Beata Vergine Maria di Lourdes

 L’11 febbraio è la festa liturgica della Madonna di Lourdes.
Ricorrenza per noi di san Fiorano particolarmente sentita grazie alla Grotta, voluta da don Alessandro Torchiani, che ci ricorda continuamente la Madonna di Lourdes, presente nel cortile della Canonica e visibile a tutti coloro che percorrono la via Pallavicino.
È anche la data individuata da san Giovanni Paolo II per la Giornata del malato.
Quando Giovanni Paolo II istituì la Giornata mondiale del malato, ebbe l’intuizione di legarla alla memoria della Beata Vergine di Lourdes. La prima ragione di questo legame è data dal continuo affluire di pellegrini al famoso santuario francese per implorare dalla Madonna la grazia della guarigione del corpo o dello spirito. Ma c’è una ragione ancor più profonda che lega l’apparizione della Vergine immacolata a Lourdes e la precarietà della condizione umana, segnata dal peccato, dalla sofferenza e dalla malattia. L’uomo per guarire ha bisogno della bellezza, della luce, del calore.
Leggendo i resoconti delle apparizioni mariane notiamo che la Madonna appare come bellezza: è una donna bella, circonfusa di luce. Una presenza davanti a cui è piacevole stare, tanto piacevole che lo staccarsi da lei è avvertito come un grande sacrificio, come una rottura.
Se è vero che la bellezza è ciò che muove l’uomo, è anche vero che l’uomo ha bisogno di una bellezza vicina, una bellezza “possibile”. La luminosità di Dio ci attrae, ma potrebbe anche respingerci se ci fermassimo a considerare la sua immensità e la sua inarrivabilità.
Egli, allora, ha mandato suo Figlio perché la bellezza della sua santità, che guarisce tutte le nostre infermità, divenisse familiare. Per preparare la nascita di Gesù ha pensato a una donna, Maria.
Dovendo essere la madre di colui che è la bellezza, non poteva che essere essa stessa luminosità.
La luminosità di Maria è accessibile per chiunque: possiamo guardarla, possiamo lasciarci attrarre e trasformare da essa. Maria risplende per la luce della sua maternità, della sua obbedienza, dei suoi silenzi.
Per la luminosità del suo essere sempre in ascolto del Figlio, accanto a lui anche quando egli si allontana da casa per vivere la sua missione. Maria è luminosa anche sotto la croce, piena di dolore e dignitosa assieme, certa della resurrezione, veramente madre e regina degli apostoli.
Il centro da cui si irradia tutta questa luce è il suo cuore, dove custodisce e medita continuamente le parole di Gesù. Da questo cuore infuocato nascono la sua fede e la sua carità.
La bellezza e la luminosità di Maria ci dicono che il bene è possibile, che sono possibili la conversione e il cambiamento della vita. La sua maternità ci riempie di fiducia e ci infonde coraggio. Seguendo i suoi passi o – come dice il Cantico dei cantici – seguendo il suo profumo, noi possiamo camminare anche attraverso le avversità e le malattie, possiamo sempre ricominciare e vivere nella speranza.
A Maria sappiamo di poter consegnare tutte le nostre pene e quelle delle persone che ci sono vicine, i nostri pesi e quelli degli uomini e delle donne che ci sono affidati.
In questo modo la sua maternità si allarga a tutto l’universo e Maria diventa la madre del genere umano, la regina del cielo e della terra, colei che possiamo invocare sempre pieni di esultanza.

Don Alessandro Torchiani

Ricordiamo l’88 anniversario della morte del Parroco Sac. don Alessandro Torchiani
alla messa prefestiva delle ore 18.00

Era nato a san Martino in Strada il 9 novembre 1867. Ordinato sacerdote, la sua prima missione fu a san Fiorano, 2 agosto 1890. Il 14 giugno 1894 partì per gli studi necessari alla missione in terre lontane, ma la sua malferma salute lo costrinse a ritornare a san Fiorano il 15 luglio dello stesso anno. Poi divenne pro-parroco e in seguito parroco sempre a san Fiorano, fino alla sua morte avvenuta il 10 febbraio 1936.
Il ricordo nella Messa manifesta la gratitudine e la riconoscenza della comunità parrocchiale per i propri Pastori che ora sono nella celeste Gerusalemme.

S. Agata, compatrona della Parrocchia

Cresciuta in una famiglia illustre, sentì presto il desiderio di donarsi a Cristo e a 15 anni ricevette dal vescovo il velo rosso portato dalle vergini consacrate, dedicandosi poi a varie attività nella comunità cristiana. Tra il 250 e il 251 giunge a Catania il proconsole Quinziano per far rispettare l’editto imperiale che chiedeva ai cristiani l’abiura pubblica della loro fede.
Costui, affascinato da Agata, le ordinò di adorare gli dei e al suo secco rifiuto la affidò per un mese alla cortigiana Afrodisia che provò a corromperla senza successo. Agata fu quindi processata.
In carcere fu torturata, le fu strappato il seno, ma nella notte san Pietro la visitò risanandole le ferite. Allora Quinziano la fece porre nuda su cocci di vasi e carboni ardenti, ma un terremoto fece crollare l’edificio seppellendovi i carnefici. Sottoposta al supplizio dei carboni ardenti, secondo la tradizione, mentre il fuoco bruciava le sue carni, il velo che lei portava rimase intatto.
Nel primo anniversario delle morte, una violenta eruzione dell’Etna minacciava di seppellire Catania ma gli abitanti, compresi molti pagani, presero il velo deposto sul suo sepolcro usandolo come scudo contro la lava, che immediatamente si arrestò.

Cosa può dire, oggi, alla nostra Comunità Parrocchiale sant’Agata, compatrona.
La vita di questa santa, vergine e martire, ci ricorda che all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione definitiva.
Cos’è un incontro se non il trovare qualcuno che corrisponde pienamente alle attese del proprio cuore, le soddisfa in modo impensabile e insperato, e perciò ci attrae verso di sé perché vogliamo stare con lui per tutta la vita? La fede più che una dottrina o una decisione morale è un grande amore. Agata incontra Gesù e diventa la scelta della sua vita e lascia tutto per stare con lui.
La fede è adesione a un «Tu» che mi dona speranza e fiducia.
Sant’Agata ha incontrato Gesù se ne è innamorata. In questo amore trovava il suo vanto e la sua grandezza, il senso, lo scopo e il valore della sua vita.
Dov’è, dunque, il segreto della bellezza di sant’Agata?
Nella sua fede: nella fede che Dio l’avrebbe aiutata a superare la prova della morte.
In Lui trovò la forza di resistere al tiranno del suo tempo fino a schernirlo e umiliarlo, perché si sentiva fatta libera solo al pensiero che il suo Signore era morto perché Lei vivesse per sempre. Così con la sua morte ha reso testimonianza al potere che Cristo ha di rendere forti i deboli, per questo è divenuta Martire. Il martirio, infatti, è un atto di fiducia e di amore a Cristo fino al sacrificio della vita, che rende vittoriosi persino sulla morte. Si è fidata di Cristo e ha avuto ragione.
Oggi chi la ricorderebbe più, se non avesse resistito con tutta la sua libertà?
Per questa libertà sostenuta dalla grazia della fede essa è rimasta donna, vera donna: non si è venduta al potere o al piacere ed è divenuta un segno di speranza per tutti coloro che amano il bene e la vera libertà degli uomini e delle donne.

Giornata per la vita (2)

Accogliere insieme ogni vita

Nella Giornata per la Vita l’appello è all’impossibilità “di negare il valore di ogni vita”.
Nessuno ne è padrone né può diventarlo, inoltre “il rispetto della vita non va ridotto a una questione confessionale”, poiché è compito di ogni società civile guardare alla vita con rispetto e sostenerla dal punto di vista economico e sociale. La crisi demografica, “dovrebbe costituire uno sprone a tutelare la vita nascente”.

Stare da credenti dalla parte della vita

I vescovi concludono il messaggio indicando la valenza ecumenica e religiosa della Giornata, poiché per i credenti la difesa e la promozione della vita sono “un inderogabile impegno di fede e di amore”. I fedeli di ogni credo sono pertanto chiamati “a onorare e servire Dio attraverso la custodia e la valorizzazione delle vite fragili, testimoniando al mondo che ognuna di esse è un dono, degno di essere accolto e capace di offrire a propria volta grandi ricchezze di umanità e spiritualità a un mondo che ne ha sempre maggiore bisogno”

Giornata per la vita (1)

Domenica 4 febbraio 2024 è in calendario la 46° Giornata Nazionale per la Vita, un appuntamento che nella prima domenica di febbraio si rinnova dal 1978, anno in cui venne istituita per decisione di San Paolo VI.
Il messaggio dell’edizione 2024: «La forza della vita ci sorprende. “Quale vantaggio c’è che l’uomo guadagni il mondo intero e perda la sua vita?” (Mc 8,36)».
“La Giornata assume per noi credenti, che guardiamo il mistero della vita come dono del Creatore che va difeso e promosso, una valenza ecumenica e interreligiosa, che richiama i fedeli di ogni credo a onorare e servire Dio attraverso la custodia e la valorizzazione delle tante vite fragili che ci sono consegnate.
Questo è il nostro impegno di fede e di amore, testimoniando che ogni vita è una grande ricchezza di umanità e spiritualità ad un mondo che ne ha sempre più bisogno” (n. 5)

La CEI: nessuna vita va mai discriminata o eliminata

Sono tante le vite che le società negano, alle quali viene impedita l’esistenza o viene strappata la dignità ad altri concessa. La Conferenza Episcopale italiana apre il suo messaggio con l’elenco di tutte le vite il cui valore non è riconosciuto. La vita dei migranti, sfruttati o perduti nei deserti e nei mari; quella dei lavoratori, merce da comprare a pochi soldi, in nero e a rischio per la mancanza di sicurezza; la vita delle donne, “umiliata con la violenza o soffocata nel delitto”; la vita dei malati e disabili gravi, “giudicata indegna di essere vissuta”, arrivando a presentare “come gesto umanitario il suicidio assistito o la morte procurata”; la vita dei bambini, nati e non, vita ritenuta funzionale “ai desideri degli adulti”, sottoposta alla tratta, alla pedopornografia, alla pratica dell’utero in affitto e dell’espianto di organi.


La forza sorprendente della vita

Nonostante tutto questo “la forza della vita ci sorprende”. Ogni vita ha valore ed è capace di donare al
prossimo, un aspetto evidente se si superano “visioni ideologiche”. Ci sono storie di persone giudicate
inferiori divenute poi “punti di riferimento” o che hanno raggiunto il successo, a dimostrazione di come “nessuna vita va mai discriminata, violentata o eliminata in ragione di qualsivoglia considerazione”.
Malati che diventano consolazione per chi sta bene, nel corpo ma non interiormente, immigrati che
“sanno mettere il poco che hanno a servizio di chi ha più problemi di loro”, disabili che portano gioia,
o il “nemico mortale che compie gesti di fratellanza e perdono”. Oppure quel bimbo non voluto che poi
diviene una benedizione. La vita, vista con occhi limpidi e sinceri, “si rivela un dono prezioso e possiede
una stupefacente capacità di resilienza per fronteggiare limiti e problemi”.

Presentazione del Signore

Cade il 2 febbraio, esattamente 40 giorni dopo il Natale. È la festa liturgica della Presentazione al Tempio di Gesù, raccontata dal vangelo di Luca, e popolarmente detta “candelora” perché in questo giorno si benedicono le candele, simbolo di Cristo luce del mondo come viene chiamato il Bambino Gesù dal vecchio profeta Simeone: «I miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele».
La festa della Presentazione sorse a Gerusalemme, dove è attestata già nel IV secolo.
Dalla liturgia gerosolimitana le liturgie occidentali hanno attinto la processione delle candele, che hanno conservato fino ai nostri giorni.
Questo adempimento della Legge è anche il primo incontro ufficiale di Gesù con il suo popolo, nella persona di Simeone e di Anna. Per questo le chiese ortodosse chiamano la festa di oggi il Santo Incontro del Signore. È un incontro e una manifestazione, poiché Maria entra nel Tempio «per manifestare al mondo colui che ha dato la Legge e la compie», e per accompagnare il Figlio nella sua prima offerta al Padre.
Celebrando questa festa i cristiani sono così condotti a ricordare che per riconoscere il Signore e la sua missione di salvezza universale sono necessarie la povertà e l’attesa che furono proprie di Simeone, della profetessa Anna e di tutti i poveri di Israele.
GIORNATA MONDIALE PER LA VITA CONSACRATA
Nella festa liturgica della Presentazione di Gesù al Tempio, si celebra ogni anno la Giornata mondiale della vita consacrata.
Al numero 1 dell’Esortazione Apostolica “Vita Consacrata”, si legge che «La Giornata della Vita consacrata viene celebrata nella festa in cui si fa memoria della presentazione che Maria e Giuseppe fecero di Gesù al tempio “per offrirlo al Signore”. La Presentazione di Gesù al Tempio costituisce così un’eloquente icona della totale donazione della propria vita per quanti sono stati chiamati a riprodurre nella Chiesa e nel mondo, mediante i consigli evangelici, “i tratti caratteristici di Gesù vergine, povero ed obbediente”».
«Alla presentazione di Cristo si associa Maria – scrisse san Giovanni Paolo II nel Messaggio per la I Giornata della Vita consacrata –. La Vergine Madre, che porta al Tempio il Figlio perché sia offerto al Padre, esprime bene la figura della Chiesa che continua ad offrire i suoi figli e le sue figlie al Padre celeste, associandoli all’unica oblazione di Cristo, causa e modello di ogni consacrazione nella Chiesa».