Coltivare l’autostima per una vita appagante.
Incontro dedicato a genitori, insegnanti, educatori, catechisti, allenatori…
Coltivare l’autostima per una vita appagante.
Incontro dedicato a genitori, insegnanti, educatori, catechisti, allenatori…
«Fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili progredendo sempre più nell’opera del Signore».
L’apostolo ci invita ad essere persone salde che non si lasciano smuovere dall’impegno di progredire nell’opera del Signore, sapendo che la nostra fatica non è vana nel Signore.
La fatica più grande della nostra vita è diventare buoni. Sembra un discorso da bambini e invece è un discorso che vale per noi grandi. Correggere il nostro istinto cattivo, modificare quel cuore maligno che c’è ancora in noi e che si manifesta nelle parole cattive, migliorare il nostro atteggiamento sbagliato è una grande fatica … che però non è vana nel Signore. Se lasciamo che il Signore lavori in noi, il cuore si trasforma e diventa buono, veramente buono, capace di affrontare ogni situazione difficile rispondendo sempre al male con il bene. Non è questione solo di una impostazione moralistica; è soprattutto una questione di fede, cioè di fiducia nel Signore Gesù e nell’attesa del compimento in Lui. Non si tratta di correggere un po’ di modi di fare, quasi come un galateo del buon comportamento – imparare regole di buona educazione per fare bella figura – è una questione di fondo: è questione del tesoro che ci sta a cuore, e questo tesoro è il Signore Gesù. È Lui che desideriamo incontrare e raggiungere come il Maestro da imitare. «Ogni discepolo ben preparato sarà come il suo maestro» e noi vogliamo essere discepoli ben preparati, che si preparano, che faticano, che resistono per essere come il nostro Maestro, per raggiungerlo nella pienezza della vita. Tutti saremo trasformati.
L’apostolo annuncia questo evento che trasformerà la nostra vita. È Gesù che ha trasformato tutto, ma noi non siamo ancora trasformati completamente, lo saremo un giorno «quando il nostro corpo corruttibile si vestirà di incorruttibilità e il nostro corpo che adesso è mortale si rivestirà dell’immortalità divina».
E quando noi saremo trasformati e il nostro corpo psichico (animale, quello di adesso) diventerà il corpo spirituale nella nuova creazione che Dio prepara, allora si compirà il progetto di Dio, la promessa che il Signore ha fatto attraverso le Scritture: «La morte è stata inghiottita per la vittoria», come ha detto un poema apocalittico inserito nel libro di Isaia. La vittoria sarà quella del bene, sarà Dio – che è Amore – a vincere l’abisso del peccato, del male, della morte. Allora la morte perderà ogni efficacia, non avrà più nessuna vittoria … anche se adesso nel nostro mondo, purtroppo, riconosciamo come il peccato e la morte continuino a regnare e a schiacciare, ma non sono i più forti. Noi crediamo in Colui che ha vinto il peccato e la morte e ha superato questa forza negativa. Anche se c’è nel mondo emerge la potenza del male, la violenza della morte, la negatività di queste strutture politiche, riconosciamo che il bene, che l’amore, che Dio è più forte. “Fratelli carissimi, rimanete saldi e irremovibili, non pensate mai di risponder al male con il male, di vincere la violenza con la violenza, progrediamo sempre più nell’opera del Signore, riconoscendo che la nostra fatica non è vana”. Abbiamo davanti l’eternità e l’eternità è di Dio e il giudice è Lui.
La prospettiva buona è quella dell’amore, dell’accoglienza, del rispetto. Ogni azione buona porta frutto e nell’eternità sarà la nostra meraviglia, la nostra ricchezza. Non spaventiamoci, non lasciamoci angosciare dalla violenza del male, riconosciamo che è male, impariamo a distinguerlo e a rifiutarlo. Lo vediamo drammaticamente nelle scelte di altri … noi non vogliamo fare così! Proprio vedendo il male che trionfa, noi aderiamo ancora di più alla scelta di bene, «rendiamo grazie a Dio che ci dà la vittoria, per mezzo di Gesù Cristo». È Lui che ha trasformato la nostra vita, è lui che trasformerà il nostro corpo.
Vogliamo essere alberi che fanno frutti buoni, non rovi spinosi. Vogliamo essere alberi che producono frutto in tutte le stagioni della loro vita, anche nella vecchiaia: fino all’ultimo, in ogni situazione possiamo fare del bene. È questo il senso della nostra vita, perché abbiamo una meta, perché sappiamo dove andare, perché crediamo nella risurrezione, perché desideriamo incontrare il Signore della vita e dell’amore.
E allora rimaniamo saldi e irremovibili, sapendo che la fatica per essere buoni non è vana nel Signore, e avremo il suo premio e la sua ricompensa. Facciamo il bene sempre, comunque, facciamolo con entusiasmo e con gioia … sarà la nostra beatitudine eterna.
«Nessuno vide, nessuno se ne accorse, nessuno si svegliò. Tutti dormivano» quella notte in cui Davide era sceso nel campo di Saul, suo nemico, che lo inseguiva senza motivo per eliminarlo. Era il Signore stesso ad aver mandato un torpore su tutto l’esercito. È un sonno speciale come quello che prende Abramo prima dell’alleanza o che scende su Adamo prima che il Signore ne tragga dal costato la donna. È un evento mistico quello che viene raccontato. I nemici sono addormentati, quindi deboli e indifesi, incapaci di proteggersi. Davide potrebbe prendersi la sua vendetta. È quello che gli dice Abisai. È suo nipote, figlio di sua sorella, un giovanotto entusiasta che opera con Davide ed è portavoce di una mentalità molta umana, perché interpreta il progetto di Dio in questo modo: “Vedi, oggi Dio ti ha messo nelle mani in tuo nemico, è l’occasione buona, prendila!”. Questa riflessione ci invita a ripensare a come noi interpretiamo certe situazioni. Se l’occasione è propizia ai nostri interessi sembra che il Signore ci dia la possibilità di prendere una rivincita. Abisai sarebbe pronto con un colpo di lancia ad uccidere il nemico Saul: così impara – pensa lui. Davide sa interpretare meglio il pensiero del Signore, perché è un uomo che ha il cuore secondo Dio: “Il Signore mi ha dato questa occasione, mi ha messo nelle mani il mio nemico, in modo tale che io possa mostrare verso di lui grandezza d’animo”. Quella occasione propizia per prevalere sul nemico, saggiamente è interpretata da Davide come l’occasione buona per fare un atto di generosità: “Non ho voluto stendere la mano contro quella persona che mi faceva del male, non ho voluto. Ho scelto di essere generoso”. In questo modo il giovane Davide, che diventerà re di Israele e prenderà il posto di Saul, dimostra di essere il degno antenato del Messia ed è una figura cristologica: annuncia il Cristo, vero Figlio dell’Altissimo che è benevolo verso gli ingrati e i malvagi. Gesù per primo ha affrontato l’ingratitudine e la malvagità degli uomini. Il Dio buono e grande nell’amore si è trovato nella sua esperienza umana di fronte a persone ingrate e malvagie e non ha risposto al male con il male. Gesù è l’uomo nuovo, è l’uomo celeste, colui che viene dal cielo ed è veramente capace di amare: perciò rende anche noi nuove creature. Abbiamo portato il segno di Adamo e in quanto tali siamo ancora istintivamente ingrati e malvagi, inclinati a fare del male a chi ci tratta male; però portiamo pure il segno di Cristo, abbiamo ricevuto il suo amore divino che ci rende capaci di essere figli e ci abilita ad essere come Gesù, a rispondere con benevolenza a chi è ingrato e malvagio.
Impariamo allora da questo fondamentale insegnamento di Gesù a coltivare benevolenza nei confronti degli altri e a combattere quell’istinto aggressivo che ci portiamo dentro. Abbiamo intorno a noi molti esempi di litigiosità a cominciare dal mondo politico, dall’ambiente pubblico della televisione e, intorno a noi, in tante e svariate situazioni. Basti pensare a tipiche riunioni di condominio dove l’aggressività e la litigiosità sono all’ordine del giorno. Impariamo a coltivare invece benevolenza, a costruire i nostri rapporti sociali basati sulla comprensione, per essere misericordiosi come il Padre nostro, giacché siamo figli e quindi assomigliamo al Padre che è misericordioso. È Lui che crea in noi benevolenza e noi desideriamo essere benevoli come il Padre per poter mostrare al mondo il vero volto di Dio. Anche quando abbiamo l’occasione di prenderci una rivincita, di fargliela pagare, di ricambiare il male che ci hanno fatto, cogliamo invece quel momento per mostrare benevolenza, grandezza d’animo, la generosità di Cristo. Il primo passo che possiamo compiere è quello di pregare per chi ci tratta male. Ogni tanto, capita che ci siano delle persone che ci trattano male, anche semplicemente con una battuta o una critica o una polemica. Ciò ci amareggia … e allora portiamo quell’amaro nella nostra preghiera e trasformiamolo in dolce: prendiamo l’abitudine, la buona abitudine che è virtù, di pregare per coloro che ci fanno soffrire, di chiedere al Signore aiuto, benedizione, per quelle persone che ci hanno trattato male. Così avremo veramente il premio, sentiremo in noi la dolce presenza di Dio. Se invece coltiviamo l’amaro sarà sempre peggio.
È solo con la generosità e la benevolenza che spezziamo la catena del male: in tal modo saremo veri figli dell’Altissimo che è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.