Giovedì eucaristico

LA PIETÀ EUCARISTICA NON È FONDATA NEL SENTIMENTO, MA NELLA FEDE.
L’EUCARISTIA È IL PIÙ GRANDE DONO OFFERTO A TUTTA LA NOSTRA
COMUNITÀ CRISTIANA

È verità di fede cattolica che la presenza sacramentale del Signore Gesù permane nelle specie consacrate anche dopo la celebrazione della S. Messa. Esporre il Santissimo Sacramento nella mattinata e nella serata di ogni giovedì penso sia una chiara dimostrazione che noi, in quanto popolo cristiano, sentiamo sempre più il bisogno di sostare in adorazione.
La preghiera di adorazione è certamente tra le più belle ed efficaci anche se non sempre è facile fare autentica adorazione.

La nostra comunità cristiana deve diventare autentica “scuola” di preghiera, dove l’incontro con Cristo non si esprima soltanto in implorazione di aiuto, ma anche in rendimento di grazie, lode, adorazione, contemplazione, ascolto, ardore di affetti, fino a un vero “invaghimento” del cuore. Una preghiera intensa, dunque, che tuttavia non distoglie dall’impegno nella storia: aprendo il cuore all’amore di Dio, lo si apre anche all’amore dei fratelli e ci rende capaci di costruire la storia secondo il disegno di Dio.
Nella misura in cui ci nutriamo di Cristo e ci siamo innamorati di Lui, avvertiamo anche dentro di noi lo stimolo a portare altri verso di Lui: la gioia della fede infatti non possiamo tenerla per noi, dobbiamo trasmetterla.

Gesù ci invita: “Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò” (Mt 11,28); ci ammonisce: “Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno, Maria si è scelta la parte migliore che non le sarà mai tolta” (Le 10,41).
E ancora S. Paolo: “State sempre lieti, pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie” (1 Tess 5,16). Un cristiano non può personalmente pregare sempre, ma il corpo di Cristo – la comunità si – può mettersi in stato di preghiera incessante anche con l’adorazione.
La nostra parrocchia, forse, rischia di essere esausta per attivismo.
Non dobbiamo cercare l’efficienza, ma l’efficacia… e questa non è frutto nostro ma primariamente dono di Dio dentro il nostro impegno.

È un forte e accorato invito a dare più attenzione e valore al “servizio di adorazione” che è davvero il più importante e sostiene tutti gli altri servizi e impegni. Il cristiano che vive l’Adorazione cresce nella disponibilità al servizio con radice più determinata, diventa più aperto alla gioia, all’accoglienza e alla testimonianza nel suo quotidiano. Se prega serve, getta ponti di amicizia, condivide Gesù, rende ragione della sua fede e porta i lontani al Signore e in parrocchia.
Ciascuno di noi impara che il suo primo servizio per il popolo è la preghiera.
E non è lo stesso pregare in casa o davanti all’Eucarestia.

La schiettezza della proposta di fede è Gesù. Le attività o gli stratagemmi nascono dalla semplicità di conoscere, amare, seguire Gesù. Allora tutto il resto del “da fare” non sparisce ma rivive nella sua ragione di essere: Gesù, e riprende spessore e incisività con la forza dello Spirito Santo.
Tutti… troviamo la linfa lì! E in molti rinasce il desiderio di leggere la Parola; davanti al Santissimo la capisci più viva per te, e cresce il desiderio di approfondirla e di conoscere di più la fede e di testimoniare la gioia di essere cristiani.

Siamo cresciuti nella preghiera? (3)

Una preghiera che è risposta alla Parola.

Cosa fare per leggere tutto con lo sguardo di Dio?
Solo la Parola può aiutarci, può donarci la luce e la forza di cui abbiamo bisogno. È questa Parola che ci accompagna nei frangenti diversi dell’esistenza, anche in quelli più drammatici. Se non possiamo sempre godere di quella luce prodigiosa che splende sul volto di Cristo, abbiamo tuttavia il dono di questa luce discreta, sempre a disposizione, per rischiarare il nostro sentiero. È questa Parola che ridesta il nostro legame con Dio quando esso viene trascurato, quando perde forza perché contiamo solo su noi stessi, sulle nostre risorse ed energie. È questa Parola che consola e porta speranza, ma anche scandaglia le profondità del nostro essere, ci fa avvertire vergogna per il male commesso. È questa Parola che ci mette davanti alle esigenze dell’Alleanza con Dio, ai comandamenti da osservare per amore. Quando i momenti benefici di manifestazione terminano, quando non possiamo contemplare la gloria di Dio, questa Parola è la guida sicura che trasfigura la nostra esistenza e ci permette di amare come Gesù, fino alla croce.

Siamo cresciuti nella preghiera? (2)

La preghiera rischia di venire sempre dopo.

Prima c’è il resto, poi – se si può – anche la preghiera. Inoltre facciamo fatica a capire il significato della preghiera. Perché pregare? Perché siamo figli di Dio, discepoli di Gesù. Questa relazione merita d’essere curata e coltivata.
In ascolto e in dialogo. Che cosa ci dà la preghiera? Non qualcosa, ma qualcuno: lo Spirito Santo. Etty Hillesum nel suo meraviglioso Diario scrive: «Non saremo noi, o Signore, un giorno a chiamarti in causa e a dirti: “Dov’eri Tu?”, ma sarai Tu un giorno a chiamarci in causa e a dirci: “Dov’eri tu o uomo?”». Lo Spirito è il dono di Dio ai suoi figli, ai credenti in Gesù Cristo, all’umanità intera. Gesù ci ha promesso il dono dello Spirito. È una promessa di cui ci fidiamo fino in fondo. Il dono dello Spirito costituisce la risposta più importante di Dio Padre, l’Abbà grande e buono, alle nostre invocazioni e ai nostri bisogni. Più di tutto e dentro a tutto Dio vuole donarci se stesso: il suo amore personale, la sua presenza consolatrice, la sua forza rinnovatrice, il suo Spirito. Senza la preghiera, come guardare alla sofferenza e alla morte? Ma la morte non è l’ultima parola: essa non è separazione, ma comunione suprema, atto supremo di amore; il Padre accoglie la consegna che il Figlio fa di se stesso. La risurrezione è l’inevitabile esito di questa morte, non più fallimento ma compimento. Tutto questo non è solo per Gesù, è anche per noi.

Siamo cresciuti nella preghiera? (1)

È possibile ritrovare un po’ il gusto della preghiera?

Continua il cammino di quaresima. Stiamo per giungere alla meta: la Pasqua di Gesù.
Una piccola domanda: durante questo tempo dello Spirito siamo cresciuti, migliorati nella preghiera? Sì, proprio nella preghiera perché la preghiera è un atto rivoluzionario. In un certo senso è facile pregare: il pensiero si eleva spontaneamente a lui, soprattutto nei momenti di difficoltà o in certe occasioni significative, belle, particolari. È più facile parlare della preghiera che pregare; parlare di Dio che a Dio… Un modo semplice di pregare è quello di contemplare il volto bello di Gesù, per lasciarsi conquistare: leggendo qualche passo del vangelo, ripetendo le frasi lette, recitando delle formule di lode e ringraziamento. Papa Francesco ha invitato tutti ad avere con sé sempre un piccolo vangelo da portare in tasca, o nella borsa, per poter leggere qualche piccolo passo durante la giornata. «Lì è Gesù che ci parla».

Giornata della Carità del Vescovo

Anche in questa settimana di Quaresima continua la raccolta di alimenti a favore dei profughi nella cesta posta ai piedi dell’altare. Tutto andrà a beneficio di coloro che arriveranno nel nostro territorio, attraverso la Caritas Diocesana.
Per questa settimana ci sarà la Raccolta di succhi di frutta, legumi in scatola, merendine .

Le offerte che si raccoglieranno durante le messe festive di questa domenica, saranno consegnata al Vescovo a favore dell’Ucraina. Questa settimana sono stati donati € 100.
Ad oggi nella nostra Parrocchia sono stati raccolti € 300.
Dalla visita e benedizione delle famiglie, in questa settimana, è stato offerto per la Parrocchia un totale di € 230.

Chiusura del Sinodo Diocesano

Venerdì 25 marzo, solennità dell’Annunciazione, il Vescovo ha presieduto in Cattedrale una solenne concelebrazione alla presenza dei sinodali e dei rappresentanti di tutte parrocchie a conclusione del XIV sinodo della Chiesa Laudense. Siamo invitati a rendere grazie al Signore per questa esperienza che ci aiuterà anche nel prossimo futuro a camminare insieme. Accompagniamo dunque con la nostra preghiera la conclusione del Sinodo diocesano, chiedendo la grazia di prepararci ad accogliere con creativa docilità gli orientamenti che verranno consegnati il prossimo 4 giugno, vigilia di Pentecoste, nell’impegno della sinodalità ordinaria per un ulteriore percorso di discernimento in comunione con il cammino sinodale delle Chiese italiane e del mondo, chiesto da Papa Francesco.
Lo stile sinodale potrà diventare lievito di dialogo e di pace nell’intera società umana, quella pace che con insistenza vogliamo implorare affinché tacciano le armi e si trovino altre vie per la soluzione alla crisi in atto.

Via Crucis

Le due Via Crucis che celebreremo in questo venerdì di Quaresima saranno un occasione propizia per ringraziare il Signore delle vite donate dei nostri fratelli e sorelle nel mondo. La celebrazione del martirio è l’atto di fede più alto in assoluto. Gesù sulla croce è morto per noi. I missionari martiri, come il Maestro, resistono di fronte a situazioni difficili fino alla morte, non come eroi, ma come compagni di strada delle popolazioni che sono chiamati a servire. È nel servizio, lo spirito del dono di sé, la testimonianza concreta di quella fede che hanno abbracciato e portato avanti con tenacia.
È una Chiesa che si fa madre, grembo, famiglia accogliente, generatrice di vita e si fa sorella e discepola che ascolta e include tutta l’umanità, che denuncia qualsiasi abuso e ingiustizia e si spoglia di tutto il superfluo per continuare a camminare per le strade del mondo.

Annunciazione del Signore

Nel cuore della Quaresima la liturgia ci mette una solennità liturgica che sembra stridere con i tempi della passione, morte e risurrezione di Cristo. Se poi aggiungiamo che questa festa cade nel giorno di venerdì.
Eppure la festa odierna è la radice più vera della Pasqua. Infatti Gesù non ha salvato il mondo solo a partire dagli ultimi giorni della sua vita terrena. Egli ha cominciato a salvare il mondo fin dal primo istante in cui è entrato nella storia.

Oggi è la festa della prima vera grande alleanza concreta tra la grazia di Dio e l’umanità.
È Maria la protagonista di questo inizio.
È la sua libertà la cosa che rende possibile tutto il resto. In questo senso la solennità che celebreremo è come la cartina di tornasole davanti a cui dobbiamo chiederci a che punto è la nostra vita. Infatti la nostra esistenza non è la somma degli eventi o delle cose che ci sono successe. La nostra vita è la somma delle nostre scelte, dei nostri sì, dei nostri eccomi. Solo guardando a quanto abbiamo messo in gioco la nostra libertà riusciamo anche a capire a che punto ci troviamo. Ecco perché il male non è semplicemente fare scelte sbagliate, ma è innanzitutto non fare mai delle scelte. E molto spesso la scusa per non fare mai delle scelte è nel fatto che non sempre capiamo tutto, che non sempre abbiamo sotto controllo le situazioni, che non sempre ci sentiamo pronti. Anche Maria si è trovata in una situazione simile ma ha compreso che a un certo punto della vita ciò che più conta è il rischio della libertà e non le rassicurazioni.
Onorare questa festa significa rischiare di decidere oggi qualcosa.

E questo ingresso lo ha fatto prima attraverso la libertà di questa donna e poi attraverso il suo grembo. Infatti non dobbiamo mai dimenticarci che Dio è onnipotente, cioè può tutto.
Eppure vincola la sua onnipotenza alla libertà dell’uomo. La storia della salvezza è una storia che si intreccia inevitabilmente anche con le scelte che ognuno fa.
Direbbe sant’Agostino: “Il Dio che ci ha fatto senza di noi, non ci salva senza di noi”.

Giovedì eucaristico

Vi chiederete perché anche la nostra comunità parrocchiale invita e sollecita insistentemente a venire in Chiesa il giovedì a pregare davanti al Santissimo Sacramento esposto appositamente?
Ci sono due ragioni per cui la Chiesa ha scelto il Giovedì come il giorno dell’adorazione eucaristica: Giovedì santo. Questo è il motivo principale per cui il giovedì è considerato eucaristico. 
Infatti la Settimana Santa ci ricorda la Passione, morte e risurrezione di Gesù.
Il Giovedì Santo fu il giorno in cui si celebrò l’Ultima Cena e dove venne istituita l’Eucaristia.
Sacro Cuore di Gesù. Ma ci fu un’altro evento che confermò tale tradizione. Un fatto che accadde nel 1673 a Santa Margherita Maria d’Alacoque. Fu a lei che il Sacro Cuore di Gesù apparve per due anni. La prima volta che le apparve, stava pregando nel Santissimo Sacramento. Cristo gli apparve ogni primo venerdì di ogni mese, e in un’occasione gli disse che ogni notte dal giovedì al venerdì, Lo avrebbe dovuto accompagnare nell’orto degli ulivi; per pregare assieme a Lui la stessa preghiera che Egli fece al Padre la notte prima di morire. Così divenne tradizione che ogni giovedì venisse celebrata l “Ora Santa” per accompagnare Cristo in preghiera prima del Venerdì della Passione.
Non creda l’uomo di oggi di trovare altro nutrimento alla sua insaziabile fame di vita, se non nella fede e nella comunione di Cristo Signore; Non creda l’uomo di oggi che per conquistare il pane terrestre, di cui ha bisogno la sua vita temporale, debba porre l’alternativa alla ricerca del pane della vita religiosa e della fedeltà alla vita religiosa e della fedeltà alla tradizione cattolica; Ma creda l’uomo di oggi che chi cerca, sulla parola di Cristo, il regno di Dio innanzi tutto, avrà pane, avrà l’abbondanza anche dei beni naturali della scienza, della tecnica, del lavoro, dell’arte; Creda l’uomo d’oggi che ancor più di ieri Cristo gli è necessario: risvegliati in lui i desideri della libertà, della maturità umana, del progresso sociale, della pace, sappia che non solo a possederli, ma a conoscerli nel loro vero concetto codesti ideali è necessario il Maestro, il Maestro divino che solo li può far coincidere con la verità e con la vita; – e creda finalmente l’uomo di oggi che l’umile e fervorosa fede che Cristo nell’Eucaristia reclama da lui è per la sua redenzione, per la sua salvezza, e per la sua felicità.

Giovedì 24 marzo: XXX giornata di preghierae digiuno in memoria dei missionari martiri

Papa Francesco, nel suo magistero, ripete che «Sempre ci saranno i martiri tra noi: è questo il segnale che andiamo sulla strada di Gesù». Cristo stesso consola e prende in braccio chi soffre e versa il sangue mentre segue i Suoi passi. Possiamo domandare: come avete fatto a sopportare tanta tribolazione? Ci diranno quello che scrive nella seconda Lettera di Paolo ai Corinzi: “Dio è Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione. È stato Lui a consolarci”. In loro anche la pazienza e l’assenza di rancore verso chi li tormenta non sono effetto di un rigido auto-controllo. Nascono come riverbero di un miracolo, segno della consolazione che Cristo stesso dona a chi soffre portando il Suo nome. Il martirio cristiano sgorga dalla vita di Cristo, operante nelle vite di uomini e donne. Il testimone missionario, come il martire, è colui che offre il proprio corpo, mette a disposizione la concretezza della propria condizione umana affinché in essa agisca e risplenda la grazia del Signore. Nel progressivo aumento del numero di Paesi e aree geografiche in cui viene sparso il sangue dei missionari, rimangono impressi soprattutto i cenni biografici delle singole vittime, e i racconti asciutti delle circostanze in cui hanno offerto il loro ultimo sacrificio. Lì si coglie con mano che la gran parte di loro sono stati raggiunti da morte violenta nella luminosa ordinarietà delle loro vite intrecciate alle vite degli altri, al servizio del bene di tutti, compresi – a volte – i loro stessi carnefici. Sono stati spesso uccisi da una rabbia e da una violenza senza ragione, da una ingratitudine che svela il mistero del male, come dice Gesù nel Vangelo di Giovanni: “Questo perché si adempisse la parola scritta nella loro Legge: Mi hanno odiato senza ragione”. (Gv 15, 25)