Una violenza inaspettata

Il Vangelo di questa domenica ci racconta come il Tempio non era più uno strumento per vivere secondo Dio, ma era diventato un sistema economico, di potere, che poco aveva a che fare con l’autentica fede. Per questo Gesù scaccia i mercanti: il culto va liberato, riportato all’autentico dono di se stessi e del proprio corpo. Ma noi, non siamo abituati a gesti del genere. Ci attendiamo sempre un Messia buono, misericordioso, pronto a consolare e a guarire. E qui invece abbiamo a che fare veramente con un gesto forte, un gesto violento, inequivocabile. Un ciclone, che ha come oggetto «coloro che vendono», anche se il loro ruolo è direttamente funzionale alle liturgie e al sostentamento del tempio. Come si potrebbe, del resto, offrire in sacrificio un animale, in onore di Dio, se non lo si trovasse già lì, pronto e perfetto, come vuole la Legge?
Come si potrebbe evitare l’insulto di donare al tempio, e in definitiva a Dio, del denaro che reca l’effigie di divinità straniere? Perché, dunque, Gesù si scatena contro queste persone, la cui presenza è ritenuta, tutto sommato, indispensabile?
Quello che c’è in gioco deve essere estremamente importante se, pur di difenderlo, Gesù ricorre alla forza. Ma di cosa si tratta? Del rapporto con Dio.
Il rischio, pertanto, non dev’essere minimizzato: questa relazione, che costituisce l’asse portante della nostra vita, corre il pericolo di essere, in qualche modo, inquinata, attraversata da un terribile equivoco. Dio non è in vendita, e l’odore del denaro diventa una puzza insostenibile quando proviene da attività svolte all’ombra del sacro, sotto la copertura del tempio, con il pretesto del culto. Dio non è in vendita e coloro che lo fanno credere, o lo danno a intendere col loro comportamento, sono dei blasfemi perché disonorano Dio riducendolo a un’orrida maschera, a un “oggetto” che può essere acquistato. Dio non è in vendita: il suo amore, la sua grazia, non sono il risultato di una transazione commerciale. Chi si illude di poterlo in qualche modo “comperare” si sbaglia del tutto. E si nega, di fatto, un accesso a lui, al suo volto autentico; s’interdice un’esperienza di luce e di pace, che costituisce il tesoro prezioso della nostra esistenza.