Normalmente la prima reazione che dovremmo sentire nell’essere alla presenza del Signore, dovrebbe essere la gioia di sapercelo accanto, il desiderio di sentirlo parlare e di ascoltarne la voce. Capire chi è Lui e l’amore che nutre per noi. E questa la prima scoperta che introduce già nel cuore della preghiera; solo in un secondo momento, sorgerà il desiderio di dover rispondere al suo amore e che cosa fare per, poi, tradurlo in vita. Non si tratta di immaginarci che ci sia, ma convincerci e avere certezza che c’è davvero, e che vuole comunicare con noi. Questo è un punto su cui bisogna particolarmente insistere, perché troppo spesso pensiamo che il Signore stia lontano o distratto, quasi che il nostro impegno fondamentale sia quello di attirare la sua attenzione su di noi. Invece è Lui che ci cerca e ci chiama, la nostra è solo una risposta.
Siccome, però, a noi capita di dimenticarlo e di non riconoscerlo, perché spesso col cuore e con la mente siamo lontani da Lui, pensiamo che anche Lui lo sia da noi.
Ebbene, devo ripetermelo, Lui non mi dimentica, Lui mi riconosce sempre, Lui sta sempre lì a guardarmi, a invitarmi, a farmi compagnia, a istruirmi. Non posso dubitare che Egli mi ama, che in questo momento mi sta amando. Che «mi guarda con amore e umiltà». Posso forse dubitare del mio amore per Lui, ma non del suo amore per me. Ciò che spesso rende difficile questo atto di fede è anche il pensiero che Gesù ora si trova in cielo, in Paradiso, quindi lontano da noi. Dobbiamo correggere tale concezione del cielo e del Paradiso. Proprio perché glorioso alla destra del Padre, ora Gesù può essere presente dovunque c’è un cuore che lo accoglie. Nella sua vita terrena Egli era condizionato dal tempo e dallo spazio.
Anche Lui, come tutti noi, non poteva stare in due posti diversi allo stesso tempo, se era a Betlemme non era a Nazareth, se era a Giudea non era in Samaria. Nella sua umanità Gesù non poteva vivere che in un solo luogo, come in un unico momento non poteva esprimere che un solo atto di amore.
Ma dopo la sua risurrezione gloriosa Gesù vive un’esistenza spirituale e, quindi, si può far presente in ogni anima, e unirsi a ciascuno di noi. La presenza spirituale non ha relazione con lo spazio e col tempo.
Anche io, che pur sono prigioniero del tempo e dello spazio, sono immensamente più vicino e presente a quelli cui penso e amo, che non a quanti urto e mi spingono nella metropolitana.
La presenza di Gesù non è soltanto una presenza fatta con la memoria come quando si ricorda qualcosa; né soltanto una presenza spirituale come la presenza, in noi, del nostro affetto e del nostro amore per tutti coloro che amiamo. La sua non è solo presenza intenzionale e affettiva: è una presenza reale. Non è che Gesù è presente, di fronte a me e in me, perché lo penso e lo amo; io sono sempre presente a Lui, anche se non ci penso, anche se non lo amo. Non più legato a luoghi e spazi temporali, Gesù è sempre presente per stabilire un rapporto di reciproco amore con ognuno che è disposto ad accoglierlo.
Egli non ha più nemmeno bisogno di ripetere, come allora, diversi atti di amore secondo le persone che progressivamente incontrava; vivendo, in perennità, la pienezza dell’amore, totalmente trasfigurato in amore, Egli può sempre venire in ciascuno che ama e convivere con ciascuno che gli risponde.
E chiaro, però, che il rapporto di amicizia diventa reale e attuale nel momento in cui si stabilisce la comunicazione; se, da parte mia, questa comunicazione vitale non c’è lo impedisco al Signore di vivere con me quella comunione vicendevole che noi chiamiamo amicizia e che la preghiera vuole attuare.
E questo per il semplice motivo che per avere un rapporto amichevole bisogna essere in due.
Ma per quanto riguarda la presenza di Gesù che ha nei miei riguardi un cuore e un atteggiamento di amico e che, in questo momento, mi chiede di contraccambiarlo, non dovrei avere dubbi.