I monti di Dio: Sinai-Oreb

1 Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto?

Salmo 121

In questo mese la nostra riflessione sarà a questo primo  Monte. Cosa scopriamo fermandoci su questo monte?

Dio ci invita a spogliarci del vecchio uomo

Il monte Oreb ci ricorda com’è importante spogliarci del vecchio uomo: “Infatti il Signore aveva detto a Mosè: “Di’ ai figli d’Israele: “Voi siete un popolo dal collo duro; se io salissi per un momento solo in mezzo a te, ti consumerei! Ora, dunque, togliti i tuoi ornamenti e vedrò come io ti debba trattare”. E i figli d’Israele si spogliarono dei loro ornamenti, dalla partenza dal monte Oreb in poi” (Esodo 33,5-6). Noi credenti dobbiamo spogliarci del vecchio uomo dal monte Oreb in poi, cioè dal giorno in cui abbiamo incontrato il Signore fino al resto dei nostri giorni. Ricordiamo le parole di Gesù: “Disse loro anche una parabola: “Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo a un vestito vecchio; altrimenti strappa il nuovo, e il pezzo tolto dal nuovo non si adatta al vecchio” (Luca 5,36). Il nostro cammino di consacrazione ci porta giorno dopo giorno a lasciare il vecchio ed a indossare il nuovo: “Non mentite gli uni agli altri, perché vi siete spogliati dell’uomo vecchio con le sue opere e vi siete rivestiti del nuovo, che si va rinnovando in conoscenza a immagine di colui che l’ha creato” (Colossesi 3,9-10).

Dopo esserci spogliati, dobbiamo rivestirci di Cristo Gesù: “Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno, senza gozzoviglie e ubriachezze; senza immoralità e dissolutezza; senza contese e gelosie; ma rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non abbiate cura della carne per soddisfarne i desideri” (Romani 13,13-14). Rivestiamoci della completa armatura di Dio: “Rivestitevi della completa armatura di Dio, affinché possiate star saldi contro le insidie del diavolo; il nostro combattimento infatti non è contro sangue e carne ma contro i principati, contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità, che sono nei luoghi celesti”. (Efesini 6,11-12).

Rivestiamoci di umiltà: “Così anche voi, giovani, siate sottomessi agli anziani. E tutti rivestitevi di umiltà gli uni verso gli altri, perché Dio resiste ai superbi ma dà grazia agli umili” (Efesini 5,5). Solo così saremo vincitori e indosseremo le vesti bianche: “Chi vince sarà dunque vestito di vesti bianche, e io non cancellerò il suo nome dal libro della vita, ma confesserò il suo nome davanti al Padre mio e davanti ai suoi angeli” (Apocalisse 3,5).

Il tempo dell’Avvento

Il tempo di Avvento è la stagione liturgica dell’attesa. Siamo chiamati a entrare nel “tempo di Dio” così che i ritmi del tempo dell’uomo, il tempo della cronologia, diventi il tempo della salvezza, in quanto tempo favorevole perché abitato per sempre da Dio. Grande è la tentazione da cui Gesù ci mette in guardia: nel tempo della vita, dopo avere ricevuto la fede e l’amore di Dio, si corre il rischio di perderli.  Il tempo dell’attesa è tempo di vigilanza costante. Questo è ciò che caratterizza il credente: “che cos’è lo specifico del cristiano”? Vigilare ogni giorno e ogni ora, sapendo che “nell’ora in cui non pensiamo il Signore viene” (San Basilio di Cesarea). Tutto questo l’avevano compreso le prime comunità cristiane che vivevano nelle fede del Cristo venuto e, insieme nella certezza del suo ritorno. Il Signore è già venuto ed è morto per noi, ma la storia sembra continuare come prima: ancora l’ingiustizia, la sopraffazione, la dimenticanza di Dio, il peccato. Da qui un modo cristiano originale di vivere nella storia: un atteggiamento di vigilanza, fatto insieme di attesa e impegno. Vigilare è un uscire da sé per abbandonarsi a Dio.

Nuovo Messale Romano

(Terza edizione)

In concomitanza con l’inizio del periodo dell’Avvento, cominceremo a usare il nuovo Messale romano. Come ricorderete, ho spiegato quali siano le novità principali durante un incontro domenicale. Sono formule che impareremo a utilizzare nella loro nuova veste. Ripercorriamole insieme:

Scorri le pagine per visualizzare le modifiche alle formule

Un tempo per te e un tempo per noi

Concretamente come posso, come puoi, come possiamo vivere l’atteggiamento della Vigilanza? Attraverso una modalità che ci è familiare. Basta solo, magari in questo periodo, intensificarla, migliorala e curarla con maggiore attenzione e costanza. È la preghiera.

La preghiera è il contenuto principale della vigilanza. Tra il chiasso delle voci che ci assalgono da tutte le parti e ci distraggono, vigilare significa, in certi momenti, imporre silenzio a tutto e a tutti, spegnere ogni “audio”, per mettersi alla presenza di Dio, ritrovare se stessi e riflettere sulla propria vita. Pregare è stare sulla soglia, da dove si può gettare uno sguardo sull’altro mondo, il mondo di Dio.

È passare, con il pensiero e con il cuore, “da questo mondo al Padre”.

Se ti fa piacere. Soprattutto se ti può essere utile perché questi pensieri non rimangano solo dell’inchiostro nero scritto su pagina bianca, ti offro alcune possibilità concrete di preghiera a livello personale o/e familiare o/e comunitario.

Preghiera in Famiglia: Potrai trovare all’ingresso della Chiesa un sussidio (preparato dalla nostra Diocesi) per una preghiera quotidiana per tutto il tempo d’Avvento con i tuoi familiari.

Preghiera Individuale: Potrai trovare all’ingresso della Chiesa, ogni settimana, dei libretti ciclostilati che ti propongono una riflessione per ogni giorno della settimana.

Preghiera nella tua Comunità: Per tutto il tempo di Avvento, alla domenica alle ore 16.00, recita dei Vespri, riflessione e benedizione eucaristica.

  • Novena in preparazione alla Solennità dell’Immacolata;
  • la partecipazione ad una messa feriale, ogni settimana, oltre a quella festiva;
  • novena in preparazione al Natale.

Il tempo dell’Avvento

Inizia per la Chiesa, anche per la nostra comunità cristiana il tempo di Avvento. Quest’anno accade in questo strano periodo della nostra vita. Mai forse siamo stati così vicini tutti, così simili, seppure costretti a “tenerci lontani”, a temere di toccarci o respirare la stessa aria. Negli occhi di tante persone è possibile riconoscere la medesima incertezza e talvolta l’angoscia per il futuro.

Proviamo, allora, in questo tempo liturgico a fermarci ulteriormente e lasciamo risuonare dentro di noi quella Parola, il richiamo: «Vegliate!». Sì, è vero, ci si sta assopendo, questa situazione, che si aggiunge a tutti i soliti problemi di ogni giorno, forse ci avvilisce, ci stordisce, e non ci accorgiamo di Colui che, proprio dal futuro che temo, vieni verso di noi. Dobbiamo restare nella calma, come la sentinella nella notte, come il portiere della casa del vero Signore di questo mondo, che ci ha dato, con fiducia, solo un incarico: restate con gli occhi aperti. Non mi deve bastare ciò che dicono gli altri, devo vedere con i miei occhi, sì, devo cogliere i segni, tra tutte le notizie e gli eventi, le Sue tracce mentre viene nella nostra vita, riconoscere il Suo passo, il Suo sorriso di tenerezza e comprensione sulle nostre povertà. Dobbiamo abbandonare questo isolamento, per lanciarmi tra le Sue braccia, non dobbiamo aver paura: Egli viene per noi tutti. Dobbiamo solo avere gli occhi aperti, per riconoscerLo quando Lo incontreremo per strada, quando scorgeremo, sotto i panni di chi incrocia il nostro cammino, il Suo cuore ancora trafitto che ci chiede consolazione e amore. Forse è già qui e noi… dobbiamo “vegliare”.

Avvento di carità

È una proposta di animazione comunitaria per vivere nella solidarietà e nella generosità il tempo che ci prepara al Natale. Ogni anno la Caritas Diocesana propone dei microprogetti di solidarietà. I micro-progetti di Avvento di Carità vogliono testimoniare una fratellanza universale: espressa nella vicinanza ai nostri fratelli libanesi.

La raccolta di Avvento mira a supportare due micro-progetti:                                                 

  • una cucina mobile per portare cibo alle persone che non riescono a raggiungere le mense a Beirut;
  • un progetto di formazione e avvio al lavoro di apicoltore.

Chi desidera vivere questa proposta, all’ingresso della Chiesa troverà una bussola di legno con un cartello appeso. Può tranquillamente, in qualsiasi momento, deporre la sua libera offerta.

Dopo il Natale, quanto raccoglieremo, verrà consegnata alla Caritas Diocesana.

È una proposta Parrocchiale.

Evidentemente ciascuno è libero di progettare altre iniziative di carità, a livello personale o familiare. Ciò che conta è incoraggiarci vicendevolmente affinché il tempo dell’Avvento  possa essere un’opportunità per crescere nell’Amore.

I monti di Dio: Sinai-Oreb

1 Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto?

Salmo 121

In questo mese la nostra riflessione sarà a questo primo  Monte. Cosa scopriamo fermandoci su questo monte?

Dio ci incoraggia

Grande fu lo scoraggiamento dei due discepoli sulla via Emmaus (Luca 24:13-33). Anche se scoraggiati, Lui si avvicinerà a noi e quando non lo riconosceremo, Egli continuerà a camminare con noi e lo farà per diverso tempo. E se ancora non lo riconosceremo, egli farà come se volesse andare oltre, aspettandosi che ciascuno di noi dica: “Resta con noi”.

Nei momenti di difficoltà, di scoraggiamento, di afflizione, se ci troviamo sul monte Oreb, sentiremo le parole di incoraggiamento del nostro Signore: “Perché io, il Signore, il tuo Dio, fortifico la tua mano destra e ti dico: Non temere, io ti aiuto! Non temere, Giacobbe, vermiciattolo, e Israele, povera larva. Io ti aiuto”, dice il Signore. “Il tuo salvatore è il Santo d’Israele (Isaia 41:13). Anche quando il fuoco della prova vorrà bruciarci, anche quando le acque dei problemi di questa vita vorranno sommergerci e scoraggiarci, il Signore ci aiuterà: “Ma ora così parla il Signore, il tuo Creatore, o Giacobbe, colui che ti ha formato, o Israele! Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome; tu sei mio! Quando dovrai attraversare le acque, io sarò con te; quando attraverserai i fiumi, essi non ti sommergeranno; quando camminerai nel fuoco non sarai bruciato e la fiamma non ti consumerà, perché io sono il Signore, il tuo Dio, il Santo d’Israele, il tuo salvatore… Perché tu sei prezioso ai miei occhi, sei stimato e io ti amo, io do degli uomini al tuo posto, e dei popoli in cambio della tua vita. Non temere, perché io sono con te” (Isaia 43:2).

I monti di Dio: Sinai-Oreb

1 Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto?

Salmo 121

In questo mese la nostra riflessione sarà a questo primo  Monte. Cosa scopriamo fermandoci su questo monte?

Dio ci incoraggia

Tante volte nella nostra vita di credenti realizziamo l’esperienza dello scoraggiamento. Nessuno di noi può dire che non ha fatto questa esperienza. Studiando la vita degli uomini di Dio, scopriamo che tutti hanno realizzato lo scoraggiamento. Ma Dio è sempre stato il risolutore delle nostre crisi. Un profondo scoraggiamento colpì la vita di Elia. Chiamato il profeta del fuoco, perché più volte Dio gli aveva risposto mandando il fuoco dal cielo, egli scoprì la realtà dello scoraggiamento che lo portò addirittura a desiderare la morte; ma sul monte Oreb il suo scoraggiamento terminò: “Egli si alzò, mangiò e bevve; e per la forza che quel cibo gli aveva dato, camminò quaranta giorni e quaranta notti fino a Oreb, il monte di Dio. Lassù entrò in una spelonca, e vi passò la notte. E gli fu rivolta la parola del Signore, in questi termini: “Che fai qui, Elia?” Egli rispose: “Io sono stato mosso da una grande gelosia per il Signore, per il Dio degli eserciti, perché i figli d’Israele hanno abbandonato il tuo patto, hanno demolito i tuoi altari, e hanno ucciso con la spada i tuoi profeti; sono rimasto io solo, e cercano di togliermi la vita”. Dio gli disse: “Va’ fuori e fermati sul monte, davanti al Signore”. E il Signore passò. Un vento forte, impetuoso, schiantava i monti e spezzava le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. E, dopo il vento, un terremoto; ma il Signore non era nel terremoto. E, dopo il terremoto, un fuoco; ma il Signore non era nel fuoco. E, dopo il fuoco, un suono dolce e sommesso. Quando Elia lo udì, si coprì la faccia con il mantello, andò fuori, e si fermò all’ingresso della spelonca; e una voce giunse fino a lui, e disse: “Che fai qui, Elia?” Egli rispose: “Io sono stato mosso da una grande gelosia per il Signore, per il Dio degli eserciti, perché i figli d’Israele hanno abbandonato il tuo patto, hanno demolito i tuoi altari, e hanno ucciso con la spada i tuoi profeti; sono rimasto io solo, e cercano di togliermi la vita” (1Re19:8-14).

Santa Cecilia: patrona della musica e del canto

La vitalità di una comunità si riconosce anche dal canto. Cantare richiede l’impegno totale della persona. In particolare nelle festività e nelle solennità, i canti spronano a esprimere la propria gioia per la festa in tonalità alte. Ci sono persone che credono di non saper cantare. Ma se sto in silenzio in una comunità che canta, interiormente mi autoescludo. E questo non fa bene alla mia anima.

Nelle celebrazioni si dovrebbe dare peso a una buona cultura del canto e a una buona musica sacra. In questo compito deve esserci senz’altro varietà… E bisogna prestare la massima attenzione affinché i canti siano convincenti sul piano del testo e commuovano i cuori su quello della melodia.

I canti della messa non devono essere solo qualcosa di puramente cerebrale, ma non toccavano i cuori delle persone.  È importante che i canti esprimano la fede e l’anelito. Cantando è bello anche entrare in contatto con la fede di coloro che ci hanno preceduto, con una generazione di padri e madri.

Ciò rafforza la fede e da la sensazione di partecipare, nel canto, della forza della fede degli antenati. Con il nostro canto, ci uniamo anche al canto di lode degli angeli e dei santi. Mentre noi cantiamo qui sulla terra da credenti, coloro che ci hanno preceduto nella morte cantano da contemplanti.

Per una decorosa messa c’è bisogno di tutto: di riti celebrati in maniera credibile, della sensibilità per la situazione concreta delle persone e di buona musica. La bellezza è un aspetto essenziale del sacro. La bellezza vuole essere contemplata, ma anche ascoltata. La liturgia è un’opera d’arte totale, in cui tutti i sensi vogliono essere toccati, in particolare anche l’udito, affinché, nell’ascoltare, diamo sempre più ascolto a Dio.

Gesù Cristo Re dell’universo

Gesù sarà il nostro re se sapremo accettare la sua autorità, ascoltare la sua Parola, praticare i suoi precetti. Fedeltà a Cristo Re dell’universo è ascoltare la sua voce, vivere le sue parole, attuare il suo progetto d’amore. La nostra sudditanza è scandita dalla gioiosa adesione al suo Vangelo, da una incondizionata fedeltà, da una convinta comunione con lui. Anche noi regneremo con Cristo se saremo capaci di assimilare Lui come colui che serve, che riconcilia e perdona e se saremo capaci di accogliere con gioia il dono stesso del Regno nel servizio ai fratelli.

L’appartenenza al Regno di Dio e il riconoscimento della sua sovranità su di noi e sull’Universo ci obbliga a lavorare per l’estensione di questo Regno, della sovranità di Dio e di Cristo poiché Egli sia conosciuto e riconosciuto come Re e Signore e l’umanità intera si costituisca come una sola famiglia che ha come Padre il Padre di Gesù Cristo e un solo corpo che ha come Capo Cristo Gesù nostro Dio e Signore e Re dell’universo.

Grati al Signore per averci fatto dono di un altro anno liturgico all’insegna dell’ascolto della sua Parola e nella partecipazione alla sua mensa eucaristica, rinnoviamo il nostro impegno di vita cristiana nella fedeltà totale alla fede e agli insegnamenti del Maestro, pronti a seguire il nostro Re con coerente entusiasmo, per testimoniare il suo Regno “eterno e universale: regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace”. (Prefazio)