19 domenica del Tempo Ordinario

La fede è fondamento di ciò che si spera. La fede è sostanza, è solidità: è la base solida su cui viene costruita la nostra vita. Nel linguaggio corrente la fede sembra piuttosto una opinione, il giudizio di qualcuno, una idea spesso non ben certa. Quando adoperiamo il verbo credere spesso intendiamo dire che non siamo sicuri – nel linguaggio corrente se di una cosa non sono certo, dico: “Credo di sì, ma non ne sono sicuro” – quindi lo adoperiamo in un senso molto labile. È un guaio, perché invece il credere teologico è qualche cosa di solido e di serio: credo perché sono sicuro. La fede è fondamento, il credere è la base della nostra vita, è la roccia su cui possiamo costruire tutte le nostre scelte. È la base di ciò che speriamo, altrimenti sarebbe una illusione. La speranza è una attesa certa e la certezza viene dalla fede. Ne siamo conviti! Siamo sul solido, siamo appoggiati sulla rivelazione di Dio che non mente – ha promesso e mantiene – è Lui la garanzia verso cui noi camminiamo nella speranza … «come Abramo che, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità e partì senza sapere dove andava». Anche noi siamo partiti – chiamati da Dio abbiamo obbedito alla fede, abbiamo accettato l’invito del Signore – siamo partiti, siamo diretti verso una meta che ci è proposta in eredità, ma non sappiamo dove stiamo andando. È questo l’aspetto interessante. La fede non colma la conoscenza, garantisce la speranza. Noi speriamo la vita eterna, desideriamo essere con il Signore e siamo conviti che arriveremo a quella meta; ma quello che abbiamo davanti non lo sappiamo ancora, è un cammino nella fede. Quando siamo nati, ci hanno fatto gli auguri, ci hanno augurato tante cose belle e poi alcune si sono realizzate e altre no. Lungo la vita, quando si fanno delle scelte importanti, si parte per una nuova esperienza. Quando due si sposano, mettono su famiglia, partono senza sapere dove andranno, partono nella fiducia e il cammino – di momento in momento, di anno in anno – rivela situazioni diverse, paesaggi differenti, un po’ in salita, un po’ in discesa; ma in ogni momento della nostra vita abbiamo un fondamento che ci regge e una meta che ci attira. Abbiamo preso delle decisioni diverse nella nostra vita, ne dobbiamo prendere delle altre, siamo in cammino, però c’è sempre qualche cosa di solido: la base e la meta. Siamo convinti di essere con il Signore, attendiamo con desiderio di incontrarlo e riconosciamo di non dominare gli eventi però, di non essere padroni della situazione, di non sapere che cosa ci attende … per questo è necessario essere vigilanti e pronti. Il Signore viene non nel momento della nostra morte; la sua parola non contiene la minaccia di morte improvvisa; il Signore viene quando non ce lo immaginiamo nel senso che è presente nella nostra vita quando non ci pensiamo nemmeno, per questo è necessario essere attenti alla sua presenza; perché in ogni situazione della nostra esistenza, bella o brutta che sia, il Signore viene. Beati quei servi che sono svegli e lo riconoscono e accolgono la grazia della sua visita e ne ricavano forza per riprendere il cammino. Il nostro viaggio è verso l’ignoto, è verso la novità … non è un ritorno a casa. Molte volte i predicatori adoperano il linguaggio del “ritorno a casa” – lo mettono anche nei manifesti funebri talvolta, soprattutto per i preti e le suore – “è tornato alla casa del Padre”. È una frase scorretta, perché nessuno di noi è mai stato nella casa del Padre: da quando siamo nati siamo su questa terra e non esistevamo prima di esser concepiti.
È una pericolosa eresia pensare alla preesistenza dell’anima. Siamo stati creati dal nulla quando siamo stati concepiti nel grembo di nostra madre e abbiamo iniziato a vivere nel tempo. Siamo nati, siamo cresciuti nella nostra famiglia, nel nostro ambiente e ognuno di noi può raccontare la sua storia fino a questo momento … nella casa del Padre quando ci siete stati? Ma ci stiamo andando! Siamo in cammino verso la casa del Padre – non torneremo! – ci andremo per la prima volta! Speriamo di arrivarci – nel senso di desideriamo ardentemente arrivare alla meta – e non sappiamo dove sarà, quando sarà, come sarà. Non stiamo tornato nell’ambiente conosciuto, ma stiamo andando verso una assoluta novità.
Questo un po’ spaventa, perché tendiamo sempre a rimanere nel già conosciuto. È più facile tornare indietro, ritornare verso le situazioni che conoscevamo: ritornare bambini, ritornare in un ambiente bello, ritornare a vivere una situazione che ci piaceva è più tranquillizzante che andare verso qualche cosa di nuovo che ci sfugge, che non riusciamo a dominare. Due grandi viaggi segnano l’immaginario del mondo occidentale: l’Odissea e l’Esodo. Sono due schemi molto diversi. L’Odissea racconta il viaggio di Ulisse che torna alla sua “petrosa Itaca”, torna a casa attraverso innumerevoli fatiche, viaggi, conoscenze, dolori e gioie, ma il desiderio è “tornare a posare le ossa” dov’è il suo nucleo famigliare: lì ritrova il padre, la moglie, il figlio, la terra, i servi, anche il vecchio cane … il suo desiderio è tornare al mondo di prima. Non è il nostro modello. Il modello biblico e cristiano è l’Esodo, l’uscita, il viaggio che i nostri padri nella notte della liberazione intrapresero, abbandonando l’Egitto con le sue sicurezze – con le cipolle e i porri, con tutta quella bella frutta e verdura che il Nilo garantiva – per andare nel deserto verso una patria sconosciuta. Nessuno di loro aveva mai visto la terra promessa; camminavano verso una novità come Abramo, che secoli prima era partito verso la terra che Dio gli aveva promesso e non la conosceva, non sapeva quale fosse, non sapeva come l’avrebbe avuta. Noi siamo i figli di questi padri. Il nostro schema cristiano è il viaggio verso la novità futura, non il ritorno al passato. È saggezza invecchiare aspettando la novità, non rimpiangendo le cose vecchie; è saggezza tenere gli occhi aperti perché oggi o domani il Signore viene; non ieri … oggi o domani. Guardiamo avanti, fondati sulla fede, animati dalla speranza; e camminiamo con entusiasmo verso la novità che ci aspetta, che ci supera perché aspettiamo qualche cosa di superiore … sarà più bello di come lo immaginiamo, sarà completamente diverso, ma molto meglio.