Indulgenza della Porziuncola: “Perdono di Assisi”

La misericordia di Dio è uno dei doni più preziosi di cui può beneficiare l’umanità che vive continuamente l’esperienza del limite, della fragilità, insieme a quella della grazia e della libertà. La festa del “Perdono di Assisi” o “Indulgenza della Porziuncola” è la celebrazione di questo amore infinito del Padre che si fa incontro all’uomo peccatore pentito e redento da Cristo, per infondere in lui la grazia. Con il sacramento della riconciliazione i peccati sono perdonati, ma la colpa e quindi la pena permangono; per questo la Chiesa, istituita da Cristo quale strumento di salvezza per ogni uomo, in virtù del potere di legare e sciogliere accordatole dal Signore, dona ai suoi figli la possibilità di ricevere in occasioni particolari l’indulgenza plenaria cioè la completa remissione delle pene temporali. E’ così che la veste bianca, ricevuta come simbolo nel giorno del Battesimo, ritorna bianca come la neve e il cristiano può camminare con cuore sincero e libero verso la vita eterna. Poiché i nostri cari defunti sono membri della comunione dei santi, possiamo aiutarli nella purificazione ottenendo per loro l’indulgenza.

Saremo giudicati su ogni parola infondata

Usare le parole con la Parola

Le parole sono importanti. Gesù dice che saremo giudicati su ogni parola infondata. Forse noi cristiani dovremmo ascoltare di più quanto ci dice la Parola di Dio sulle nostre parole Certo, se noi cristiani osservassimo di più la Parola di Dio, cambierebbe e di molto il tono dei nostri dibattiti. Per esempio, come sarebbero i nostri commenti e le nostre riflessioni se mettessimo in pratica queste parole di San Paolo?
“Nessuna parola cattiva esca più dalla vostra bocca; ma piuttosto parole buone che possano servire per la necessaria edificazione, giovando a quelli che ascoltano (…) Scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, ira, clamore e maldicenza con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo” (Lettera agli Efesini 4, 29-32).

Le parole sono importanti: rivelano il cuore, dice Gesù. Saremo giudicati su ogni parola: “La bocca parla dalla pienezza del cuore. L’uomo buono dal suo buon tesoro trae cose buone, mentre l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae cose cattive. Ma io vi dico che di ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio; poiché in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato” (Mt 12, 35-37).

Parole che trafiggono come spade e parole che risanano.

Usare le parole con la Parola

Le parole sono importanti. Gesù dice che saremo giudicati su ogni parola infondata. Forse noi cristiani dovremmo ascoltare di più quanto ci dice la Parola di Dio sulle nostre parole Certo, se noi cristiani osservassimo di più la Parola di Dio, cambierebbe e di molto il tono dei nostri dibattiti. Per esempio, come sarebbero i nostri commenti e le nostre riflessioni se mettessimo in pratica queste parole di San Paolo?
“Nessuna parola cattiva esca più dalla vostra bocca; ma piuttosto parole buone che possano servire per la necessaria edificazione, giovando a quelli che ascoltano (…) Scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, ira, clamore e maldicenza con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo” (Lettera agli Efesini 4, 29-32).

L’attenzione al linguaggio è presente in modo insistente nella Bibbia, a partire dal Vecchio Testamento. C’è una miniera di indicazioni:


Dal Libro dei Proverbi.
“Il linguacciuto va in rovina” (10,8);
“Nel molto parlare non manca la colpa, chi frena le labbra è prudente” (10,19);
“V’è chi parla senza riflettere: trafigge come una
spada; ma la lingua dei saggi risana” (12,18);
“Chi sorveglia la sua bocca conserva la vita, chi apre troppo le labbra incontra la rovina” (13,3);
“Una risposta gentile calma la collera, una parola
pungente eccita l’ira” (15,1);
“Una lingua dolce è un albero di vita, quella malevola è una ferita al cuore” (15,4);
“Morte e vita sono in potere della lingua e chi l’accarezza ne mangerà i frutti” (18,21);
“Non rispondere allo stolto secondo la sua stoltezza per non divenire anche tu simile a lui” (26,4).

Saper parlare con rispetto

Usare le parole con la Parola

Le parole sono importanti. Gesù dice che saremo giudicati su ogni parola infondata. Forse noi cristiani dovremmo ascoltare di più quanto ci dice la Parola di Dio sulle nostre parole Certo, se noi cristiani osservassimo di più la Parola di Dio, cambierebbe e di molto il tono dei nostri dibattiti. Per esempio, come sarebbero i nostri commenti e le nostre riflessioni se mettessimo in pratica queste parole di San Paolo?
“Nessuna parola cattiva esca più dalla vostra bocca; ma piuttosto parole buone che possano servire per la necessaria edificazione, giovando a quelli che ascoltano (…) Scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, ira, clamore e maldicenza con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo” (Lettera agli Efesini 4, 29-32).

Tante guerre sono state compiute in nome della verità, tante violenze. Non ci bastano e continuiamo con le violenze verbali. Come cambierebbe il nostro linguaggio se ascoltassimo San Pietro?
“Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto” (Prima Lettera di San Pietro 3, 15).

Parresìa senza carità

Usare le parole con la Parola

Le parole sono importanti. Gesù dice che saremo giudicati su ogni parola infondata. Forse noi cristiani dovremmo ascoltare di più quanto ci dice la Parola di Dio sulle nostre parole Certo, se noi cristiani osservassimo di più la Parola di Dio, cambierebbe e di molto il tono dei nostri dibattiti. Per esempio, come sarebbero i nostri commenti e le nostre riflessioni se mettessimo in pratica queste parole di San Paolo?
“Nessuna parola cattiva esca più dalla vostra bocca; ma piuttosto parole buone che possano servire per la necessaria edificazione, giovando a quelli che ascoltano (…) Scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, ira, clamore e maldicenza con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo” (Lettera agli Efesini 4, 29-32).

C’è la parresìa, diciamo, la franchezza del parlare. Sì, ma non c’è amore: “Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla … La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità” (Prima Lettera ai Corinzi 13, 1-2).

Con cuore di Padre

Breve riflessione nell’anno di San Giuseppe

Il silenzio non è assenza di parole, né timidezza. A volte il silenzio è capacità di ascolto e risposta migliore a chi parla a sproposito.
Giuseppe tace in tutto il Vangelo. Non si riporta una sua sola parola. Eppure, egli non spreca nessuna parola che Dio gli rivolge. Ascolta e mette in pratica. E anche davanti ai soprusi di Erode o alla violenza politica dei Romani che lo costringono a mettersi in viaggio insieme a Maria, il Vangelo non registra una sua sola parola. Gesù nel Vangelo ha annunciato la buona novella del Regno attraverso molte parole e segni, ma la cosa che colpisce di più di Gesù è il suo silenzio davanti ai suoi accusatori. Egli rimarrà in silenzio davanti a Pilato e rimarrà in silenzio davanti alle ingiurie e alle umiliazioni dei soldati e del popolo. La sua non è debolezza bensì fortezza.
Non si può parlare e dire la verità davanti a chi non è disposto ad ascoltarla. Lo aveva detto egli stesso, che non è mai un bene “gettare le perle ai porci”. Il suo silenzio è la forma di contestazione più alta a quel male e a quella violenza, e allo stesso tempo è la prova più sicura della sua completa fiducia in Dio suo Padre.
Anche in questo caso mi piace pensare che Gesù abbia imparato la forza dirompente del silenzio da Giuseppe.
È certamente in lui che Gesù ha capito che anche le parole possono essere delle armi, e che davanti a chi ti colpisce bisogna mostrarsi completamente disarmati. È in questo gesto che l’altro pensa di vincere ma in realtà trova la sua sconfitta.

Comunicare oggi la fede in famiglia

Siamo dei pellegrini, camminiamo sulle strade della storia e ci riempiamo gli occhi e il cuore di domande, ci interroghiamo su ciò che accade nella vita, ci interroghiamo anche sull’avventura della fede.
Ci facciamo domande, inseguiamo suggestioni. Andiamo per sussulti.
Che cosa vediamo nella famiglia di oggi? Che cosa ci sembra di intravedere A volte ci sembra di riconoscere come un censura. Come se in qualche misura si fosse inceppato il passaporto della fede. Possiamo chiederci se non stiamo anche scontando la responsabilità di avere per anni espropriato le case del compito di comunicare la fede, relegandola quasi esclusivamente agli ambienti ecclesiastici.
Non è forse vero che persiste anche, non sempre ma frequentemente, il convincimento che comunicare la fede sia precipuamente dire parole, enunciare dogmi, ripetere precetti o condurre a pratiche religiose?
Il verbo “comunicare” ha invece intensità e colore di racconto, di testimonianza.
Gesù con la sua missione richiama limpidamente una precedenza: prima delle parole ci sono i gesti.
I gesti che rialzano, liberano, fanno sognare e camminare, fanno respirare la vita. Lì sta il primo annuncio. Le parole vengono dopo. Vale anche per noi oggi. Ecco dunque che cosa viene prima. Anche nelle nostre case hanno la priorità i gesti che dicono l’attenzione tenera di Dio, del suo Figlio, alla vita.
Nel settembre scorso, durante il suo viaggio nelle isole Mauritius, papa Francesco è ritornato su un’esortazione di san Francesco d’Assisi. Si è chiesto: “Che cosa significa per te, papa, evangelizzare?”. Risposta: “C’è una frase di san Francesco di Assisi che mi ha illuminato tanto: “Portate il Vangelo, e se fosse necessario anche con le parole”. Cioè evangelizzare è quello che noi leggiamo nel libro degli Atti degli Apostoli, è testimonianza. L’annuncio viene dopo la testimonianza. La testimonianza è il primo passo della comunicazione della fede nella famiglia. Ecco da dove partire.

Giornata mondiale dei nonni e degli anziani

Gli anziani “ci ricordano che la vecchiaia è un dono e che i nonni sono l’anello di congiunzione tra le diverse generazioni per trasmettere ai giovani l’esperienza di vita e di fede“. Lo ha detto Papa Francesco. “I nonni tante volte- sottolinea- sono dimenticati, non dimentichiamo questa ricchezza, questo trasmettere le radici, e per questo ho deciso di istituire la Giornata mondiale dei nonni e degli anziani che si terrà in tutta la Chiesa ogni anno la quarta domenica di luglio, in prossimità della ricorrenza dei santi Gioacchino ed Anna, i nonni di Gesù”. Bergoglio conclude: “E’ importante che i nonni incontrino i nipoti e i nipoti si incontrino con i nonni perché – come dice il profeta Gioele – i nonni davanti ai nipoti sogneranno, avranno l’illusione. E i giovani prendendo forza dai nonni andranno avanti, profetizzeranno”.

Il Messaggio suona come un incoraggiamento agli anziani e a nonni. “Non importa – scrive il Papa – quanti anni hai, se lavori ancora oppure no, se sei rimasto solo o hai una famiglia, se sei diventato nonna o nonno da giovane o più in là con gli anni, se sei ancora autonomo o se hai bisogno di essere assistito, perché non esiste un’età per andare in pensione dal compito di annunciare il Vangelo, dal compito di trasmettere le tradizioni ai nipoti. C’è bisogno di mettersi in cammino e, soprattutto, di uscire da sé stessi per intraprendere qualcosa di nuovo”.

Il Papa ha concesso l’indulgenza plenaria alle consuete condizioni ai nonni, agli anziani e a tutti i fedeli che, “motivati dal vero spirito di penitenza e carità”, parteciperanno il 25 Luglio 2021, in occasione della Prima Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani, alle diverse funzioni che si svolgeranno in tutto il mondo. L’indulgenza plenaria potrà essere applicata anche come suffragio alle anime del Purgatorio.
Potranno ugualmente conseguire l’Indulgenza Plenaria, premesso distaccamento a qualsiasi peccato gli anziani malati e tutti coloro che, impossibilitati di uscire dalla propria casa per grave motivo, si uniranno spiritualmente alle funzioni sacre della Giornata Mondiale, offrendo al Dio Misericordioso le loro preghiere, dolori o sofferenze della propria vita, soprattutto mentre si trasmetteranno tramite i mezzi televisivi.

Durante le sante Messe di domenica 25 luglio, avremo una preghiera di ricordo per tutti i nonni e gli anziani. Incoraggio i nipoti, in questa domenica, a fare u n bel regalo ai propri nonni, partecipando alla Messa e pregando per loro.

Francesco chiede agli anziani soprattutto tre cose: sogni, la memoria e la preghiera

“Il profeta Gioele pronunciò una volta questa promessa: «I vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni» (3,1).
Il futuro del mondo è in questa alleanza tra i giovani e gli anziani. Chi, se non i giovani, può prendere i sogni degli anziani e portarli avanti? Ma per questo è necessario continuare a sognare: nei nostri sogni di giustizia, di pace, di solidarietà risiede la possibilità che i nostri giovani abbiano nuove visioni, e si possa insieme costruire il futuro”. I sogni poi devono essere intrecciati con la memoria.
“Penso a quanto è preziosa quella dolorosa della guerra e a quanto da essa le nuove generazioni possono imparare sul valore della pace.
E sei tu a trasmettere questo, che hai vissuto il dolore delle guerre. Ricordare è una vera e propria missione di ogni anziano: la memoria, e portare la memoria agli altri”.
Infine la preghiera. Citando Papa Benedetto, “santo anziano che continua a pregare e a lavorare per la Chiesa”, che disse “La preghiera degli anziani può proteggere il mondo, aiutandolo forse in modo più incisivo che l’affannarsi di tanti”, il Papa sottolinea: “Soprattutto in questo tempo così difficile per l’umanità, mentre stiamo attraversando, tutti sulla stessa barca, il mare tempestoso della pandemia, la tua intercessione per il mondo e per la Chiesa non è vana, ma indica a tutti la serena fiducia di un approdo”.

Signore Gesù, tu sei nato dalla Vergine Maria, figlia di san Gioacchino e sant’Anna, guarda con amore ai nonni. Proteggili, sostienili: fa’ che siano maestri di sapienza e di valori, che trasmettano alle generazioni future i frutti della loro matura esperienza umana e spirituale. Signore Gesù, aiuta le famiglie e la società a valorizzare la presenza e il ruolo dei nonni. Mai siano ignorati o esclusi, ma incontrino sempre rispetto e amore. Aiutali a vivere serenamente e a sentirsi accolti per tutti gli anni della vita che tu loro concedi. Amen.

Vanità delle parole

Usare le parole con la Parola

Le parole sono importanti. Gesù dice che saremo giudicati su ogni parola infondata. Forse noi cristiani dovremmo ascoltare di più quanto ci dice la Parola di Dio sulle nostre parole Certo, se noi cristiani osservassimo di più la Parola di Dio, cambierebbe e di molto il tono dei nostri dibattiti. Per esempio, come sarebbero i nostri commenti e le nostre riflessioni se mettessimo in pratica queste parole di San Paolo?
“Nessuna parola cattiva esca più dalla vostra bocca; ma piuttosto parole buone che possano servire per la necessaria edificazione, giovando a quelli che ascoltano (…) Scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, ira, clamore e maldicenza con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo” (Lettera agli Efesini 4, 29-32).

Certo, anche noi cristiani non siamo esenti dai peccati autocelebrativi, il narcisismo, l’egocentrismo, la vanità (il peccato preferito del diavolo, dicevano le ultime parole di un noto film).
Al centro dei nostri commenti, spesso, ci siamo noi, ci sono le nostre parole, non la Parola: noi cresciamo e Gesù diminuisce. Ci facciamo grandi e forse meritiamo lo sfogo di Gesù che ci chiede di non sprecare le parole: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me” (Mt 15,8).