Battesimo del Signore

Il Battesimo inaugura una nuova fase della vita di Gesù. Egli è presentato ufficialmente al mondo dal padre come il Messia che parla e agisce autoritariamente in nome suo. È questo l’inizio della cosiddetta vita pubblica di Gesù. Da qui cominciano quei “Ma io vi dico …” e quel parlare “con autorità” che stupiranno gli Scribi e i Farisei. Nella fase più antica, era da questo momento che cominciava la narrazione della vita di Cristo. Marco, infatti, il primo evangelista, inizia con il Battesimo nel Giordano il suo Vangelo. Pietro nel discorso riportato dagli Atti degli Apostoli, fa del Battesimo di Gesù l’inizio della sua storia: fu nel Battesimo infatti che Dio “consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nazareth”. Perché tutta questa importanza? Anzitutto, essa è legata alla manifestazione dello Spirito. Giovanni Battista aveva caratterizzato le due epoche così: io vi battezzo con acqua egli vi battezzerà in Spirito. La discesa dello Spirito è il “via!” alla redenzione; essa indica che è cominciata la nuova creazione perché lo Spirito è riapparso sulle acque come alle origini. Lo Spirito era già in Gesù di Nazareth per la nascita.
Esso era disceso su Maria, prima ancora che nel Giordano. Ma là si era trattato di un avvenimento avvenuto nel segreto, rimasto sconosciuto; qui invece c’è la manifestazione al mondo della venuta dello Spirito. L’unzione profetica e messianica di Gesù è palesata al mondo.
Nel suo Battesimo Gesù appare l’atteso sul quale si è posato lo Spirito del Signore, come era stato scritto dal profeta Isaia.
L’importanza del Battesimo, oltre che alla manifestazione dello Spirito, è legata anche alla solenne proclamazione del Padre: “Questi è il mio figlio diletto, ascoltatelo”. Colui che si era fatto il servo è proclamato adesso figlio è il vertice dell’Epifania: non più una stella, ma la voce stessa del Padre che rivela agli uomini chi è Gesù di Nazareth: il figlio beneamato del Padre celeste.
Gesù ha confermato il senso di questa dichiarazione, chiamando costantemente Dio con il nome di Abbà, Padre. Dalle sue parole e dal suo agire affiora la coscienza di essere il Figlio di Dio.
Il Vangelo, specie quello scritto da Giovanni, ce lo mostra in un dialogo ininterrotto con il Padre che continua quello esistente in seno alla Trinità. Tutta la nostra fede è ancorata a questa coscienza di Gesù. Egli ci salva perché è Figlio di Dio; egli fa di noi dei figli adottivi di Dio perché Lui che era figlio naturale si è fatto nostro fratello. “A coloro che ,o hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio”. A noi non importa se quelli che vissero con Gesù furono coscienti di questo segreto fin dall’inizio e ne capirono la portata. Ciò che importa veramente è sapere che Gesù, Lui, ne era consapevole e ne ha lasciato delle prove sicure durante la sua vita terrena.
La conseguenza di questa rivelazione è nelle parole del Padre al momento della Trasfigurazione che continua idealmente la teofania del Battesimo: “Ascoltatelo!”.
Dobbiamo ascoltare Gesù che ci parla ancora oggi, perché Egli ci parla in nome di Dio.
Questo imperativo però non significa solo prestategli attenzione, o mettete in pratica ciò che vi Dice. Significa soprattutto credergli, dare la vostra adesione di fede a Lui, accogliere la sua persona, prima ancora che la sua parola.

Epifania del Signore (2)

“Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti per adorarlo”.
Abbiamo visto e siamo venuti: qui sta la grande lezione di questi anonimi “predicatori” biblici. Hanno agito di conseguenza, non hanno frapposto indugio.
Se si fossero messi a calcolare a uno a uno i pericoli, le incognite del viaggio,
avrebbero perso la determinazione inziale e si sarebbero persi in vane
e sterili considerazioni. Hanno agito subito ed è questo il segreto
quando si riceve una ispirazione di Dio.

Un’altra indicazione preziosa ci viene dai Magi. “Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese”. Non vogliamo forzare queste parole, ma
vogliamo vedervi un simbolo. Una volta incontrato Cristo, non si può tornare indietro per la stessa strada. Cambiando la vita, cambia la via. L’incontro con Cristo deve determinare una svolta, un cambiamento di abitudini. Non possiamo, anche noi oggi, ritornare a casa per la strada per cui siamo venuti, cioè esattamente come eravamo nel venire in chiesa.
La Parola di Dio deve aver cambiato qualcosa dentro di noi, se non altro le nostre convinzioni e i nostri propositi.
In questa festa dell’Epifania la Parola di Dio ci pone davanti a tre esemplari che rappresentano ognuno una scelta globale di vita. Erode, i sacerdoti, i Magi. A quale vogliamo somigliare nella vita? Dei Magi si dice che, nel rimettersi in cammino, “provarono una grandissima gioia”; niente di simile per quelli che preferirono restarsene tranquilli a casa.
Prostriamoci con fede, apriamo i nostri piccoli e poveri scrigni e offriamogli anche noi oro, incenso e mirra: la nostra fede, la nostra speranza e il nostro amore.

Epifania del Signore (1)

“Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti per adorarlo”.
Abbiamo visto e siamo venuti: qui sta la grande lezione di questi anonimi “predicatori” biblici. Hanno agito di conseguenza, non hanno frapposto indugio.
Se si fossero messi a calcolare a uno a uno i pericoli, le incognite del viaggio,
avrebbero perso la determinazione inziale e si sarebbero persi in vane
e sterili considerazioni. Hanno agito subito ed è questo il segreto
quando si riceve una ispirazione di Dio.

Vanno per “Adorarlo”. Questo termine riveste un profondo significato teologico, nel contesto del Natale, che doveva essere ben chiaro nella mente dell’evangelista Matteo.
Egli lo usa di nuovo, quando dice che “entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono”. I Magi conoscevano bene cosa significa “adorare”, perché la pratica era nata proprio tra loro, nelle corti d’oriente. Significava tributare il massimo onore possibile, riconoscere a uno la sovranità assoluta. Il gesto era riservato perciò solo ed esclusivamente al sovrano. È la prima volta che questo verbo viene impiegato in relazione a Cristo nel Nuovo Testamento; è il primo, implicito ma chiarissimo, riconoscimento della sua divinità.
I Magi non sono mossi dunque da curiosità, ma da autentica pietà. Non cercano di aumentare la loro conoscenza, ma di esprimere la loro devozione e sottomissione a Dio.
Anche oggi l’adorazione è l’omaggio che riserviamo solo a Dio.
Noi onoriamo, veneriamo, lodiamo, benediciamo la Madonna, ma non la adoriamo.
Questo è un onore che si può tributare solo alle tre persone divine.
L’adorazione è un sentimento religioso da riscoprire in tutta la sua forza e bellezza.
È la migliore espressione del “sentimento creaturale” ritenuto da alcuni il sentimento che è alla base di tutta la vita religiosa. Molti usano questa parola con troppa leggerezza: “Io adora andare a pesca, adoro il mio cane”. Dicono di creature umane “il mio adorato bene”. Non dico che si fa ogni volta peccato, ma certamente non indica una grande sensibilità religiosa.

Buon 2023

­Ecco finalmente tra le nostre mani il calendario 2023: come sarà questo anno che inizia? viene da chiedersi. Lo guardiamo con un poco di timore e preoccupazione.
Paure e fantasmi abitano dentro di noi e non bastano i botti di fine anno a cacciarli lontano.
Alziamo allora gli occhi al cielo per osservare le stelle e non per chiedere loro un’impossibile previsione di futuro. Gli antichi pensavano che la volta celeste fosse assolutamente stabile, a differenza delle stagioni umane caratterizzate da un continuo altalenare di fortune e sfortune. Per questo il salmista coglie nel cielo stellato la testimonianza della fedeltà di Dio, che
dall’alto veglia su ciascuna delle sue creature e che dell’uomo, di ogni uomo, si prende cura gratuitamente. È in questa gratuità che sta la forza della nostra fede, in una bellezza della volta stellata che è perfezione di forme e di rapporti, architettura del passato e del futuro.
La bellezza di Dio si manifesta nelle cose di tutti i giorni e non ha un costo.
Quanto ci costa la bellezza di un giorno di sole in pieno inverno? E il sorriso che ci accoglie tra le mura di casa ogni mattino augurandoci il buon giorno? Che cosa ci costa una mattina limpida in cui puoi vedere disegnarsi all’orizzonte il profilo delle montagne?
Che cosa dobbiamo sborsare per il saluto amico di tanti che incontriamo ogni giorno? Quanto per ammirare gli affreschi e le opere d’arte custodite nella nostra chiesa? Quanto si paga una lettura che illumina l’intelligenza e un’idea che dilata l’orizzonte del nostro respiro interiore? Siamo immersi nella bellezza di ciò che è gratuito. Abituati a pensare che tutto ha un costo, non sappiamo più valutare quanto conta ciò che non si acquista, perché semplicemente troppo bello per essere comprato. Gratis, cioè “per grazia”, potente intreccio di bellezza e gratuità. A noi credenti è concessa la gioia di riscoprire giorno per giorno le mille manifestazioni della grazia di Dio e di ricreare attorno a noi gli spazi per un mondo “grazioso” (pieno di grazia), in cui la bellezza torni a mostrarsi forza e impronta di tutte le cose.

A tutti voi il più sentito augurio di un buon 2023, che sia davvero un anno di grazia e di bellezza per tutti.

“Te Deum” di ringraziamento di fine anno

Ogni fine ci incupisce sempre, ma solo perché a noi non piacciono le cose che finiscono. Certo, a volte si è molto felici che certi anni siano passati, perché magari sono state delle cisterne di problemi e di sofferenza o di cose difficili da vivere. Ma normalmente alcune date ci mettono dentro molta nostalgia e pensieri. Un cristiano è uno che non solo sa fare spazio in sé alla nostalgia, ma sa collocare accanto ad essa la gratitudine.
Noi non possiamo vivere l’ultimo giorno dell’anno non ricordandoci che siamo figli di Uno che ci ha salvati e che ha riempito di luce le nostre tenebre. Ecco perché la fine per noi cristiani è sempre la memoria del fine. Solo se apriamo gli occhi allo scopo della vita, al suo vero fine, allora possiamo trovare il coraggio di guardare in faccia anche la fine senza avere paura, ma anzi riuscendo a dire anche ad alta voce il nostro grazie.
Ogni anno sperimentiamo la fine, eppure cambiare calendario ci dà l’impressione di un rinnovamento, perché riconosciamo di essere limitati. Il nostro limite diventa pesante e negativo solo se è in opposizione a Dio: la grandezza cristiana invece sta nel riconoscere che Dio è dalla nostra parte! Riconoscere di essere nelle sue mani dà senso e forza alla nostra fragilità umana.
Pur coscienti della nostra debolezza, non siamo smarriti e umiliati, perché liberamente mettiamo tutto nelle mani del Signore. Sappiamo che tutto viene da Lui: egli la fonte di ogni esistenza, non ci siamo fatti da soli e non viviamo per noi stessi. Vogliamo liberamente, in modo intelligente, vivere per Lui: mettendo nelle sue mani la memoria, l’intelletto, la volontà, tutto ciò che abbiamo.
Restituiamo a Lui ogni suo dono.

Santa Famiglia: l’amore di Dio genera comunione

Solo ciò che nasce dall’amore guarisce la solitudine e solo chi mette al centro della propria vita il valore delle persone, prima delle cose e dei servizi, riesce a gustare la gioia dell’incontro. L’amore lenisce le ferite dell’anima, quando è continuo, e mostra che la persona e le sue esigenze contano più di tutto: dei soldi, del doppio lavoro, della casa bella e ricca di cose, delle feste. Solo l’amore penetra dentro ed è il balsamo che guarisce.
E l’amore esige tempo, tanto tempo per stare vicino, per parlarsi ed ascoltarsi, per condividere, per guardare negli occhi e sentire il cuore di una persona. Ma non è solo l’amore umano, pure forte e importante, il fondamento di relazioni sincere e feconde di bene; occorre l’amore di Dio, che cementa la comunione di vita nelle case con la sua divina presenza. Riferire le relazioni familiari al Signore ci fa comprendere quanto importante sia trovare il tempo, nella propria casa, per la preghiera, via privilegiata che permette di scoprire ed accogliere ogni giorno la volontà di Dio. La casa dei cristiani è sempre stata considerata come una “piccola Chiesa” dove è, non solo possibile, ma doveroso pregare e dove i genitori e gli anziani esercitano, con la loro guida e testimonianza, il compito di essere sacerdoti e profeti. I tempi e i modi sono diversi e ciascuno deve trovare i propri, ma quello che importa è aprire uno spazio di preghiera nel vortice delle mille “cose da fare”.

Un Buon Anno per tutti!

Il tempo difficile che stiamo vivendo rende affaticato l’augurio di buon anno.
Ma possiamo augurarci buon anno perché sono tanti i volti di persone che nelle case, nelle famiglie, nel nostro paese, nella nostra comunità parrocchiale, nel volontariato, scrivono pagine di generosità e di impegno per gli altri. Sono tanti coloro che rimangono umani, rimangono solidali, sono capaci di gesti di tenerezza.
Allora a tutti, forti di questi volti, dico di nuovo “buon anno!”: buon anno sul terreno del dono di sé, dell’incontro e della fraternità. Buon anno a tutti coloro che hanno ansia di pace. Buon anno soprattutto a chi è più solo, più affaticato, più dimenticato.

Dio oggi cerca casa…

Dio oggi cerca casa: è l’annuncio meraviglioso del Natale.
La cerca proprio in questo nostro mondo, nella nostra comunità cristiana, in ognuno di noi, perché ciascuno trovi in Lui la propria casa.
Per Natale abbiamo ornato e abbellito le nostre case.
Qualcuno questi giorni ha fatto il presepio, qualche altro l’albero.
Proviamo in queste festa a rendere più accogliente anche il nostro cuore.
Non occorre fare tante cose: basta dar voce alla nostalgia di Dio che c’è dentro di noi. Che poi è la nostalgia di amare ed essere amati, il bisogno di vita che c’è in ognuno. Dio non ha bisogno che il nostro cuore e quello della comunità cristiana, siano lussuosi: è abituato alle case della povera gente e non ha paura della nostra povertà.
Per quanto profonda sia la nostra lontananza e grande il nostro peccato, non c’è abisso che non possa essere colmato dal Signore.
Dio cerca casa nella nostra vita, per dirci che vale la pena di sperare ancora.

Buon Natale (1)

Torna ancora il Natale a ricordarci che Dio si prende cura di noi.
Dio si prende cura di noi, ha a cuore la nostra vita e per noi dona la sua vita.
Il Natale ci ricorda la grande avventura d’amore in cui Dio ha voluto scommettere: “Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo”.
Dio per amore e con amore si prende cura degli uomini. Al contrario, quanta difficoltà abbiamo noi oggi a prenderci cura di noi stessi e degli altri in modo vero, autentico e liberante! Quanta difficoltà a gestire con amore la vita, il tempo, gli ideali, gli affetti, i sentimenti, le relazioni! Quanta difficoltà a ricercare l’essenziale della vita!
L’annuncio del Natale non è compiuto finché non prendiamo seriamente coscienza della scelta di Dio di avere cura degli uomini e se quindi non facciamo nostra questa scelta d’amore nell’esistenza quotidiana. Sì, perché Natale è innanzitutto una domanda rivolta a noi cristiani: che cosa posso fare per rendere migliore la mia vita e la vita degli altri? Il Natale è un giorno che apre alla speranza, ci dice che qualcosa di nuovo e di diverso può ancora accadere.
Il Natale ci dice che anche dall’umile Nazareth della nostra vita qualcosa di straordinario può ancora venire. E allora il Natale è per tutti noi un impegno.

Buon Natale (2)

Genitori, prendetevi cura dei vostri figli con amore e devozione, fatevi educatori e testimoni di vera spiritualità, anche nella solitudine, ma con speranza.
Sposo o sposa, prenditi cura del tuo coniuge, custodisci l’amore, esercita la responsabilità, non fuggire alle prime difficoltà, ricusa le scorciatoie di amori rubati o superficiali relazioni.
Figli, prendetevi cura dei vostri genitori, dei vostri fratelli, dei vostri nonni; abbiate il coraggio di ascoltare la loro “saggezza” frutto degli anni e anche del loro soffrire.
Prendiamoci cura della nostra comunità. Sentiamola come nostra famiglia. Viviamola nella verità del suo essere cristiano. Facciamoci riconoscere come dono per il nostro tempo.