Pentecoste (3)

Spirito: misterioso cuore del mondo, vento sugli abissi, fuoco del roveto, Amore in ogni amore. Lo Spirito: estasi di Dio, effusione ardente, in noi, della sua vita d’amore. Senza lo Spirito il cristianesimo non è che arida dottrina, la Chiesa si riduce a
organizzazione e codice, la morale a fatica sovente incomprensibile, la croce a follia, Cristo rimane un evento del passato.

Ci sono cose, nella vita, che accadono quando meno te l’aspetti. E non sono tutte cose brutte, o amare sorprese. Semplicemente, sono cose insperate, che accadono senza essere alimentate dalla speranza: e dal momento che speranza e attesa sono, in fondo, le due facce di un’unica medaglia, ciò che non è (o non è più) oggetto di speranza, di fatto non è più neppure atteso. E quando giunge in maniera improvvisa, ci coglie – appunto – alla sprovvista e mette in subbuglio le nostre esistenze.
Pensiamo a una coppia che attende da anni la nascita di un figlio, e questo non avviene; mentre avviene, eccome, che gli anni passino e ormai neppure più si rimanga aperti alla speranza. Ma poi, quando tutto parla in maniera diametralmente opposta al rifiorire della vita, essa giunge, improvvisa e inattesa, a mettere a soqquadro le due esistenze.
Pensiamo alle quantità di copie di curriculum vitae che un giovane neolaureato manda a tutte le imprese, ditte o istituzioni che hanno a che fare con ciò per il quale ha conseguito il tanto agognato foglio di carta, e ai mille colloqui fatti conclusi con un nulla di fatto perché per essere assunto serve l’esperienza che non ha; e allora, preso da spirito di sopravvivenza, si adatta a qualsiasi tipo di lavoro che gli permetta di guadagnarsi il pane quotidiano.
Ma quando meno se l’aspetta, arriva la grande occasione della vita che gli dona la possibilità di fare ciò che ha tanto desiderato e nel quale non sperava più.
Oppure una persona delusa da una vita che le ha fatto provare l’amore e la vicinanza di qualcuno che poi si è rivelato l’opposto di ciò che era, e le altre occasioni per avere qualcuno al fianco si sono rivelate per quello che erano, appunto “occasionali”, senza alcuna prospettiva che permettesse di guardare al di là della siepe del tempo.
Ma poi arriva la conoscenza inattesa, l’incontro non sperato, la persona per nulla ideale ma tremendamente reale che ti ridà la voglia di ricominciare e con la quale senti che la vita ha una prospettiva più bella. Quanti esempi di eventi inattesi potrebbe citare ognuno di noi, e molti di essi giunti magari nel momento in cui la vita iniziava a rabbuiarsi, ad andare verso una sera che non necessariamente è quella dell’età.

Pentecoste (2)

Il Vangelo di Giovanni colloca la Pentecoste già la sera di Pasqua: «Soffiò su di loro e disse: ricevete lo Spirito Santo». Lo Spirito di Cristo, ciò che fa vivere, viene a farci vivere, leggero e quieto come un respiro, umile e testardo come il battito del cuore. C’è un Dio in noi.
Questa è tutta la ricchezza del mistero: «Cristo in voi!». La pienezza del mistero è di una semplicità abbagliante: Cristo in voi, Cristo in me. Quello Spirito che ha incarnato il Verbo nel grembo di santa Maria fluisce, inesauribile e illimitato, a continuare la stessa opera: fare della Parola carne e sangue, in me e in te, farci tutti gravidi di Dio e di genialità interiore.
Perché Cristo diventi mia lingua, mia passione, mia vita, e io, come i folli e gli ebbri di Dio, mi metta in cammino dietro a lui «il solo pastore che pei cieli ci fa camminare».

Pentecoste (1)

La Pentecoste non si lascia recintare dalle nostre parole. La liturgia stessa moltiplica le lingue per dirla: nella prima Lettura lo Spirito arma e disarma gli Apostoli, li presenta come “ubriachi”, inebriati da qualcosa che li ha storditi di gioia, come un fuoco, una divina follia che non possono contenere. E questo, dopo il racconto della casa di fiamma, di un vento di coraggio che spalanca le porte e le parole. E la prima Chiesa, arroccata sulla difensiva, viene lanciata fuori e in avanti. La nostra Chiesa tentata, oggi come allora, di arroccarsi e chiudersi, perché in crisi di numeri, perché aumentano coloro che si dichiarano indifferenti o risentiti, su questa mia Chiesa, amata e infedele, viene la sua passione mai arresa, la sua energia imprudente e bellissima.
«Del tuo Spirito, Signore, è piena la terra». Una delle affermazioni più belle e rivoluzionarie di tutta la Bibbia: tutta la terra è gravida, ogni creatura è come incinta di Spirito, anche se non è evidente, anche se la terra ci appare gravida di ingiustizia, di sangue, di follia, di paura. Ogni piccola creatura è riempita dal vento di Dio, che semina santità nel cosmo: santità della luce e del filo d’erba, santità del bambino che nasce, del giovane che ama, dell’anziano che pensa. Una divina liturgia santifica l’universo

Ascensione del Signore

Con l’ascensione di Gesù, con il suo corpo assente, sottratto agli sguardi e al nostro avido toccare, inizia la nostalgia del cielo. Aveva preso carne nel grembo di una donna, svelando il profondo desiderio di Dio di essere uomo fra gli uomini e ora, salendo al cielo, porta con sé il nostro desiderio di essere Dio. L’ascensione al cielo non è una vittoria sulle leggi della forza di gravità. Gesù non è andato lontano o in alto o in qualche angolo remoto del cosmo.
È “asceso”’ nel profondo degli esseri, “disceso” nell’intimo del creato e delle creature, e da dentro preme come forza ascensionale verso più luminosa vita.
A questa navigazione del cuore Gesù chiama i suoi. A spostare il cuore, non il corpo.
Il Maestro lascia la terra con un bilancio deficitario, un fallimento a giudicare dai numeri: delle folle che lo osannavano, sono rimasti soltanto undici uomini impauriti e confusi, e un piccolo nucleo di donne tenaci e coraggiose. Lo hanno seguito per tre anni sulle strade di Palestina, non hanno capito molto ma lo hanno molto amato, questo sì, e sono venuti tutti all’ultimo appuntamento. Ora Gesù può tornare al Padre, rassicurato di avere acceso amore sulla terra.
Sa che nessuno di quegli uomini e di quelle donne lo dimenticherà. È la sola garanzia di cui ha bisogno. E affida il suo Vangelo, e il sogno di cieli nuovi e terra nuova, non all’intelligenza dei primi della classe, ma a quella fragilità innamorata.
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse.
Nel momento dell’addio, Gesù allarga le braccia sui discepoli, li raccoglie e li stringe a sé, e poi li invia. È il suo gesto finale, ultimo, definitivo; immagine che chiude la storia: le braccia alte in una benedizione senza parole, che da Betania veglia sul mondo, sospesa per sempre tra noi e Dio! Il mondo lo ha rifiutato e ucciso e lui lo benedice.
Mentre li benediceva si staccò da loro e veniva portato su, in cielo.
Gesto prolungato, continuato, non frettoloso, verbo espresso all’imperfetto per indicare una benedizione mai terminata, in-finita; lunga benedizione che galleggia alta sul mondo e vicinissima a me: Lui che benedice gli occhi e le mani dei suoi, benedice il cuore e il sorriso, la tenerezza e la gioia improvvisa! Quella gioia che nasce quando senti che il nostro amare non è inutile, ma sarà raccolto goccia a goccia, vivo per sempre.
Che il nostro lottare non è inutile, ma produce cielo sulla terra.
È asceso il nostro Dio migratore: non oltre le nubi ma oltre le forme; non una navigazione celeste, ma un pellegrinaggio del cuore: se prima era con i discepoli, ora sarà dentro di loro, forza ascensionale dell’intero cosmo verso più luminosa vita.

San Floriano Martire nostro Patrono (2)

Solo chi accoglie la prospettiva di Gesù incontra un Padre che lo ama e che lo rende capace di amare. La fede è amore: partecipazione al grande progetto di un Dio che si è rivelato come amore, e per questo apre la porta ad una vita più autentica, gioiosa, intensa.
La fede è annuncio di Gesù. Per questo Papa Francesco, ha chiesto a tutta la Chiesa di interrogarsi e di confrontarsi, alla scopo di orientare la fede verso l’inalterata verità del Vangelo.
E questo anche a noi, perché una Festa Patronale non è veramente comunitaria se, insieme, non ci impegniamo, sosteniamo vicendevolmente per una vita di comunità cristiana credibile e capace di annunciare Gesù. Attraverso la testimonianza di san Floriano, che ancora oggi si rivolge a tutti i credenti, la nostra Comunità di fede deve saper trasmettere e donare una propria, originale, attuale vita nello Spirito. Basta camminare insieme. Basta lasciare bruciare dallo Spirito ogni paura ed ogni orgoglio. Basta accogliere i doni della sua costante presenza in mezzo a noi per crescere nell’amicizia ed allontanare ogni motivo di divisione.
Ogni uomo sperimenta spesso la sera del mondo, della vita, della stanchezza, della delusione, della mancanza di speranza, della fame, anche della guerra. Ma quando il giorno comincia a declinare, quando si fa sera, il Signore resta con noi per nutrirci di sé. E la fede ci aiuta ad accogliere questo dono senza uguali: nell’Eucaristia Dio si fa nostro cibo e nostra vita. Prendendo a prestito il titolo del libro di un teologo moderno, la nostra Festa Patronale sarà dunque vera e feconda se giungeremo insieme a dire: “Dio c’è ed è bellissimo”.

San Floriano Martire nostro Patrono (1)

In occasione della nostra Festa Patronale in onore di san Floriano martire, desidero rivolgere un pensiero di gratitudine e di speranza:
– di gratitudine per quanti collaborano, con sempre maggiore generosità, alla crescita della nostra Comunità cristiana e civile;
– di speranza per tutti coloro che danno una testimonianza cristiana e umana impegnandosi al servizio del prossimo, nel costruire relazioni fraterne, superando inevitabili incomprensioni, tensioni e malintesi, dando del tempo ed energie per il bene comune.

La Festa Patronale di quest’anno è strettamente connessa con l’Anno Eucaristico diocesano.
La chiesa di Lodi e le comunità parrocchiali, quindi anche la nostra, riflettono sulla grande Presenza Eucaristica del Signore. Un itinerario che deve aiutare ciascuno di noi a sentirsi parte attiva della Comunità parrocchiale e diocesana. Usciti, quasi totalmente, dal periodo di pandemia, abbiamo la possibilità e l’occasione favorevole per ritrovare la dimensione comunitaria della nostra spiritualità. Ma ci stiamo accorgendo che la partecipazione alla vita ecclesiale stenta a riprendere e le troppe “assenze” segnano una realtà che ci interroga.
Per questo motivo, desidero ribadire con maggiore vigore, in occasione di questa Festa, guardando l’esempio del martire Floriano, questo interrogativo: Chi è il Dio in cui crediamo?
E’ la domanda fondamentale della fede, l’invito a conoscere sempre di più quel Dio che Gesù ci racconta nei Vangeli. Per diventare Comunità di fede viva è importante, allora, liberare la testa da vecchie ed asfittiche convinzioni religiose, per imparare ad ascoltare la testimonianza di quanti hanno incontrato Gesù vivo ed hanno trasmesso a noi le loro esperienze, il che significa cercare con costanza, nella nostra vita, quel tesoro nascosto che è la presenza di Dio.

Ci sentiamo in famiglia attorno alla mensa!

Dal riconoscerci figli del Padre “buono”… ad accogliere gli altri “figli” come “fratelli e sorelle”, sedersi all’unica mensa e fare comunione

La mensa della parola sfocia naturalmente nella mensa del pane eucaristico e prepara la comunità a viverne le molteplici dimensioni, che assumono nell’eucaristia domenicale un carattere particolarmente solenne. Nel tono festoso del convenire di tutta la comunità nel “giorno del Signore”, l’eucaristia si propone in modo più visibile che negli altri giorni come la grande “azione di grazie”, con cui la Chiesa, colma dello Spirito, si rivolge al Padre, unendosi a Cristo e facendosi voce dell’intera umanità.
La scansione settimanale suggerisce di raccogliere in grata memoria gli eventi dei giorni appena trascorsi, per rileggerli alla luce di Dio, e rendergli grazie per i suoi innumerevoli doni, glorificando “per Cristo, con Cristo e in Cristo, nell’unità dello Spirito Santo”.
La partecipazione dell’intera comunità assume una particolare evidenza nel convenire domenicale, che consente di portare all’altare la settimana trascorsa con l’intero carico umano che l’ha segnata. È un convito pasquale e incontro fraterno.
È importante inoltre che si prenda coscienza viva di quanto la comunione con Cristo sia profondamente legata alla comunione con i fratelli. L’assemblea eucaristica domenicale è un evento di fraternità, che la celebrazione deve mettere bene in evidenza, pur nel rispetto dello stile proprio dell’azione liturgica. A ciò contribuiscono il servizio dell’accoglienza e il tono della preghiera, attenta ai bisogni dell’intera comunità. Lo scambio del segno della pace, significamene posto prima della comunione eucaristica, è un gesto particolarmente espressivo, che i fedeli sono invitati a fare come manifestazione del consenso dato dal popolo di Dio a tutto ciò che si è compiuto nella celebrazione e dell’impegno di vicendevole amore che si assume partecipando all’unico pane, nel ricordo dell’esigente parola di Cristo: “Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono” (Mt 5,23-24).
L’eucaristia è un insieme di gesti comunitari; non è la somma di singole preghiere o azioni, ma un unico gesto che nasce dal sentirsi un cuore solo e una sola famiglia. Insieme si canta e si prega, insieme si proclama “Padre nostro”, insieme si va a ricevere la comunione.
L’eucaristia è la celebrazione di quanti prendono coscienza di essere figli di un Dio che è Padre, come Gesù ci ha insegnato, e accolgono gli altri “figli” come “fratelli e sorelle”, ai quali augurano pace e serenità. Solo così ci si può sedere a mensa e “mangiare” insieme il corpo del Signore. Stare attorno allo stesso tavolo significa essere una famiglia; infatti attorno alla mensa si celebrano gli avvenimenti più significativi della vita.
L’eucaristia non è un pasto ordinario ma è una celebrazione secondo il comando del Signore Si tratta di ripetere ciò che il Signore ha fatto con i dodici apostoli, una celebrazione dell’alleanza “in fraternità”.

Dal giorno del Signore al giorno della comunità

“Nel giorno del Signore, riunitevi per spezzare il pane e rendere grazie, dopo aver confessato i vostri peccati, perché la vostra offerta sia pura. Se uno ha un rancore verso un altro, non venga con voi finché non si sia riconciliato, in modo che la vostra offerta non sia profanata. Non mettete i vostri affari temporali al di sopra della parola di Dio, ma nel giorno del Signore abbandonate tutto e accorrete con diligenza alle vostre chiese, perché è qui la vostra lode a Dio. Diversamente, che scusa potranno avere davanti a Dio coloro che non si riuniscono nel giorno del Signore per ascoltare la parola di vita e nutrirsi del cibo divino che resta per la vita eterna?” (Didaché 14).

Pesca di beneficenza 2023

Quest’anno, in occasione della Festa Patronale, riprende anche questa iniziativa a favore della Parrocchia. Si potrà “pescare” alla Scuola della Parola e della Carità.
Orario apertura:
Domenica 30 aprile dalle ore 9.30 alle 12.00 dalle ore 15.00 alle ore 19.00

Lunedì 1 maggio dalle ore 9.30 alle 12.00 dalle ore 15.00 alle ore 19.00
Giovedì 4 maggio dalle ore 9.30 alle 12.00 dalle ore 15.00 alle ore 19.00
Giovedì 5 maggio dalle ore 11.15 alle ore 12.00
Sabato 6 maggio dalle ore 20.30 alle ore 22.30

Ci incontriamo! Dall’incontrarsi in pochi in famiglia…al riconoscersi in tanti in comunità, la famiglia di Dio

Ci incontriamo con gli altri credenti, con la loro storia, con la storia della loro famiglia; ci scambiamo i saluti, chiedendo scusa per non essere stati presenti alla vita loro, per averli dimenticati o trattati male. Ci salutiamo raccontandoci i fatti della settimana trascorsa; ci interessiamo alla salute di quanti sono ammalati e non sono presenti; ci intratteniamo con quelli che da tempo non vedevamo.
Secondo l’insegnamento del Signore prima di presentare l’offerta all’altare occorre la piena riconciliazione fraterna. Non si può celebrare il sacramento dell’unità rimanendo indifferenti gli uni agli altri. Nella messa ognuno apprende che vale non per quello che fa o dice, ma perché partecipa.
Apprende che vale perché Dio gli si fa incontro e “ti ama per primo” e lo puoi incontrare, prima di tutto incontrando e accogliendo gli altri, volti visibili del Dio invisibile.