“Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”. Sì, Dio ha tanto amato e ama il mondo, perché sa che gli uomini e le donne spesso si perdono seguendo se stessi, le proprie inclinazioni, il proprio istinto, le proprie abitudini. Senza il Signore ci perdiamo. Questa croce antica, come ogni croce, sta davanti a noi, come in ogni luogo di preghiera dei cristiani. Essa ci ricorda il dono di una vita, quella del Figlio di Dio, che si è umiliato, abbassato fino a noi, per mostrarci in maniera ancor più visibile il volto misericordioso e amorevole del Padre. Il tempo della sua vita terrena non era più facile del nostro. Guerre, violenza, ingiustizia, erano di casa anche nel grande e potente Impero Romano.
Gesù incontrava spesso ammalati, bisognosi, scartati, disprezzati, peccatori. Le sue parole e i suoi gesti volevano far sentire a tutti quella presenza buona di Dio, che guarisce e salva.
Oggi vorrebbe farla sentire anche a noi, che a volte ci intristiamo, ci lamentiamo, ci lasciamo sopraffare dalla paura che ci fa chiudere e abbassare lo sguardo. Per questo la croce sta davanti a noi.
Alza gli occhi, guarda le ferite di quel crocifisso, la sua sofferenza. In essa è racchiusa anche la tua sofferenza, ma si racchiudono anche le sofferenze del mondo intero: quelle degli uomini e delle donne, dei giovani, dei bambini, degli innocenti in guerra; quelle dei profughi che fuggono violenza e povertà; quella di chi tra loro non ce l’ha fatta; quelle dei malati e degli anziani soli negli istituti o a casa, quelle di chi vive il peso sociale ed economico; ma anche quelle di tanti ragazzi e giovani disorientati. Nello sguardo sofferente di quel crocifisso intravediamo la speranza della resurrezione, di una vita che risponde al male del mondo, anche a quello che appare invincibile, come la morte. Allora non ti lasciare andare. Non farti trascinare dalla tristezza o dalla rabbia. Chi lo fa, trascina gli altri nell’abisso dell’inimicizia e dell’odio. Il popolo di Israele era nel deserto, si lamentò per la fatica di quella traversata perché mancava il necessario, cibo e acqua, ma il Signore venne in suo soccorso. Ma dovettero alzare lo sguardo verso quel serpente che rappresentava la vita, per continuare a vivere. Non continuiamo a tenere gli occhi bassi, se sentiamo anche noi la fatica di questo tempo un po’ arido come il deserto, dove ci sembra a volte manchi il necessario. Fai almeno la fatica di non guardare solo a te. Guarda verso quel crocifisso, che ha donato la vita per te e per il mondo, perché non andiamo perduti. Nel suo dono di amore c’è la vita. Perché allora continui a perderti dietro te stesso? A volte l’egoismo ci prende e ci perdiamo. Non siamo soli! Siamo il suo popolo, la sua comunità.
Il Signore vorrebbe che cominciamo a gustare il suo dono di vita già su questa terra. Ma devi seguirlo, ascoltarlo, pregare, meditare la sua parola, saziarti del pane di vita eterna, l’Eucaristia. Sii allora anche tu un dono di amore, di simpatia, di gentilezza in un mondo rude, arrabbiato, pieno di indifferenza e di superbia. E poi prega!