Assenze o scelte che fanno soffrire

Care mamme e cari papà, mi rivolgo direttamente a voi.
Mi spinge una forte preoccupazione che vorrei condividere. Vi ringrazio se riuscite a dedicare qualche minuto alla lettura di questo mio scritto, che affido alla vostra sensibilità umana e cristiana. 
Prendetelo come una confidenza dettata solo dal bene che voglio a voi, ai vostri ragazzi e al popolo che mi è stato affidato.
È facilmente visibile, nel tempo estivo e quando non ci sono in calendario gli incontri di catechesi dell’Iniziazione Cristiana, l’assenza totale dei bambini, dei ragazzi e anche dei genitori alla Messa domenicale e festiva. Questo dato di fatto è davvero preoccupante. Oppure, quando riprende la catechesi, qualcuno accompagna il figlio in chiesa, ma non si ferma per la Messa.
La prima cosa che desidero è vedere tutta la famiglia unita, come lo è in tanti momenti e occasioni della vostra vita quotidiana, anche durante la Celebrazione Eucaristica. Devo ammettere che non sempre la Messa è coinvolgente per un bambino. È vero, i ragazzi a Messa si stancano e si annoiano. Comprendo quanto sia necessario e urgente rendere le nostre celebrazioni più belle. Ma questa difficoltà non deve
diventare pretesto per giustificare assenze.
Vivace e incoraggiante è invece la presenza di alcuni vostri figli alla catechesi.
E di questo non c’è che da ringraziare il Signore, ma anche voi per la generosa collaborazione offerta.
Per questa scelta potete ben immaginare la mia gioia.
Purtroppo si sta allarga sempre di più una scelta che desta nel mio cuore tanta tristezza: vedere classi intere, o quasi, di catechesi scomparire dopo la Cresima. Oppure non vedere per un anno alla catechesi ragazzi che non devono prepararsi per ricevere un Sacramento.
Il nostro compito di comunità cristiana, che vi ha garantito quando avete chiesto il Battesimo di vostro/a figlio/a, è quello di affiancarci a voi, cari genitori, per aiutarvi e camminare insieme e in maniera costante verso la piena maturità della fede. C’è bisogno infatti che il ragazzo faccia concreta esperienza di Gesù e della Chiesa: esperienza che ha i suoi momenti forti nella vita di famiglia e di comunità parrocchiale.
Mi faccio voce e impegno della nostra comunità cristiana: il sottoscritto, i catechisti e gli operatori pastorali ci mettiamo al vostro fianco per sostenere il cammino cristiano dei vostri figli. 
Senza dimenticare che i primi protagonisti siete voi, essendo diventati educatori nella fede dei vostri ragazzi da quando, nella celebrazione del sacramento, vi siete impegnati ad educare, “secondo la legge di Cristo e della sua Chiesa”, i figli che il Signore vi avrebbe donato.
Non posso che esprimere riconoscenza a quelle famiglie che iscrivono i loro figli alla proposta parrocchiale offrendo così loro un valido percorso di fede.
Incoraggio coloro che, in accordo con i propri figli sospendono per un anno o in maniera definitiva la presenza al catechismo, a rivedere le proprie scelte sempre pensando alla parola data il giorno del Battesimo: ricordo che mantenere una parola è, prima che cristianamente, umanamente, segno di serietà, maturità e responsabilità. Le assenze, il disinteresse, è imputabile ai ragazzi/e? No, cari genitori. Siamo, insieme
famiglia e comunità cristiana, i responsabili della educazione della fede dei vostri figli.
Per questo mi permetto di manifestare il mio dissenso quando (solo in ambito religioso e non si comprende a pieno la ragione) si lascia tranquillamente scegliere ai propri figli senza un intervento determinato dell’adulto.
Cari genitori, ho accennato solo ad alcuni problemi.
Ce ne sarebbero altri. Mi interessava farvi giungere la mia voce, per esprimere il desiderio di incontrare voi e i vostri figli in quello che ritengo essere appuntamenti inderogabile per un cristiano:  la catechesi domenicale e nella domenica la santa Messa, tutti attorno alla mensa della Parola di Dio e dell’Eucaristia e nell’aula per approfondire e maturare la propria fede.
Grazie per la pazienza di avermi letto.
Vi giungano con fraternità il mio saluto e la mia benedizione.

Don Giuseppe

L’Eucaristia è il sacrificio che riconcilia con Dio e tra noi

Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne (Ef 2,14).
Scrive San Giovanni Paolo II in Ecclesia de Eucharistia: La Chiesa vive continuamente del sacrificio redentore, e ad esso accede non soltanto per mezzo di un ricordo pieno di fede, ma anche in un contatto attuale, poiché questo sacrificio ritorna presente, perpetuandosi sacramentalmente, in ogni comunità che lo offre per mano del ministro consacrato. In questo modo l’Eucaristia applica agli uomini d’oggi la riconciliazione ottenuta una volta per tutte da Cristo per l’umanità di ogni tempo (n. 12).
Il sacrificio di Gesù riconcilia con Dio e con i fratelli e le sorelle tutti, poiché siamo realmente suoi figli. È il sacrificio del perdono che riavvicina a Dio e all’intera famiglia umana. Tutto ciò che si frappone o ci allontana da Dio e dagli altri viene superato e vinto dall’amore che guarisce ogni ferita.
L’Eucaristia alimenta il nostro essere “uno” in Cristo nell’unica fede e nell’unico amore. È il pane del perdono, che chiama al sacramento della riconciliazione. È il sostegno necessario alla fatica del nostro ascoltarci, capirci e camminare insieme. È il dono che ricolma ogni mancanza d’amore, rammenda ogni strappo, recupera qualsiasi offesa o affronto subito e procurato. E’ sorgente inesauribile di carità, che irrora nuova vita nei deserti delle solitudini e dei risentimenti umani.

L’Eucaristia unisce intimamente a Cristo

Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da sé stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla (Gv 15,4-5).
Scrive San Giovanni Paolo II in Ecclesia de Eucharistia: L’incorporazione a Cristo, realizzata attraverso il Battesimo, si rinnova e si consolida continuamente con la partecipazione al Sacrificio eucaristico, soprattutto con la piena partecipazione ad esso che si ha nella comunione sacramentale.
Possiamo dire che non soltanto ciascuno di noi riceve Cristo, ma che anche Cristo riceve ciascuno di noi. Egli stringe la sua amicizia con noi: «Voi siete miei amici». Noi, anzi, viviamo grazie a Lui: «Colui che mangia di me vivrà per me». Nella comunione eucaristica si realizza in modo sublime il «dimorare» l’uno nell’altro di Cristo e del discepolo: «Rimanete in me e io in voi»  (n. 22).
La comunione con Cristo è piena nel dono eucaristico.
Uniti nell’offerta d’amore, mangiandone la carne e bevendone il sangue facciamo corpo con Lui. La sua vita diventa nostra e noi siamo il suo tabernacolo vivente. Il Signore, amico fedele, non si accontenta di camminare al nostro fianco, ma viene a noi per rimanere sempre con noi.

L’Eucaristia è il memoriale della Pasqua

Poi prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me» (Lc 22,19).
Scrive San Giovanni Paolo II in Ecclesia de Eucharistia: «Mistero della fede!». Quando il sacerdote pronuncia o canta queste parole, i presenti acclamano: «Annunziamo la tua morte, Signore, proclamiamo
la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta». In queste o simili parole la Chiesa, mentre addita il Cristo nel mistero della sua Passione, rivela anche il suo proprio mistero: Ecclesia de Eucharistia. In questo dono Gesù Cristo consegnava alla Chiesa l’attualizzazione perenne del mistero pasquale. (n. 5).
L’Eucaristia è il sacramento che rende presente la Pasqua di Gesù, donandoci la possibilità di riviverla in ogni tempo e in ogni luogo per riceverne i frutti e condividere la novità di vita del Risorto. La Chiesa considera l’Eucaristia il tesoro più prezioso lasciatole da Cristo a nutrimento, sostegno, unità per l’intero corpo ecclesiale, che viene assimilato al Signore nella condivisione del dono di sé e della vita senza fine che scaturisce da questo amore. Siamo tutti riportati al Calvario per cogliere dall’albero della croce il frutto della redenzione. L’Eucaristia ci pone di fronte alla tomba vuota per risorgere con Cristo, diventando popolo sacerdotale, profetico, regale inviato a rendergli testimonianza.

Il povero grida e il Signore lo ascolta (2)

Chiediamo di crescere nella speranza. Che cosa è la speranza? È un modo nuovo di guardare ciò che sta alle nostre spalle, ciò che abbiamo tra le mani e ciò che ci attende, perché è il modo in cui Dio guarda. Lo sguardo di Dio è uno sguardo splendido, di misericordia, di cura, di pazienza, carico di promessa; e dentro questo sguardo vediamo tutto in modo diverso, perché capiamo che ciò che ci sta alle spalle, ciò che abbiamo tra le mani e ciò che ci attende è dentro un disegno di provvidenza. Una provvidenza che ha cura amorevolissima della nostra vita. Una cura che si perde nell’eternità. Perché supplichiamo il Signore che accresca in noi la speranza? Perché vivere senza speranza o con una speranza piccola non è bello; mentre vivere con speranza, con una grande speranza è bello. È bellissimo!
E come per la fede, anche la speranza cambia la nostra vita in meglio. In meglio!
È per questo che la chiediamo: «Signore accresci la nostra speranza».
Chiediamo di crescere nella carità. La carità non è semplicemente un voler bene umano. No! Sarebbe troppo poco. Anche perché sappiamo che il voler bene umano, l’amare con le capacità del nostro cuore è qualcosa di tanto fragile: oggi c’è e domani non c’è, oggi è acceso come una fiamma ma domani è spento e senza calore. Noi chiediamo, invece, che il nostro cuore possa essere acceso da quella carità che è lo stesso amore di Dio riversato nei nostri cuori: una fiamma che non si spegne, un calore che non si attenua, una capacità di dono che non viene mai meno e che partecipa delle profondità dell’amore del cuore del Signore.
Perché chiediamo al Signore di crescere nella carità? Perché vivere senza carità o con poca carità non è bello; mentre vivere con carità e con una grande carità è bello, è straordinariamente bello! E la nostra vita cambia davvero in meglio.
È conveniente vivere di fede grande, vivere di speranza grande, vivere di carità grande: perché in questa fede, in questa speranza, in questa carità la nostra vita, anche da un punto di vista umano, fiorisce in tutte le sue potenzialità ed è bella di una bellezza che altrimenti mai potremmo avere o sperimentare. Ecco perché, con il cuore povero, all’inizio di questo anno catechistico diciamo: «Signore accresci la mia fede, accresci la mia speranza, accresci la mia carità. Accresci tutto questo, perché possa fare esperienza di quella bella notizia che è la Tua presenza di salvezza nella mia vita, nella nostra vita».

L’Eucaristia edifica la Chiesa

Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane (1Cor 10,16-17).
Scrive San Giovanni Paolo II in Ecclesia de Eucharistia: Con la comunione eucaristica la Chiesa è parimenti consolidata nella sua unità di corpo di Cristo. San Paolo si riferisce a questa efficacia unificante della partecipazione al banchetto eucaristico quando scrive ai Corinzi. Puntuale e profondo il commento di san Giovanni Crisostomo: «Che cos’è infatti il pane? È il corpo di Cristo. Cosa diventano quelli che lo ricevono? Corpo di Cristo; ma non molti corpi, bensì un solo corpo. Infatti, come il pane è tutt’uno, pur essendo costituito di molti grani, e questi, pur non vedendosi, comunque si trovano in esso, sì che la loro differenza scompare in ragione della loro reciproca perfetta fusione; alla stessa maniera anche noi siamo uniti reciprocamente fra noi e tutti insieme con Cristo». L’argomentazione è stringente: la nostra unione con Cristo, che è dono e grazia per ciascuno, fa sì che in Lui siamo anche associati all’unità del suo corpo che è la Chiesa. L’Eucaristia rinsalda l’incorporazione a Cristo, stabilita nel Battesimo mediante il dono dello Spirito(n. 23).
Siamo “convocati” attorno alla mensa eucaristica per essere Chiesa: ascoltiamo la Parola del Signore, professiamo la fede, ci alimentiamo alla sorgente dell’amore, cresciamo nella fraternità. La comunione con il Corpo e il Sangue di Cristo rende i molti un solo Corpo, poiché tutti partecipiamo di un solo Pane.
La celebrazione eucaristica rappresenta e realizza visibilmente l’appartenenza al Corpo di Cristo e la coappartenenza tra i cristiani in Lui.

Il povero grida e il Signore lo ascolta (1)

Il Signore ascolta il grido di colui che è povero, che si fa povero, perché si rende consapevole che senza di Lui non può nulla. La preghiera che sale a Dio da un cuore che si è fatto povero, perché consapevole che non può nulla senza il suo Signore, non soltanto è ascoltata ma è anche esaudita. E noi oggi vogliamo farci poveri, davvero poveri, perché la nostra preghiera venga ascoltata e venga esaudita. Ma quale preghiera? È la nostra comunità parrocchiale che dà voce alla preghiera con la quale domandiamo al Signore di accrescere la nostra fede, la nostra speranza e la nostra carità. Questa è la grande preghiera che l’inizio del nuovo anno catechistico ci suggerisce oggi, che la Parrocchia mette sulle nostre labbra e nel nostro cuore, e che noi presentiamo al Signore con un cuore povero.
Chiediamo di crescere nella fede. Che cosa vuol dire? Significa crescere nella consapevolezza e nell’esperienza non soltanto che Dio c’è, che Dio è presente nella nostra vita, che Dio ha a che fare con le nostre gioie e con i nostri dolori, ma anche nella consapevolezza e nell’esperienza che Dio ci ama, che ci ama davvero. È in questa fede che abbiamo bisogno di crescere ed è questa fede che oggi chiediamo di ricevere in dono ancora di più.
Lo chiediamo perché è bello avere la fede, perché è bello avere una fede grande, perché è bello vivere con una fede grande. La nostra supplica sale al Signore – «Accresci la nostra fede» – perché sappiamo che vivere senza fede o con una fede povera non è bello; mentre vivere con una fede e con una fede grande è bello, anzi è bellissimo, è esaltante perché cambia la vita, cambia il cuore, cambia il modo con cui affrontiamo, giorno dopo giorno, il cammino dell’esistenza. Cambia tutto in meglio! Per questo, dal profondo del cuore, chiediamo al Signore che accresca in noi la fede.

Apertura anno Catechistico

Carissimi cristiani di san Fiorano, come comunità cristiana, all’inizio del nuovo anno catechistico, rivolgiamo al Signore questa preghiera: «Fa’ che amiamo ciò che comandi».
È una preghiera tanto bella, perché ci aiuta a ricordare che quello che il Signore comanda, ovvero la parola con la quale ci raggiunge, la volontà che Egli ci manifesta, non è un peso.
Al contrario quella parola e quella volontà ci donano le ali perché possiamo correre e volare nella bellezza della vita di Dio. Non è mai un peso ciò che Dio comanda! È un dono che alleggerisce l’esistenza, che le dona slancio, entusiasmo, passione. Ecco perché chiediamo di amare ciò che il Signore ci comanda. C’è una grande tentazione nella nostra vita: è quella di accontentarci di una fede mediocre, di una speranza mediocre, di una carità mediocre.
E un’altra grande tentazione è quella di immaginare che la vita in Cristo sia un peso, una fatica, quasi un fardello posto sulle nostre spalle. È per questo che la nostra preghiera, da poveri, sale al Signore chiedendo una fede più grande, una speranza più grande, una carità più grande e un’esperienza della vita in Cristo che non sia un peso ma una leggerezza, che non sia un fardello ma una gioia, che non appesantisca il nostro cammino ma lo renda veloce come uno splendido volo attraverso l’esistenza. Questo chiediamo al Signore. Lo chiediamo per noi, certamente, perché capiamo che ne abbiamo bisogno e lo chiediamo con insistenza, con fiducia. Ma, in realtà, chiedendolo per noi, lo chiediamo anche per gli altri e soprattutto per coloro che, a motivo del nostro servizio, avremo modo di avvicinare durante l’anno catechistico. Perché? Perché avvertiamo un bisogno decisivo. Il bisogno che chi ci incontra possa sperimentare, attraverso di noi la bellezza della vita in Cristo, la gioia della vita in Cristo; la bellezza e la gioia di vivere la Parola del Signore e di accogliere la sua volontà nella nostra vita. Chiediamo questa grazia per essere realmente testimoni del Signore. La grazia che la bellezza e la gioia di appartenerGli si possa toccare con mano e la possano toccare con mano quei bambini, quei ragazzi, quei giovani, quegli adulti che accosteremo e ai quali trasmettiamo la fede, la vita in Cristo. Auguriamoci di poter convincere più con la vita che a parole, quanto sia importante e bello il cammino catechistico, sia ai bambini, che ai ragazzi, come agli adolescenti, senza dimenticare i giovani, i genitori e gli adulti.
In questi giorni ho letto una bellissima espressione: essere testimoni significa suscitare invidia. Suscitare invidia, perché chi ci guarda, chi ci vede, arrivi a dire: «Come è bello poter vivere così. Come vorrei anche io vivere così. Qual è il segreto di una vita così?». Non dimentichiamolo: questa è la prima testimonianza attraverso la quale la fede viene trasmessa. Questa è la prima catechesi. La radice di ogni autentica catechesi è suscitare invidia!
Un’invidia dovuta alla nostra vita in Cristo, così bella, così gioiosa, così piena, così attraente e affascinante. Chiediamo, nella preghiera, di essere una comunità cristiana che sappia suscitare in tutti i suoi figli, dai più piccoli ai più grandi, invidia.
Chiediamolo con cuore povero, perché il nostro servizio nell’anno catechistico che va a iniziare possa essere proprio così: una vita che suscita l’invidia ovvero il desiderio di seguire e abbracciare Colui che ha reso così bella, così gioiosa, così piena la vita di ciascuno di noi.

Oggi ricorre la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato

Quanto raccoglieremo durante le sante messe festive di sabato 23 e domenica 24 settembre verrà consegnato per questa finalità.

Lettera ai genitori per l’inizio della Catechesi

Cari genitori,
trasmettere la fede ai figli, è una responsabilità che voi non potete e non dovete dimenticare, trascurare o delegare totalmente.
Siete i primi annunciatori della fede attraverso la preghiera e la pratica cristiana.
Nel giorno del Battesimo del vostro figlio il sacerdote vi ha rivolto questa domanda: “Cari genitori, chiedendo il Battesimo per il vostro figlio, voi vi impegnate a educarlo nella fede, perché, nell’osservanza dei comandamenti, impari ad amare Dio e il prossimo, come Cristo ci ha insegnato. Siete consapevoli di questa responsabilità?”
E voi avete risposto: “Sì”
Iscrivere vostro figlio o vostra figlia alla catechesi non è delegare, ma chiedere aiuto alla comunità parrocchiale perché si affianchi a voi nel cammino della fede.
La catechesi va vissuta proprio come un cammino di fede perché non prepara solo alla Comunione o alla Cresima, ma ad uno stile di vita che si chiama vita cristiana.
Quindi ci vuole un impegno serio e duraturo.
C’è in gioco la qualità della vostra fede e dei vostri figli.
Perché la proposta catechistica che la Parrocchia offrirà in questo anno pastorale possa essere di aiuto alla vostra famiglia (voi con i vostri figli) ritengo sia importante che il giorno del catechismo (la domenica mattina), sia libero da ogni altro impegno.
Ricordo che la prima catechesi che si fa in parrocchia è la Messa della domenica.
Accompagna e completa quella che fate a casa sin da quando i figli erano piccoli.
Per voi la Messa domenicale è forse anche l’unica catechesi. Per i figli è proprio impossibile capire qualcosa della vita cristiana se la catechesi non è collegata alla Santa Messa.
La vostra presenza alla Messa domenicale è importante non solo per voi, ma per i vostri figli e anche per tutti gli altri membri della comunità parrocchiale.
La Messa è l’apice del cammino di fede e il segno più evidente della maturità cristiana.
La partecipazione non è legata solo in occasione della catechesi dei figli, ma dovrebbe diventare il punto di riferimento di ogni domenica e festività (anche quando fa caldo o quando si è in vacanza). Una assenza prolungata alla Messa festiva deve diventare un serio punto di esame di coscienza per ogni cristiano.