Messa di Prima Comunione

“Lasciate che i bambini vengano a me”, così ha detto Gesù agli Apostoli, e noi, comunità parrocchiale, domenica 7 maggio durante la celebrazione eucaristica, facciamo nostro questo invito di Gesù per 13 ragazzi e ragazze che riceveranno per la prima volta il sacramento dell’Eucaristia. 
Verranno chiamati per nome, perché il Signore li conosce e li ama da sempre, ed essi con il loro “eccomi” dichiareranno di essere pronti, davanti alla comunità parrocchiale, a ricevere Gesù Eucaristia. La Chiesa addobbata a festa, gremita di familiari, parenti ed amici manifesterà la gioia a questi ragazzi emozionati.
La prima comunione rappresenta un momento fondamentale nella vita di un credente perché, riprendendo le parole di Papa Francesco, “da questo sacramento dell’amore, scaturisce ogni autentico cammino di fede, di comunione e di testimonianza”.
La prima raccomandazione che facciamo a loro è quella di “mantenere il legame di comunione con Gesù” con la partecipazione sempre alla messa domenicale e continuare il cammino di crescita umana e spirituale svolto sino a questo momento.
Per le catechiste, condurre per mano questi ragazzi a questo incontro speciale, è stato ed è un dono grande anche per loro: “è dando che si riceve”.
Ai loro genitori dico di accompagnare i loro figli in chiesa e fermarsi con loro, facendo festa con loro ogni domenica. Gesù ci aspetta! Fate ai vostri figli il dono più grande, donategli Gesù, fateli crescere con la presenza costante di Gesù nella loro vita, insegnate loro a rivolgersi a Gesù come ad un amico.
I figli vi sono stati affidati perché li aiutate a crescere per Lui e in Lui.
Cari ragazzi, conservate sempre nel vostro cuore la purezza e il candore di questo giorno perché tanto più pura sarà la vostra anima tanto più luminoso sarà il vostro cammino verso Gesù. Siate sempre luce riflessa dell’Amore di Dio da portare alle persone che incontrerete nella vostra vita.
Questo momento di festa deve essere l’occasione per la comunità cristiana di ritrovare la freschezza e il vigore autentico di una fede che magari si è un po’ assopita, ma anche motivo per vivere in forma semplice ed essenziale, l’importanza della fede condivisa per un cammino di crescita e di testimonianza, che sappia accompagnare ogni età della vita.

Giovedì Eucaristico

L’adorazione è l’unico culto dovuto solo a Dio. Quando Satana cercò di tentare Gesù nel deserto gli offrì tutti i regni, tutto il potere di questo mondo se lo avesse adorato. Satana, nel suo orgoglio di follia, pretende l’adorazione dovuta a Dio. Gesù gli rispose con la Scrittura: «Solo Dio adorerai e a Lui solo renderai culto.
Che cos’ è l’adorazione eucaristica?
È adorare alla Presenza reale e divina di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, nell’Eucaristia.
Nell’Eucaristia adoriamo Dio in Gesù Cristo, e Dio è Uno e Trino, perché in Dio non ci sono divisioni. Gesù Cristo è uno con il Padre e lo Spirito Santo, e come insegna il Concilio di Trento, è veramente, realmente, sostanzialmente presente nell’Eucaristia.
L’Eucaristia è il più grande tesoro della Chiesa offerto a tutti affinché tutti possano ricevere attraverso essa abbondanti grazie e benedizioni. L’Eucaristia è il sacramento del sacrificio di Cristo, del quale facciamo memoria e che rendiamo attuale in ogni Santa Messa ed è anche la sua Presenza viva in mezzo a noi. Adorare è entrare in relazione intima con il Signore presente nel Santissimo
Sacramento. Chi adora da testimonianza d’ amore, dell’amore ricevuto e dell’amore ricambiato, e molto di più da testimonianza della propria fede.
Davanti al mistero ineffabile non ci sono parole, solo silenzio adorante, solo presenza che parla ad un’altra presenza. Solo l’essere creato davanti all’ Essere, davanti all’ unico Io sono, da dove viene la sua vita. È lo stupore di chi sa che Dio è qui! Veramente qui!

Giovedì Eucaristico

Adorare Gesù nel Santissimo Sacramento è la risposta di fede e di amore a Colui che essendo Dio, si è fatto uomo, si fece nostro Salvatore , ci ha amati fino a donare la sua vita per noi e continua ad amarci di amore eterno. È il riconoscimento della misericordia e della maestà del Signore, che ha scelto il Santissimo Sacramento per rimanere con noi fino alla fine del mondo.
Il cristiano adorando Cristo riconosce che Egli è Dio, adorandolo davanti al Santissimo Sacramento testimonia la sua Presenza reale , vera e sostanziale nell’Eucaristia. Coloro che adorano non solo compiono un atto sublime di devozione, ma anche danno testimonianza del più grande tesoro che ha la Chiesa , il dono di Dio stesso, il dono che fa il Padre del Figlio, il dono di Cristo di se stesso, il dono che proviene dallo Spirito: l’Eucaristia. Se la comunione sacramentale è prima di tutto un incontro con la Persona del mio Salvatore e Creatore, l’adorazione eucaristica è una estensione di tale riunione. Adorare è un modo sublime per rimanere nell’amore del Signore.
Chi adora da testimonianza d’ amore, dell’amore ricevuto e dell’ amore ricambiato, e molto di più da testimonianza della propria fede. È lo stupore di chi sa che Dio è qui.

Giovedì eucaristico

Gesù ci dice di adorare

L’Adorazione Eucaristica è un culto, vero e proprio, dovuto solo a Dio.
È Gesù stesso a testimoniare che solo a Dio si deve adorazione quando, alle tentazioni di satana nel deserto, rifiutò di adorare il demonio. “Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse: “Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai”. Ma Gesù gli rispose: “Vattene, satana! Sta scritto: Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto”.
Gesù Cristo Dio, nella sua ultima Cena con gli Apostoli, rivelò che il pane dell’altare sarebbe diventato il suo Corpo, il cibo per i credenti che avessero voluto professare quel mistero.
Così, ogni volta che il sacerdote pronuncia le parole della consacrazione dell’ostia, permette che Cristo Dio sia presente realmente nel Santissimo Sacramento.
Essendo Gesù Cristo, vero Dio (e vero uomo), presente nell’Eucaristia, gli si deve adorazione.
Allora, il pane consacrato nell’Eucarestia, il Corpo vivo del Cristo, viene esposto nell’ostensorio, sull’altare. Dinanzi ad esso, non possiamo che rendere devotamente omaggio.
Gli occhi fissi a quel Pane che ci rende miti e sereni, ci proietta e ci trasporta nella dimensione spirituale che ci collega, in comunione, al Signore.
Portiamo davanti a Lui tutto il nostro essere, il nostro vissuto, la nostra quotidianità, le gioie, piccole o grandi, le soddisfazioni, gli impegni, i sacrifici, i propositi e le nostre angustie, fragilità, cadute, insuccessi, delusioni e tutte le avversioni che ci confondono il cuore.
Sentiamo che, nel silenzio dell’ascolto, il Signore fa pulizia nella nostra anima; la libera da tutto quello che non è necessario alla nostra salvezza, alla comprensione di chi dovremmo essere, per volere del Creatore. Così, riusciamo a permettere che quello spazio sia riempito da Cristo, che vive in noi e per noi. Assaporiamo la pace che tanto cercavamo perché rimanere, li, in adorazione è già sufficiente a capire il mistero del Dio presente e annuire al suo messaggio.


Giovedì eucaristico

L’adorazione è una sosta per ricevere e donare amore a Dio.
È uno stare vicino a Lui, pregando o semplicemente anche stando in silenzio.
Dio accetta tutto, anche il nostro silenzio, perché Lui legge nel cuore di ognuno di noi.
E per questo motivo, l’adorazione eucaristica sta diventando per la nostra comunità parrocchiale è un momento importante nel cuore della settimana. Si guarda a quell’amore diventato pane.
Questo luogo di adorazione intensa deve contagiare tutti i luoghi della nostra vita facendo diventare il nostro stesso cuore un santuario di adorazione.


Giovedì eucaristico

Stare a tu per tu con il Signore, contemplarlo nell’Eucarestia è uno dei momenti più belli che arricchisce la nostra anima. Ci appaga interiormente, ci fa sentire ascoltati ed amati. 
Ma cosa significa “adorare” Gesù nel Santissimo Sacramento? Lui è lì, esposto sull’altare e, ancora una volta si offre a noi, ci invita a stare con Lui in una forma ancora più vicina, quasi intima e riservata. Ci chiede di aprire il nostro cuore, di parlargli, in particolare se abbiamo dubbi, incertezze o difficoltà Lui è lì che ci ascolta.


Giovedì eucaristico

La preghiera non è conquista dell’uomo. È dono. La preghiera non nasce allorché “voglio” pregare. Ma quando mi è “dato” di pregare. È lo Spirito che ci dona e rende possibile la preghiera. La preghiera non è iniziativa umana. Può essere soltanto risposta. Dio mi precede sempre.
Con le Sue parole. Con le Sue azioni. Senza le “imprese” di Dio, i Suoi prodigi, le Sue gesta, non nascerebbe la preghiera. Sia il culto come l’orazione personale sono possibili soltanto perché Dio “ha compiuto meraviglie”, è intervenuto nella storia del Suo popolo e nelle vicende di una Sua creatura. Maria di Nazareth ha la possibilità di cantare, “magnificare il Signore”, unicamente
perché Dio “ha fatto cose grandi”. Il materiale per la preghiera viene fornito dal Destinatario.
Non ci fosse la Sua parola rivolta all’uomo, la Sua misericordia, l’iniziativa del Suo amore, la bellezza dell’universo uscito dalle Sue mani, la creatura rimarrebbe muta. Il dialogo della preghiera si accende quando Dio interpella l’uomo con dei fatti “che mette sotto i suoi occhi”. Ogni capolavoro ha bisogno di apprezzamento. Nell’opera della creazione è l’Artefice Divino stesso che si compiace della propria opera: “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona”. Dio gode di quanto ha fatto, perché si tratta di una cosa molto buona, molto bella.
È soddisfatto, oserei dire “sorpreso”. L’opera è perfettamente riuscita. E Dio si lascia sfuggire un “oh!” di meraviglia. Ma Dio aspetta che il riconoscimento nello stupore e nella gratitudine avvenga anche da parte dell’uomo. La lode non è altro che l’apprezzamento della creatura perciò che ha fatto il Creatore. “Lodate il Signore: è bello cantare al nostro Dio, dolce è lodarLo come a Lui conviene”. La lode è possibile soltanto se ci si lascia “sorprendere” da Dio.
La meraviglia è possibile esclusivamente se si intuisce, se si scopre l’azione di Qualcuno in ciò che sta davanti ai nostri occhi. La meraviglia implica la necessità di fermarsi, ammirare, scoprire il segno dell’amore, l’impronta della tenerezza, la bellezza nascosta sotto la superficie delle cose. “Ti lodo perché mi hai fatto come un prodigio; sono stupende le Tue opere”.
Bisogna che il “fare” sfoci nel “vedere”, la corsa s’interrompa per lasciar posto alla contemplazione, all’adorazione, la fretta lasci il posto alla sosta estatica.


Giovedì eucaristico

Che cosa vuol dire adorare Dio? Significa imparare a stare con Lui, a fermarci a dialogare con Lui, sentendo che la sua presenza è la più vera, la più buona, la più importante di tutte. Ognuno di noi, nella propria vita, in modo consapevole e forse a volte senza rendersene conto, ha un ben preciso ordine delle cose ritenute più o meno importanti.
Adorare il Signore vuol dire dare a Lui il posto che deve avere; adorare il Signore vuol dire affermare, credere, non però semplicemente a parole, che Lui solo guida veramente la nostra vita; adorare il Signore vuol dire che siamo convinti davanti a Lui che è il solo Dio, il Dio della nostra vita, il Dio della nostra storia.

La vera adorazione di Dio viene da un cuore che desidera soltanto Lui.
Questo era esattamente il punto su cui si sbagliavano i samaritani; questi cercavano di adorare sia Dio che gli idoli, e questo viene riaffermato dal Signore Gesù Cristo quando discute sull’argomento della vera fede con la donna samaritana che venne a prendere l’acqua nel pozzo. “Voi adorate quel che non conoscete”. Queste persone adoravano Dio “senza convinzione” perché il loro affetto completo non riposto in Dio. È possibile persino per i veri credenti cadere in questo errore. Possiamo non acconsentire al fatto di avere degli idoli fisici, come facevano invece i samaritani, ma cosa assorbe la nostra volontà, il nostro tempo, le nostre risorse più di ogni altra cosa? Sono forse cose come la carriera, i possedimenti materiali, il denaro, la salute, o persino la nostra famiglia? Gridiamo a gran voce, come il re Davide nel Salmo 63:5: “L’anima mia sarà saziata come di midollo e di grasso, e la mia bocca ti loderà con labbra giubilanti”. Solo Dio dovrebbe soddisfare il cuore dell’uomo rigenerato e la sua risposta a quella soddisfazione divina, paragonabile al migliore dei cibi, è il frutto delle labbra che cantano la lode di Dio.


Giovedì eucaristico

L’esposizione del SS. Sacramento, fatta sulla mensa dell’altare, attira la nostra attenzione sui segni del Sacramento. Vado a pregare perché sono «attirato», mi accorgo, mi rendo conto del segno del Pane, che significa qualcosa di preciso. La presenza del Signore, messa in risalto dall’esposizione, domanda che non ci siano altri centri di attrazione che sminuiscano, in qualche modo, la semplicità della concentrazione sul Pane consacrato. L’attenzione deve essere concentrata sulla persona di Cristo. Chi crede veramente di trovarsi alla presenza del Signore Gesù, come può allontanarsi su altre strade? Sarebbe un’imperdonabile mancanza di rispetto e, in ultima analisi, di fede. Con l’esposizione entriamo nel dinamismo di un rapporto, fatto di segni, che ci inserisce in una comunione profonda con Cristo e con i fratelli, nel contesto di una comunità, per diventare significativi nella Chiesa. L’adorazione ci porta alla comunione e crea la comunità. L’adorazione, come assemblea, porta un arricchimento nello sviluppo della vita fraterna, stimola lo spirito di unità e di carità, favorisce lo spirito di comunione tra i cristiani che adorano dopo aver celebrato. Contemplare insieme, adorare insieme, fortifica una vita di comunione. L’esposizione ci conduce a comunicare al Signore nella fede e nella carità. Riconoscendo la presenza del Cristo si è invitati ad una comunione di cuore con lui. È, quindi, entrare in comunione con Cristo fino a condividere la sua vita nello Spirito, per essere guidati dal suo stesso Spirito d’amore. L’Eucaristia è un progetto di vita da accogliere.
È qualcosa che non mi lascia come prima, ma che mi coinvolge pienamente in un cammino
continuo di conversione a Lui. L’Eucaristia è pienamente vissuta quando ci porta a donare «corpo e sangue», come Gesù, per i fratelli.


Giovedì eucaristico

La Pasqua di Gesù è la chiave (senso, fondamento) di tutta l’esperienza umana, di tutta la realtà umana, di ogni pasqua umana. La preghiera ha come obiettivo la pasqua settimanale: festa, partecipazione, solennità, riposo, solidarietà, entusiasmo, esultanza, memoria delle varie morti e risurrezioni. Ed è preghiera con chi e per chi sta vivendo la pasqua nella propria carne.
Grazie alla preghiera di adorazione la nostra vita quotidiana è trasformata in un prolungamento della celebrazione eucaristica, diventa Eucaristia. La preghiera davanti a Cristo Signore, deve portare i fedeli «ad esprimere nella vita ciò che nella celebrazione dell’Eucaristia hanno ricevuto con la fede e il sacramento»; e ad «estendere e prolungare a tutta la vita cristiana l’unione con Cristo, cui il sacramento è ordinato».
La nostra preghiera è una risposta alla presenza di Cristo nel sacramento dell’altare.
La preghiera di adorazione davanti all’Eucaristia è una preghiera tutta particolare: si prega davanti ad un pezzo di pane, che per noi ha un valore più grande di un pezzo di pane.
La presenza nel pane è la presenza di un Cristo vivo, pasquale, che si dona a noi come pane spezzato da condividere. Perciò la nostra è una presenza a Lui che è la presenza per eccellenza.
Nell’Eucaristia, il centro è qualcuno che agisce, che chiama, che riunisce, che parla, che si dona, che nutre, che salva, che libera, che invia. Il centro è una persona che ama, che si dona per essere amata e chiede di amare. Il centro è il Cristo. Questo centro domanda che io aderisca pienamente a Lui, che io Gli doni tutta la vita, che faccia comunione con Lui per vivere di Lui.
Immedesimandoci con i sentimenti di Cristo, dalla preghiera davanti all’Eucaristia nasce un approfondito senso di appartenenza ecclesiale, di rinnovato impegno missionario, di nuova sensibilità ecumenica, di convinta promozione sociale. È una preghiera fatta in nome della Chiesa, che si apre alla universalità. È una preghiera per il mondo: ci facciamo carico di tutta la realtà che ci circonda, soprattutto della sofferenza, del male e del peccato.