La prudenza è al centro della parabola di Domenica 21 Settembre, provocatoria che riguarda il modo di gestire il denaro. La prudenza è una virtù, cardine della nostra umanità, ed è la saggezza pratica, la capacità di scegliere bene i mezzi per raggiungere il fine voluto. È prudente non uno che non fa le cose per paura, ma le fa con intelligenza e cerca di fare le cose giuste per ottenere l’obiettivo a cui intende pervenire. La prudenza riguarda anche l’uso del denaro e al centro della Parola di Dio in questa domenica c’è proprio l’economia: ci è chiesta prudenza, cioè saggezza pratica, nell’usare i mezzi economici. Non ci è detto di lasciare tutto, perché non sarebbe possibile: lo fa qualcuno in una forma profetica, ma non è la condizione abituale. Ci è stato detto nelle domeniche precedenti che dobbiamo distaccare il cuore dalle cose terrene: questo sì è quello che dobbiamo fare! Pertanto la prima prudenza è quella di distaccare il cuore dai soldi, perché il pericolo fondamentale è amare troppo i soldi, adorarli come una divinità, vivere per accumulare denaro. Questo è un atteggiamento sbagliato – è stolto – è l’atteggiamento che non porta a raggiungere l’obiettivo, ma rovina la vita, perché non possiamo servire il Signore e la ricchezza. I soldi sono necessari e lo sappiamo bene, servono: servono perché sono dei mezzi, servono perché sono dei servi, non dei padroni. Il problema è grave quando i soldi diventano i nostri padroni e ci fanno fare di tutto pur di averli. Pensate quante azioni disoneste vengono compiute nella nostra società – a piccolo livello e a grande livello, in tutte le sfere della società – per fare soldi. Dietro un’infinità di azioni disoneste c’è il motivo economico: tutte le truffe, gli inganni, le sofisticazioni alimentari, nascono dal desiderio di fare più soldi, di guadagnare di più; e per ricavare maggior profitto bisogna ingannare, commettere ingiustizie, pagare meno i lavoratori, scegliere materiale più scadente e così via. Perché si sceglie di pagare meno l’operaio, di usare materiale scadente, di vendere anche qualche cosa di scaduto e di pericoloso? Perché si vuole guadagnare di più e per ottenere qualche cosa che riteniamo buono – i soldi – si fa qualcos’altro che si ritiene meno importante: il danno a una persona o a molte persone. Chi mette in second’ordine tutte queste realtà buone, ritiene più importante guadagnare tanti soldi. Questo è il quadro negativo che il Signore ci mette davanti. Non è automatico che il ricco sia malvagio, ma per fare la ricchezza bisogna avere il pelo sullo stomaco – diciamo – mettersi la coscienza sotto i piedi, bisogna chiudere gli occhi e schiacciare quel che c’è da schiacciare pur di raggiungere l’obiettivo. Il Signore ci chiede invece di essere prudenti, persone sagge che sanno valutare bene i mezzi, comprendendo bene che il fine non sono i soldi, ma la relazione buona con il Signore, il fine della nostra vita è la relazione con le persone. Il senso della nostra esistenza è la collaborazione, la concordia, l’amicizia: sono queste le cose che contano! È questo l’obiettivo a cui tendiamo! E i soldi possono servire per creare amicizia, per creare buone relazioni; ma si tratta di riconoscere con prudenza – cioè con sapienza pratica – che i soldi sono dei mezzi e devono essere utilizzati bene per raggiunger un altro fine. Perciò il Signore loda quell’amministratore di un patrimonio disonesto perché è venuto incontro a dei poveri contadini che avevano debiti enormi con quel padrone latifondista; è venuto incontro alle loro esigenze e ha ridotto quello che dovevano, ci ha rimesso la propria commissione, non ha investito sui soldi ma sulle relazioni umane, in modo tale che quelle persone diventassero amici e con riconoscenza poi avrebbero potuto aiutarlo.
È questa dinamica interpersonale che è importante: i soldi servono per creare amicizia, per creare legami buoni. Domandiamoci allora seriamente: “Come io uso i soldi? Quanto voglio bene ai soldi? Li riconosco dei mezzi e per fare cosa? Per godermi io semplicemente la vita o per aiutare anche gli altri?”. Sono domande significative. Il Signore ci pone una questione seria: “Come adoperi il denaro? Ami il Signore più dei soldi o sei un servo dei tuoi soldi?”. La risposta la dà ciascuno di noi e la dà crescendo, maturando, non rimanendo come è, ma diventando come deve essere: “Posso fare meglio, posso usare meglio i soldi che ho a disposizione”. In questa situazione sociale ci troviamo di fronte ad una possibile carestia. Stiamo cominciando a vedere la carenza di materiale e l’aumento enorme dei prezzi. Non sappiamo dove andremo a finire con questa situazione e rischiamo di trovarci in una situazione davvero complicata, dove quelli più deboli saranno i primi ad avere difficoltà – sembra un ritornello comune della politica e dei notiziari televisivi – per l’aumento delle bollette … ma ce ne siamo accorti tutti nel nostro piccolo. Come risolveremo certe situazioni? Sarà proprio necessario, in un contesto del genere, come abbiamo ragionato in modo comunitario nella epidemia, mettere in moto le forze cristiane in una situazione di carestia, di difficoltà economica, per sviluppare un vero impegno comunitario per l’aiuto sociale. La nostra fede nel Signore Gesù non si può esaurire in un discorso teorico, astratto, devoto, ma deve diventare cooperazione, collaborazione, solidarietà, dove ognuno nel suo piccolo può fare qualcosa per aiutare gli altri. Chiediamo al Signore che ci illumini l’intelligenza per capire e che ci riscaldi il cuore per essere generosi, per usare bene le cose che abbiamo, per usarle in modo generoso. Questa è la prudenza: vogliamo raggiungere il fine che è la beatitudine eterna? Usiamo bene le cose che abbiamo su questa terra per ottenere la vera felicità.