella cura che ha saputo donare secondo le proprie capacità e inclinazioni.
Grazie per dire che porteremo nella nostra vita quel poco o tanto di bene che abbiamo elargito e ricevuto.
Grazie per dire che le fragilità, le nostre piccolezze, i nostri egoismi e i nostri errori fanno parte di un passato e non vogliono essere il ricordo di questa esperienza.
Grazie per dire che tutto il positivo sarà bagaglio prezioso per la nostra continua crescita verso la pienezza della vita.
Grazie o Signore per questo opportunità che ci hai dato.

«TuXTutti», fin da bambini!

Il prendersi cura è una caratteristica propria dell’essere umano che occorre coltivare fin da bambino per poter contribuire a rendere migliore il mondo, per realizzare la propria vocazione, qualsiasi essa sia, perché sempre, in ogni situazione di vita, siamo chiamati a prenderci cura di qualcuno e di qualcosa, ad aprirci agli altri, a non escludere nessuno dal nostro sguardo, a non precludere nessuna possibilità di bene nei confronti di chiunque, soprattutto quando ci sono situazioni di disagio come lo sfruttamento, la povertà, la diseguaglianza, la fragilità, la disabilità, ecc. 
Ogni persona, ogni «Tu» che sia anche un discepolo del Signore, non può trascurare queste situazioni, ma è chiamato con tutti gli altri a fare la sua parte, prendendosene cura (trascurare è il contrario di prendersi cura).
Una persona aperta e attenta, carica di passione e piena di amore per il prossimo, non può che accogliere con gioia l’invito a essere «TuXTutti», fin da bambino!

Tu x Tutti

Dieci volte al giorno ci salutiamo e ci chiediamo: come stai? Poche, però, sono quelle occasioni in cui questa domanda dà spazio a una vera condivisione. Ci siamo abituati a dire che stiamo bene e siamo in salute quando tutto, dentro di noi, tace: quando i nostri organi stanno in silenzio, lo stomaco non è inacidito, il polmone non è intasato, la testa non rimbomba o il piede non è gonfio. Eppure, «il silenzio della vita degli organi» è uno standard di salute troppo modesto! È un ottimo risultato per il medico, che si può ritenere soddisfatto quando i sintomi dello star-male sono scomparsi, ma stare bene è un’altra cosa: è passeggiare, abbracciarsi, piangere o gridare, è sentirsi pieni di energia o semplicemente diventare un tutt’uno con la natura. Prendersi cura della propria salute e della propria vita significa, infatti, investire sul positivo dell’esistenza, perché il nostro esserci nel mondo divenga un’esperienza carica di senso e densa di energia. Non basta, però, che la cura sia un atto limitato alla scelta del singolo: sono troppe le povertà esistenziali nel nostro territorio, troppe le fatiche a prendersi cura di sé e non sempre i nostri piccoli possono permettersi di avere attorno a sé un contesto sufficientemente sereno e funzionale alla crescita. Per questo, è necessario che la comunità si impegni a costruire una dimensione forica (nel senso del foro romano, di un luogo che raccoglie e ospita la vita e i commerci) nello spazio collettivo. L’espressione è molto utilizzata dalla sociologia e dalla psicoanalisi francesi e indica il gesto di caricare di valore simbolico ed esistenziale le cose materiali che ci circondano: perché la piazza non sia solo un pavimento in porfido o l’ufficio anagrafe uno sportello anonimo. In altre parole, la collettività è chiamata a creare le condizioni di giustizia affinché le persone che vi abitano possano prendersi cura di sé.
Se le persone imparano a prendersi cura di sé, infatti, è la società che si arricchisce, ed è per questo che la misura dello stato di salute di una collettività non si basa solo sul potenziamento del tenore economico, ma anche sul rafforzamento della capabilità di ogni individuo. Anche questo termine è tecnico, inventato dal premio Nobel per l’economia A. Sen, e indica la capacità di convertire le risorse personali di ogni individuo in libertà reali e positive, perché non basta che un bambino sopravviva alla crescita e si accontenti del contratto a tempo indeterminato! Occorre piuttosto che la società gli permetta di far uscire tutte le risorse di cui è portatore, perché possa realizzare la vita che più gli corrisponde. Questa è giustizia. Apprestarsi a vivere un’estate all’insegna del servizio è un proposito che mette subito la comunità cristiana in sintonia con queste riflessioni e con un bisogno sempre più diffuso sul nostro territorio, anche se non sempre il più ascoltato. La tecnocrazia che regola i nostri rapporti sociali non è interessata a far germogliare la vita buona o la cura di sé, perché si struttura a partire da altri valori, come la performance o l’utilità economica. Scommettere sulle risorse individuali e personalizzare lo stile educativo perché germogli nella vita di un ragazzo la sua più autentica vocazione è un’opera che si oppone alla standardizzazione dei bisogni a cui la logica tecnocratica è interessata. Per questa ragione, investire su un mese all’insegna della cura e del farsi carico della vita di altri è decisamente un atto rivoluzionario, capace di mettersi a servizio dei bisogni del mondo, ma anche di qualificare il discepolato cristiano. Investire sulla cura e sul servizio è anche un proposito in controtendenza, ed è importante esserne consapevoli: un tempo diventare adulti significava assumere una responsabilità nel mondo, all’interno della comunità; oggi non è più così. Non ci sono più riti di iniziazione che vanno in questa direzione e spesso l’età adulta corrisponde solamente con la possibilità di accedere a tutti e soli i diritti che spettano al cittadino. La società occidentale è a forma di single, perché l’individuo è il target della mens legislativa (manca per esempio un corpus di leggi adeguato per la famiglia, perché la famiglia non riveste più una dimensione pubblica/istituzionale). La questione è molto seria, perché cade su un punto cruciale del modo di intendere la vita: qual è il rapporto tra individuo e società? Si può pensare che un individuo acceda alla pienezza di vita senza che questo coinvolga il destino della sua comunità? In un’epoca in cui l’individuo basta a se stesso, la solidarietà e il servizio potrebbero facilmente trasformarsi in dis-valori, o comunque in hobbies facoltativi e non determinanti per la vita di un adulto. Come si può tornare a dire il valore prezioso e inestimabile di una vita spesa nel servizio? Come si può tornare a mostrare che un’educazione che non insegna il servizio è fallimentare? Su questo aspetto la comunità cristiana è chiamata a ribadire, anche attraverso la propria opera, che il compimento dell’esistenza non può darsi al di fuori dello sforzo di costruzione di una società giusta. Non si arriva al traguardo da soli!

XTutti e XTutto

L’amore che ci metti nel prenderti cura varrà anche per le altre cose, per tutte le cose della vita, per il creato e quindi per l’ambiente, per la casa comune in cui tutti abitiamo e quindi per il nostro paese. Sei chiamato a prenderti cura tantissimo del tuo tempo e a cercare passioni che ti rendano sempre più unico, sempre più «Tu», capace di fare del tuo talento, coltivato con cura, un dono «X Tutti». Anche l’arte è quella dimensione della vita che va coltivata per rendere più bella la vita stessa.

Prendersi cura è qualcosa che ha a che fare con l’amore. 

È la risposta alla domanda sul come sul chi amare. Potremmo osare dire che ha a che fare con il senso stesso della vita («Fa’ questo e vivrai»), insieme all’amore per Dio, che è comunque risposta al suo prendersi cura di noi.
Quando al Signore Gesù, provocatoriamente, viene fatta la domanda:  «e chi è mio prossimo?», immediatamente Lui racconta la parabola del Buon Samaritano.
Potremo dire allora a bambini e ragazzi: «Vuoi sapere anche tu chi è tuo prossimo? 
Se deciderai di imitare il Buon Samaritano in ogni incontro che farai oppure se ti accorgerai che, quando hai bisogno, accanto a te ci sono persone pronte a volerti bene, allora saprai chi è il prossimo: sei tu e lo sono tutti gli altri, quando uno si spende per l’altro, quando una persona sa mettere in pratica il comandamento: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”, senza distinzioni e senza mezze misure».

E chi è il mio prossimo?

attenzioni – è da scegliere ogni giorno ed è a questo che il progetto Grest 2023 desidera allenare. Tutti gli ambiti e i contesti di vita sono coinvolti: non importa che siano legati alla sfera privata oppure pubblica, a quella personale o istituzionale. E in ogni singolo atto, è sempre chiamato in causa il “tutto” di noi stessi: occhi, braccia, mani, gambe e cuore.
Ecco perché le relazioni e le esperienze diventeranno il terreno più fertile nel quale poterci sperimentare. Accompagniamo bambini, preadolescenti e adolescenti a comprendere che diventare grandi comporta diventare prossimi, prendere posizione e assumersi la responsabilità di un pezzo di mondo.
Accettando che in questa scelta ne va di sé, del proprio modo di pensare, della propria libertà, della propria vita!
Detto in altre parole: avventuriamoci nella sperimentazione dell’“I CARE” che don Lorenzo Milani insegnava ai ragazzi di Barbiana, con coraggio e fiducia: se tutto riguarda tutti e ciascuno, allora potremo costruire un mondo più umano ed esperienze di comunità nelle quali ci si prende cura, gratuitamente, gli uni degli altri.
E allora, che questa estate ci alleni ad essere TuxTutti e ad interrogarci costantemente su chi sia nostro prossimo!!

Nel Grest 2023 accompagneremo bambini e ragazzi a prendersi cura gli uni degli altri, da protagonisti, con un “Tu” che si mette in gioco, avendo come modello il Signore Gesù. Lui è il Buon Samaritano che si abbassa a fasciare le nostre ferite, si fa carico delle nostre sofferenze e dimostra il suo grande amore con sovrabbondanza.
Ecco l’esempio che risponde alla domanda: “e chi è mio prossimo?”.
Di fronte a un modello così – al modello del dono per eccellenza – ciascuno si scoprirà di poter essere importante X l’altro, senza distinzioni… perché “mio prossimo” è chiunque incontro nel mio cammino, lo sono “Tutti”! TuXTutti! è quell’invito a farsi dono per gli altri secondo il comandamento dell’amore, giocato ed esercitato nelle calde giornate dell’Oratorio estivo, ma ancora di più nella cura che ciascuno imparerà a dare agli altri, nei gesti quotidiani della sua vita.

Regole Grest

Un promemoria con alcune attenzioni fondamentali per vivere bene nella complessa macchina del Grest!
La vera motivazione: Il Grest è una vera opportunità per vivere bene l’Estate: la fraternità e le relazioni, la fede e la spiritualità, il gioco e il divertimento.
Rispetto delle persone, dei materiali e degli ambienti.
L’idea della cura passa anche dal rispetto generale che abbiamo nei confronti delle persone, dei materiali e degli ambienti. In particolare, è richiesto:

  • Comportamento adeguato al contesto;
  • Linguaggio adeguato al contesto;
  • Abbigliamento consono;
  • Buon esempio verso tutti;
  • Capacità di osservare e ascoltare gli altri;
  • Utilizzo limitato della tecnologia (lo smartphone non è necessario);
  • Riordino e cura dei materiali;
  • Riordino e pulizia degli ambienti

Rispetto degli orari: Dal lunedì al venerdì, dalle ore 9.00 alle ore 17.00. È essenziale la puntualità anche nel rispetto dei diversi momenti di attività.
Attenzione ai tempi dedicati all’informalità
È il tempo giusto per guardare più in là. Cerchiamo di cogliere i bisogni degli altri.