Gesù è risorto e con Lui la nostra comunità

In questa Domenica chiesa ci invita a celebrare la festa della Divina misericordia.
Sottolineiamo la dimensione del perdono legato al mistero pasquale che stiamo celebrando.
La festa della Divina misericordia deve essere un giorno di consolazione e di pace per tutte le anime. C’è infatti una grazia particolarissima legata a questo giorno.
Essa consiste nella totale remissione dei peccati che non sono stati ancora rimessi e di tutte le pene derivanti da questi peccati. La grandezza di questa grazia è in grado di ravvivare in noi la fiducia illimitata in Gesù.

Tutte le domeniche del tempo di Pasqua ripropongono la celebrazione del mistero della morte e resurrezione di Gesù, che ci ha fatti capaci di “vincere il mondo” perché colui che è nato da Dio vince il mondo.
Ma quali sono le condizioni che devono far parte della vita della nostra comunità cristiana che, come Gesù resuscitato, “vince il mondo”? Vince il mondo la comunità che sa superare le sue chiusure. Continuiamo ad essere una comunità arroccata nel cenacolo, terrorizzata per quel che potrebbe succedere, dispersa come le pecore senza pastore.
Eppure, il risorto entra all’ovile passando dalla porta e senza bisogno nemmeno di aprirla perché lui è la porta delle pecore. Dopo, solo dopo, i discepoli avranno il coraggio di fare un passo oltre la porta, superando il confine che genera paura… ma prima questo confine l’ha attraversato Gesù risorto.
Vince il mondo la comunità che ha la Pace nel cuore. La Pace è il saluto della Pasqua ed è la vita della comunità che riceve da Dio questo dono. Quando “eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” e così siamo stati riconciliati: non abbiamo nemici, non abbiamo ragioni che possano giustificare il rancore, l’odio e perfino la guerra. Possiamo solo generare pace, portare pace, essere pace.
Vince il mondo la comunità che vede il Signore e le sue piaghe. “I discepoli gioirono al vedere il Signore” e il primo annuncio della Pasqua è stato “abbiamo visto il Signore”. Vedere è importante e anche toccare, così come vuol fare Tommaso che non era presente la sera stessa del giorno della Resurrezione… perché la nostra corporalità ha bisogno di queste cose, “prendete e mangiatene… prendete e bevetene”, l’eucaristia è il sacramento della corporalità, è la logica dell’incarnazione che non è affatto negata nei giorni posteriori alla Pasqua, quando Gesù mangia con i suoi discepoli. Questa comunità che vede non dimentica Gesù che è venuto alla loro vita non solo con l’acqua, ma con l’acqua e con il sangue, non solo nella gloria della resurrezione ma anche con le ferite della passione che subito mostra ai suoi discepoli.
E allora vince il mondo la comunità che crede in Cristo, nel Cristo totale. È il Cristo della Fede e della Storia, il Cristo figlio di Dio e Figlio dell’uomo, è Cristo risorto ma ancora ferito, è il Cristo seduto alla desta del Padre ma anche deposto in una mangiatoia. 
Si scopre allora il mistero profondo e anche la nostalgia di quella comunità cristiana primitiva che vince il mondo non assoggettandosi alle logiche del mondo ma alla logica del Regno. Un cuore solo, un’anima sola, un solo progetto, una sola meta. È la comunità perfettamente pasquale che, come cristiani, siamo chiamati a costruire giorno dopo giorno, vincendo le paure e aprendo le porte alla Pasqua.