Verso il mese missionario

Nell’ottobre missionario siamo invitati ad essere testimoni della fedeltà di Dio.
Nel cammino spesso la fatica si fa sentire; le sfide che siamo chiamati a vivere sono grandi e può sopraggiungere la tentazione dello scoraggiamento. La Parola di Dio però ci richiama alla preghiera perseverante, al mantenerci ancorati al Signore e a supplicare il dono della Fede.
Dio non solo è giudice giusto, ma soprattutto è nostro Padre amorevole e non ci fa mancare la Sua grazia, con la quale poter essere testimoni della bellezza tanto antica e sempre nuova del Vangelo. Sì, apriamo con coraggio il nostro cuore al Signore, e la Sua fedeltà farà affiorare una rinnovata fiducia in noi stessi, nel fratello e nella vita, così da renderci testimoni credibili lì dove siamo.
Il Signore ci chiama ad essere testimoni di Misericordia e Fraternità e ci invita a non avere la presunzione di essere migliori degli altri ma ad essere solidali con tutti e a saper accogliere la misericordia di Dio. Sentiamoci chiamati ad essere testimoni della misericordia di Dio sapendoci riconoscere bisognosi di Lui e dei fratelli.
Il Signore ci chiama ad essere amanti della vita e testimoni della salvezza.
In questo anno pastorale l’immagine biblica che ci guiderà sarà quella della casa.
La casa diventa il luogo in cui Cristo decide di dimorare.
Siamo chiamati a fermarci a casa nostra con Gesù, soprattutto con l’ascolto quotidiano della Parola di Dio, per essere anche noi testimoni della salvezza.

Giovedì eucaristico

Pensando alla celebrazione dell’Eucaristia, sembra che in prima battuta essa rinvii all’esperienza dello “stare”, piuttosto che dell’andare; del fermarsi, piuttosto che del camminare.
Eppure, come la stessa etimologia del termine assemblea è capace di evocare (assemblea, da ad-simulare, mettere insieme; secondo altri da simul ambulare, camminare insieme), il tema del camminare non è affatto estraneo all’evento del convenire liturgico: si cammina per andare all’assemblea; si cammina dentro l’assemblea, nei diversi movimenti previsti dal rito (tra tutti, quello della comunione eucaristica); si cammina al termine della celebrazione, per sciogliere l’assemblea e fare ritorno alla vita quotidiana, nella prospettiva del servizio testimoniale e della vita vissuta come missione.
Certamente si cammina per convenire verso una meta ed insieme una sorgente: nella statio dell’assemblea radunata per la celebrazione dei misteri si manifesta al contempo il mistero del Signore che si fa presente in mezzo ai suoi e il mistero della Chiesa che si riceve dal suo Signore.

Pregare per le nostre guide e chi ci governa

“Esorto dunque, prima di ogni altra cosa, che si facciano suppliche, preghiere, intercessioni, ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che sono costituiti in autorità, affinché possiamo condurre una vita tranquilla e quieta in tutta pietà e dignità.” In questi versi riceviamo una chiara esortazione dall’apostolo Paolo che dobbiamo pregare per tutte le persone. Questo include coloro che saranno chiamati a governare l’Italia dopo le votazioni. Quando guardiamo alla politica e a chi ha il potere e a coloro che lottano per il potere può sembrare come se questo sia un compito inutile. Possiamo quasi chiederci che tipo di aiuto sarebbe pregare per persone forse lontane da Dio e orgogliose, che certamente non sono disposte ad essere guidate da Dio! È bene prestare attenzione a quello che ha scritto Paolo e pregare per le nostre guide e chiedere a Dio di guidare le loro vie. Possiamo chiedere a Dio di agire e guidare le questioni affinché possiamo condurre “una vita tranquilla e quieta in tutta pietà e dignità.”
Per esempio, possiamo pregare che non passi alcuna legge o che non venga presa alcuna decisione che abbatterebbe l’integrità morale del paese. Possiamo chiedere che l’interesse personale, la rincorsa al successo, alla ricchezza non debba prendere il sopravvento nel pensiero dei politici. Possiamo anche chiedere a Dio di proteggere la sicurezza della nostra patria soprattutto per il bene delle nostre famiglie, la loro serenità, la loro tranquillità e dignità. Possiamo chiedere che vengano tutelate le persone più povere, fragili, anziane. Possiamo chiedere che i giovani possano avere un futuro garantito sia per il lavoro che per una vita all’altezza delle aspettative. Che i più piccoli possano crescere in ambienti educativi validi e di estrema sicurezza. Possiamo chiedere a Dio tutto ciò che riteniamo utile per il bene comune.

Torniamo al gusto del pane

“Torniamo al gusto del pane. Per una Chiesa eucaristica e sinodale”.
È il tema del XXVII Congresso Eucaristico Nazionale a Matera. Il Consiglio Episcopale Permanente della Conferenza Episcopale Italiana lo ha definito «parte integrante del Cammino sinodale delle Chiese in Italia, in quanto manifestazione di una Chiesa che trae dall’Eucaristia il proprio paradigma sinodale».
Se Chiesa e Sinodo sono sinonimi, come affermava Giovanni Crisostomo, entrambi hanno nell’Eucaristia la fonte della comunione, il principio della missione e il sostegno per il cammino. La prassi celebrativa e la riflessione teologica ci insegnano che anche Chiesa ed Eucaristia non si possono pensare se non fortemente unite attraverso la partecipazione alla mensa di Cristo, quando secondo le parole di sant’Agostino, «fatti membra del suo corpo, siamo trasformati in colui che abbiamo ricevuto». Lì, Eucaristia e Chiesa appaiono così strettamente congiunte da essere l’unico Corpo di Cristo.
A Matera, le Chiese che sono in Italia in cammino sinodale si ritroveranno intorno all’Eucaristia per vivere un tempo di contemplazione e di preghiera. In quelle giornate, a far da guida sarà il tema del Pane, quel cibo che ci rende partecipi della vita vera e che è, in Cristo, l’offerta a Dio di noi stessi e del mondo intero. Il Signore «ci raduni intorno alla mensa, ci doni di tornare al gusto del pane: frutto della terra, segno del suo amore, che diffonde il profumo del lavoro dell’uomo. Dal fuoco dello Spirito è reso nutrimento che di molti fa uno, Vita nuova per il mondo». Con queste parole, che risuoneranno nel canto dell’inno del Congresso Eucaristico, nella preghiera e nelle celebrazioni Eucaristiche ci sentiamo uniti a tutti coloro che
vivranno di persona il Congresso Eucaristico Nazionale.

Congresso Eucaristico a Matera

Insieme siamo l’unico corpo di Cristo, l’unica famiglia di Dio.
Il senso di appartenenza ci conferma che solo insieme esprimiamo la Chiesa e mostriamo la bellezza di essere immagine e somiglianza di Dio. Siamo inseriti nel mistero trinitario dove la relazione tra le persone esprime la pienezza dell’amore fecondo, mentre la solitudine e l’isolamento producono la sterilità di un amore autoreferenziale. È nell’Eucaristia che Gesù si è fatto nostro cibo e bevanda di salvezza, consentendoci di essere in comunione piena con lui, attraverso la comunione che si vive con i fratelli. È esattamente il contrario di quella forma rituale che diventa ripetitiva esclusivamente per rispettare un precetto e ricevere la comunione ma senza vivere la comunione. È la logica dell’abitudine, della ripetitività formale.
Tornare al gusto del pane significa soprattutto ripartire dall’Eucaristia.
Una Chiesa che rispondendo alle sfide del momento presente pone l’Eucaristia quale “fonte e apice di tutta la vita cristiana”. Il cammino sinodale è risposta a quanto lo Spirito Santo sta suggerendo e indicando: Chiesa che ascolta, partendo dal basso, in uscita. «Le nostre Chiese in Italia sono coinvolte nel cambiamento epocale; allora non bastano alcuni ritocchi marginali per mettersi in ascolto di ciò che, gemendo, lo Spirito dice alle Chiese. Siamo dentro le doglie del parto.
È tempo di sottoporre con decisione al discernimento comunitario l’assetto della nostra pastorale, lasciando da parte le tentazioni conservative e restauratrici e, nello spirito della viva tradizione ecclesiale – tutt’altra cosa dagli allestimenti museali – affrontare con decisione il tema della “riforma”, cioè del recupero di una “forma” più evangelica; se la riforma è compito continuo della Chiesa»

Il logo del Congresso Eucaristico (2)

Il logo è definito da una circonferenza, la quale contiene al suo interno gli elementi che esprimono simbolicamente i contenuti del CEN. La circonferenza in sé rappresenta il fulcro del tema, ovvero il Pane Eucaristico. La circonferenza aperta, i dodici chicchi di grano e le brattee rappresentano i dodici apostoli e l’apostolato di ogni battezzato nella direzione di una comunione di una “Chiesa in uscita”, come ospedale da campo. Lo stelo della spiga delinea la forma dell’Eucaristia, attraversando il pane di Matera, contenuto all’interno della circonferenza. Pane che tagliato appare sempre sotto forma di cuore: il cuore di Dio.
Il profilo dei Sassi di Matera e la croce del campanile richiamano la Chiesa locale che accoglie quella italiana per celebrare il Congresso. Una città fra le più antiche del mondo, con oltre 150 chiese rupestri, piccola ma capace, alla luce dell’esperienza di Capitale Europea della Cultura del 2019, di accogliere anche 50.000 persone in un solo giorno. A Matera converge la Chiesa italiana. Da Matera, nel cammino sinodale, riparte la Chiesa italiana con il pane che rimanda a quello eucaristico: “il pane della vita…Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno” (Gv 6,48.51).

Giovedì eucaristico

La nostra vita quotidiana deve essere “Eucaristia”, movimento di amore e di adorazione verso Dio, il movimento in cui unicamente può essere rivelato e adempiuto il significato e il valore di tutto ciò che esiste.
Sappiamo di aver perduto questa vita eucaristica e che, nel Cristo, il nuovo Adamo, l’uomo perfetto, la vita eucaristica fu restituita all’uomo. Perché egli stesso fu la perfetta Eucaristia. Egli offrì se stesso in totale obbedienza, in totale amore e rendimento di grazie a Dio. Dio era la sua vera vita. Ed egli diede a noi questa vita perfetta ed eucaristica.
In lui, Dio divenne la nostra vita. E perciò questa offerta a Dio del pane e del vino, del cibo che noi dobbiamo mangiare per vivere, è la nostra offerta a lui di noi stessi, della nostra vita e del mondo intero.
Questa è la nostra Eucaristia.

Fuoco

Matera è citta di Maria e della Visitazione. Chi ha messo in movimento Maria per andare a visitare la cugina Elisabetta è stato il fuoco dello Spirito Santo che ha concepito in lei Gesù, cibo di vita eterna. A Matera c’è una spiritualità trinitaria, cristologica, mariana al punto che dal 27 novembre 1954 si fregia del titolo di Civitas Mariae, quando il Consiglio comunale, a seguito dell’Anno mariano, si fece portavoce della richiesta dei cittadini presso il proprio vescovo. Una scelta confermata da S. Giovanni Paolo II, il quale, durante l’Eucaristia celebrata sulla piazza di Matera il 27 aprile 1991, ebbe a dire che questa è la Diocesi della Visitazione e del Magnificat, ampliando questa caratterizzazione mariana all’intera Arcidiocesi di Matera-Irsina. La festa della Visitazione corrisponde alla festa della Madonna della Bruna che a Matera continua ad essere celebrata sempre il 2 luglio nonostante la riforma liturgica.
Nella civiltà contadina i pani lievitati venivano portati nei forni più vicini da alcuni garzoni che passavano a raccoglierli sistemandoli su una tavola posta sulla testa. Per sapere di chi fossero i pani, questi venivano timbrati. Il timbro, con le iniziali del capo famiglia o con un simbolo, era segno di appartenenza.
Il pane diviene così il segno della comunione, della fraternità, dell’appartenenza all’unica famiglia che si nutre dell’unico pane che è sacro, che viene spezzato e distribuito dal capo famiglia ai componenti della famiglia. Esattamente come fece Gesù quando istituì l’Eucaristia.

Terra

«Una caratteristica che animava la vita sociale nei paesi del Sud Italia era il vicinato. Nei Sassi si è maggiormente sviluppato in una micro-aggregazione con più famiglie che avevano le loro case-grotta in una forma urbana attorno ad una piccola piazzetta. Ogni famiglia era di aiuto e sostegno all’altra: il bene
comune superava quello personale, la solidarietà allontanava ogni forma di egoismo.

Il bisogno di stare insieme manifestava che oltre la singola famiglia esiste una grande famiglia che è la comunità. Nell’assemblea liturgica domenicale si manifestava pienamente. Di domenica, per vivere il senso della festa, si usciva dalle proprie case-grotta con il vestito bello, soprattutto a Natale, a Pasqua e il 2 luglio per la festa della Madonna della Bruna: la Visitazione della Madonna a S. Elisabetta.
Dai Sassi si usciva anche per fare i pellegrinaggi verso i luoghi di culto più significativi: a maggio al Santuario di Picciano, il lunedì dell’Angelo alla chiesa di S. Liborio ai Cappuccini, alla chiesa di Cristo alla Gravinella a marzo. Tutti luoghi dove la famiglia del vicinato confluiva nell’unica famiglia di Dio, la Chiesa. Tutti figli dell’unico Padre, in cammino dietro alla Madre per ricevere la Parola del Figlio, Gesù, partecipare all’Eucaristia sperimentando di essere Corpo di Cristo, sentendo la forza dello Spirito Santo» .
I prodotti della terra sono il segno della provvidenza divina. L’amore e il rispetto per la terra avevano un valore di sacralità: il ventre della vita fecondata dall’acqua.

Acqua

«Matera oltre che città del pane è anche città dell’acqua. Uno dei motivi che ha portato l’Unesco a inserire Matera nel patrimonio dei Beni dell’Umanità nel 1993 è stata l’attenzione verso il sofisticato, intricato e ingegnoso sistema di raccolta e distribuzione delle acque piovane e risorgive. Il sistema di raccolta delle acque nella terra materana trova già la sua canalizzazione nel tempo del Neolitico. Condizionati dalla
configurazione geologica, i Sassi sono stati scavati nella calcarenite costruendo nel tempo un agglomerato urbano di abitazioni, strutturato a terrazzamenti, seguendo il canyon dove scorre il torrente Gravina.
Questa struttura urbana ha sviluppato negli abitanti l’ingegno di raccogliere e distribuire l’acqua in ogni casa, scavando delle cisterne. Interessanti sono le cisterne enormi realizzate in diversi punti della città,
incominciando dalla piazza principale, fino a quella vicina alla chiesa del Purgatorio Vecchio: i palombari. Non si può venire a Matera senza visitare questi luoghi. Matera, Città millenaria, inserita nel bacino del Mediterraneo, guarda Maria come la “Grande Madre”, come Colei dalla quale scaturisce la sorgente della Vita: nel cuore del Sasso Caveoso sorge la Chiesa rupestre della Madonna de Idris con chiari riferimenti all’acqua della prima creazione e all’Annunciazione come nuova creazione.
Le donne di Matera salivano, arrampicandosi lungo lo sperone di roccia, per arrivare alla chiesa e ringraziare la Madonna per il dono dell’acqua, elemento base della vita ma anche simbolo sotterraneo di Matera.
Ogni goccia d’acqua era da custodire, non andava sprecata. Ed è l’acqua che è capace di amalgamare la farina donando vita ad un impasto che, con il lievito madre, cresce nel segno della SS. Trinità, nutrimento per ogni famiglia, di ogni corpo che richiama l’appartenenza al corpo di Cristo: tante membra un solo
corpo che è la Chiesa, la famiglia di Dio, popolo in cammino».