Illuminati dalla tua Parola

Vorrei partire da un’affermazione, ed è che gli uomini istintivamente sentono la gloria incompatibile con la croce. Forse anche noi, se non diamo tutto per scontato. Certo, sanno che un prezzo va pagato nella vita, ma solo fino a che è necessario per raggiungere il loro scopo. Per Gesù non è così e anche i suoi discepoli dovranno impararlo. Perché la difficoltà, lo scandalo che hanno dovuto affrontare e superare per divenire credenti è stato quello di dover tenere insieme i due “momenti” dell’unica verità di Dio: quello della croce e quello della gloria, perché la gloria in nessun modo svuota di senso la croce, né la croce compromette, appanna la gloria.
Anzi, la gloria vera di Dio sta “radicata” nella croce e l’assume. Perché la croce continua a custodire il criterio che permette di distinguere ciò che è divino da ciò che divino non è, quindi ciò che è umano da ciò che umano non è. Infatti è davanti alla croce che l’uomo finalmente sa che cos’è l’amore e che lui, l’amore, lo può solo imparare riconoscendosi amato. Una gloria separata dalla croce, un Cristo glorioso separato dal Gesù sofferente non direbbe la verità di Dio. Di più, tradirebbe l’uomo tradendo Dio che è amore.
L’episodio della Trasfigurazione ce lo mostra, ce lo ricorda. Ci mostra, ci ricorda che la gloria di Dio è presente e nascosta nell’umiltà dell’uomo Gesù, ma più ancora che l’umiltà dell’uomo Gesù è il cuore stesso della gloria di Dio. Tutto in questa scena è, infatti, centrato sulla passione imminente.
Innanzitutto il contesto. È, dunque, una pagina che va compresa in tutte le sue dimensioni, nei suoi profondi e illuminanti rimandi. Che Gesù abbia voluto ridurre lo scandalo di un Messia sofferente e umiliato, mentre lo si attendeva trionfante, è forse vero. Che la sua trasfigurazione sia un’anticipazione della sua risurrezione, è altrettanto vero. Ma l’essenziale è che i testimoni della gloria sulla montagna saranno domani i testimoni della santa debolezza di Cristo nell’orto degli ulivi, e che tra quella debolezza e questa gloria non c’è opposizione, ma inscindibile unità. Lo stile pedagogico delle teofanie cede il posto all’assenza assoluta di stile che, al Getsemani, dice chiaramente chi è Dio