Un banchetto per tutte le genti

La Giornata Missionaria Mondiale 2024, che si celebra il 20 ottobre, ci invita a riflettere sul tema «Andate
e invitate al banchetto tutti». In un mondo segnato da «divisioni e conflitti», questo messaggio di papa Francesco assume un’importanza ancora più significativa, direi profetica.
Il pontefice sottolinea l’importanza della solidarietà come principio guida per promuovere il bene comune e affrontare le disuguaglianze sociali, economiche e politiche. Invita ad una maggiore responsabilità collettiva, affinché ci si incontri e ci si riconosca come fratelli, garantendo che nessuno venga lasciato indietro. Alla comunità ecclesiale, papa Francesco invita a declinare questi due verbi: andate e invitate; sono due verbi con una connotazione squisitamente missionaria. Il primo verbo andate, è correlato a quello dell’annuncio.
Prima di tutto, la missione nasce dall’incontro con il Signore. Solo coloro che sono con lui possono portare il suo Vangelo e sentire il bisogno di comunicarlo agli altri. Il fervore missionario nasce proprio dal nostro incontro personale con lui, e da lui impariamo lo stile della missione.

La missione specifica della Chiesa è quella di “andare”, “uscire” per annunciare la sua Parola con zelo e passione evangelizzatrice. Per il discepolo-missionario non c’è altro orizzonte se non questo: la missione. Come ci ricorda papa Francesco, anche noi ci sentiamo spinti a portare il gioioso annuncio del Vangelo senza escludere nessuno, offrendo un banchetto desiderabile. «Mentre il mondo propone i vari “banchetti” del consumismo, del benessere egoistico, dell’accumulo, dell’individualismo, il Vangelo chiama tutti al banchetto divino dove regnano la gioia, la condivisione, la giustizia, la fraternità, nella comunione con Dio e con gli altri». Dio non si lascia vincere in generosità. Apre le porte del “banchetto per tutte le genti”.
È lui che prende l’iniziativa e ama invitare l’uomo alla festa, dove in questo caso, la sala delle nozze è l’ambiente della comunione. La nostra storia umana, fin dalle origini, deve essere letta come la storia di comunione nella quale Dio cerca l’uomo, dove Dio corre dietro l’uomo per invitarlo alla festa di nozze, quasi come un mendicante che aspetta il nostro sì per sederci a tavola e gustare il suo amore.
Insomma, questo invito è una chiara chiamata a partecipare alla piena comunione con lui.
Pertanto, essere comunità missionaria significa testimoniare l’amore di Dio per tutti e avere un cuore desideroso affinché tutti possano accettare l’invito del Signore a prendere parte alla festa di nozze.

Drammaticamente, accanto a questo invito, c’è anche il rifiuto di molti. Ciò si verifica ancora oggi, quando lo sviluppo economico e sociale non ha come finalità la dignità e il bene di tutte le donne e gli uomini, ma crea esclusione, marginalità e sofferenza. È il dramma di una società autosufficiente e cinica che calpesta la dignità di milioni di persone affaticate dalla vita. Ogni giorno cresce il numero degli esclusi dal banchetto del progresso. Oggi la parola povertà ha ceduto il posto a un’altra parola, l’esclusione, che mette in luce alcuni aspetti nuovi. Si amplia il ventaglio della povertà, che non comprende più solo la dimensione economica, ma che include anche le nuove forme di povertà, come la povertà di relazioni sociali, il non poter fare riferimento ad una comunità di appartenenza, colui che si sente emarginato, invisibile, socialmente escluso dalla vita e dalla speranza di un futuro, e che non riesce a soddisfare il bisogno di relazioni umane. Queste forme sono nuove perché figlie del nostro tempo: tempo nel quale prevale la dimensione dell’io su quella del noi, influendo sulla soddisfazione dei bisogni relazionali; un tempo in cui la liquidità di questa nostra società ci porta a considerare “usa e getta” non solo i beni materiali, ma anche quelli immateriali.