L’anziana coppia sterile
L’ambiente in cui sono cresciuti Zaccaria ed Elisabetta è tutto legato al Primo Testamento. Zaccaria è levita della classe di Abia e sua moglie è una discendente di Aronne. Ma la cosa essenziale, al di là dei ruoli, è la condizione in cui si trova la coppia: essi non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni.
Una doppia condanna, nella mentalità del tempo: la sterilità cui si aggiunge l’età avanzata. Poiché i figli erano segno della Benedizione del Signore, non averne significava essere ignorati da Dio. O, peggio, maledetti. In una sequenza già nota a chi medita la Scrittura, Dio ascolta il grido del povero che invoca, rallegrando con un figlio il cuore della sterile come già fece con Anna, la madre del profeta Samuele. Zaccaria nel luogo più inaccessibile del tempio, luogo sacro e intangibile, si trova davanti all’ultima, definitiva annunciazione rivolta da Dio al popolo d’Israele. Da qui in poi sarà Dio stesso a venire, a manifestarsi direttamente in Cristo. La reazione dell’anziano Zaccaria davanti all’angelo che gli appare accanto all’altare degli incensi, è scontata: turbamento e timore. La risposta dell’angelo Gabriele è piuttosto stizzita e il povero, tentennante levita viene punito con il mutismo. Nel momento della circoncisione Elisabetta manifesta tutta la sua statura interiore: vuole che il bambino venga chiamato col nome indicato dall’angelo. Elisabetta prende in mano la sua vita, esce dalla condizione di vergogna per richiamare tutti al primato di Dio.
Anzitutto la costanza della coppia che non abbandona il percorso della fede nonostante le delusioni del loro sogno di paternità e maternità e il giudizio delle persone. Zaccaria poi ci insegna a dare spazio al silenzio in questo Avvento. Siamo attorniati e travolti da mille parole, da mille stimoli, da mille rumori. Avvento è anche tempo di silenziare le troppe voci intorno a noi, di ingravidare e far crescere in noi la Parola, di dare il primato alle cose di Dio che svelano e illuminano la quotidianità. Anche la fede deve passare dall’antico al nuovo, dal passato al futuro, dall’abitudine alla passione, dal sacro al santo, dal timore allo stupore. Non importa se siamo avanti con gli anni anagrafici o di anima, non importa se siamo discepoli da tanto tempo e ci siamo abituati all’essere cristiani. Elisabetta e Zaccaria hanno saputo accogliere la novità dell’iniziativa di Dio, generando il profeta che ha scosso i cuori, arandoli, preparandoli alla semina della Parola definitiva del Padre.