In terzo luogo, la trasfigurazione ci rivela non soltanto la gloria della Trinità, non soltanto la gloria di Cristo, una persona in due nature, ma anche la gloria della nostra persona umana. La trasfigurazione è una rivelazione non soltanto di ciò che Dio è, ma parimenti di ciò che noi siamo. Guardando a Cristo trasfigurato sul monte, noi vediamo la natura umana – la nostra persona creata – assunta in Dio, riempita interamente della vita e della gloria increate, permeata dalle energie divine, pur continuando a essere totalmente umana. Noi vediamo la natura umana come era al principio, in paradiso, prima della caduta; vediamo la natura umana come sarà alla fine, nel tempo che verrà dopo la risurrezione finale – e questo ultimo stato della natura umana è incomparabilmente più elevato del primo. In questo senso la trasfigurazione ha un carattere escatologico; è, per utilizzare le parole di san Basilio il Grande, “l’inaugurazione della parousia gloriosa di Cristo”. Oggi, nella divina trasfigurazione, tutta la natura umana risplende in modo divino e grida di gioia.
Ma non è tutto. In quarto luogo – e ciò ha un particolare significato per il mondo contemporaneo –, il Cristo trasfigurato ci rivela la gloria non soltanto della persona umana ma ugualmente dell’intera creazione materiale. “Tu hai santificato con la tua luce tutta la terra”. La trasfigurazione ha una portata cosmica, poiché l’umanità deve essere salvata non dal mondo ma con il mondo.
Il monte Tabor anticipa lo stato finale predetto da san Paolo, quando la creazione nella sua interezza “sarà liberata dalla schiavitù della corruzione”, ed entrerà nella “libertà della gloria dei figli di Dio”.
È l’inaugurazione della “nuova terra”, di cui parla l’Apocalisse.