Giovedì Santo: Cena del Signore

La sera del Giovedì Santo che apre il Triduo Pasquale, Gesù vuole passare le ultime ore della sua vita assieme ai suoi amici e le vuole trascorrere in una modalità del tutto speciale, donando sé stesso completamente: nel gesto della Lavanda dei piedi, nell’istituzione dell’Eucarestia e del Sacerdozio.
La frase “Li amò fino alla fine” ci fa pensare a come l’amore di Gesù non sia un amore comune: è amore anche quando non conviene, è amore quando tutti scappano via, è amore nonostante tutto. Quella frase non è ricolta solo ai suoi Apostoli, ma a tutti gli uomini di tutti i tempi, dunque anche a me. Per dimostrarmi questo, Gesù inizia ad amarmi dalla parte più sconveniente di me. Egli non inizia ad amare dai miei pregi, dai miei talenti, dalle mie capacità, ma parte dalle mie zone d’ombra; ama a partire da ciò che non conviene di me, parte dal lavarmi i piedi, ovvero i difetti di cui io mi vergogno tantissimo! Come reagisco davanti a questo amore?
Io che mi sento sempre piccolo e inadeguato. Se fossi stato anche io là, nel Cenacolo, sarei riuscito a guardarlo mentre compiva quel gesto? Probabilmente per la mia inadeguatezza anche io avrei fatto come Pietro! Eppure lui, il Maestro e Signore, il più importante di tutti, lava i piedi ai suoi discepoli proprio per farmi capire fin dove arriva il suo amore e per insegnarmi che dobbiamo volerci bene e metterci al servizio gli uni degli altri. Come posso essere umile e donarmi, come ha fatto lui, con i miei amici, con le persone, nella mia quotidianità? Non sempre sono in grado di accettare e amare i loro difetti e avere con loro la pazienza che il Signore ha con me! 
Forse alla fine il vero segreto sta nel prendersi cura degli altri mettendosi al loro servizio con umiltà e costanza come ha fatto Gesù sia con la Lavanda dei piedi sia con il regalo di donarsi a noi in ogni Eucarestia, attraverso i Sacerdoti.

I gesti di quella sera

Il cammino quaresimale ci ha portati al suo culmine: la scelta libera e responsabile di accogliere la vita di Cristo e di donarla a nostra volta. Gesù consegna ai suoi discepoli, quindi anche a noi, il gesto memoriale di questa scelta, ovvero la celebrazione della sua morte e risurrezione nei segni del pane e del vino. L’eucaristia celebra il dono della vita, ricevuto e dato: un fatto senza tempo, in quanto senso profondo della vita stessa, segno della nostra somiglianza con Dio.
Saremo giudicati su questo: non se avremo fatto cose buone o cattive, ma se avremo concluso la nostra vita ringraziando per essa e donandola per amore degli altri. Nel rito del pane e del vino la barriera tra sacro e profano cade: la vita diventa liturgia, cioè azione di grazie e offerta a Dio; la liturgia diventa vita, cioè esperienza di fraternità concreta.

È strano: di quella sera, in cui Gesù celebra la Cena della Pasqua antica prima di affrontare la sua Pasqua di morte e risurrezione, gli evangelisti ricordano due gesti diversi. Non tutti e due, ma o l’uno o l’altro.
Matteo, Marco e Luca ricordano il pane spezzato e il calice del vino offerto ai commensali; Giovanni la lavanda dei piedi. A entrambi i gesti è legato un comando esplicito di Gesù, perché i discepoli li ripetano.
In effetti in quelle azioni c’è tutto Gesù, la sua vita e la sua morte, la sua Passione e la sua risurrezione. Solo attraverso quei gesti possiamo comprendere e accogliere il suo dono. C’è un pane sulla tavola, ma non è un pane qualunque. È la stessa vita di Gesù, quella vita che è stata interamente offerta. Gesù ha regalato tutto: il suo tempo e le sue energie, la sua misericordia e la sua compassione, la sua lotta contro il male e contro ogni ipocrisia, la sua difesa dei piccoli e degli abbandonati. C’è del vino sulla tavola, ma non è un vino qualsiasi. Ha il colore del sangue, quel sangue versato dalla croce, per un’alleanza nuova ed eterna, un’alleanza che nulla avrebbe potuto più infrangere e mettere in pericolo. Ha il colore caldo dell’amore, che si sacrifica fino in fondo. Chi può sedersi a questa tavola, chi può mangiare questo pane e bere questo vino? Solo chi ammette di essere un povero, solo chi dichiara la sua fame e la sua sete, solo chi viene con il suo desiderio di entrare in comunione con lui e di essere trasformato. Ci sono un catino e una brocca, un grembiule e un asciugatoio. Gesù vuole lavarci i piedi per liberarci da ogni male, da ogni cattiveria presente nel nostro cuore. Gesù accetta di chinarsi, di inginocchiarsi davanti a noi, di diventare nostro servo, pur di farci entrare in un’esistenza nuova.
Dobbiamo allora abbandonarci al suo amore con la stessa fiducia di un bambino.
Solo così potremo entrare nel suo Regno, dopo essere stati interamente lavati dalla sua misericordia smisurata.
La celebrazione si conclude con la processione con il Santissimo Sacramento fino alla Chiesina. Breve momento di Adorazione Comunitaria e spazio per la preghiera silenziosa e personale.

Giovedì Santo

Il giovedì, al mattino, viene celebrata una sola Eucaristia in Cattedrale a Lodi, per la consacrazione degli Oli Santi e la memoria del Sacerdozio. 

Vengono benedetti: il crisma, olio d’oliva o di altre piante misto ad essenze profumate, olio che consacra nel battesimo, nella cresima, nell’ordine e nei segni dell’altare e dell’edificio chiesa; l’olio per i Catecumeni, che conferisce la forza dello Spirito per la lotta contro il male; l’olio degli infermi che dona lo Spirito Santo per offrire in sacrificio il proprio dolore, strappargli la sua negatività e farlo divenire redenzione e salvezza unendolo a quello di Gesù, guarendo lo spirito e spesso anche il corpo dei fedeli.
All’inizio della Messa nella Cena del Signore, sono recati in processione gli Oli nuovi che tutta la comunità saluta ed accoglie.
Il Giovedì è il giorno della costituzione dell’Eucaristia (prese il pane, lo spezzò, lo diede loro e disse: “Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi”), quando Gesù, radunati i suoi discepoli, prende un oggetto di uso comune – come il pane – e lo offre in sacrificio come suo corpo. E poi il comando a farne memoriale: “Fate questo in memoria di me”. Da quel semplice pane offerto al Padre da Cristo, nasce l’Eucaristia! Ma il Giovedì incontriamo anche un altro simbolo: l’acqua con cui il Signore – chinatosi – lava i piedi ai suoi discepoli, lasciandoci l’insegnamento citato in Gv 13, 14: “Se vi ho lavato i piedi, io Signore e Maestro, quanto più voi avete il dovere di lavarvi i piedi l’un l’altro”.
Il Signore Gesù ci insegna che servire è regnare!

Appuntamenti del Giovedì Santo

Ore 8.00: Canto dell’Ufficio e delle Lodi mattutine in Chiesina

Ore 21.00: MESSA IN COENA DOMINI

Accoglienza degli Oli benedetti dal vescovo la mattina in Cattedrale a Lodi. Lavanda dei piedi ai bambini/e di 4 elementare. La celebrazione si concluderà con la Processione del Santissima Sacramento che terminerà in Chiesina. Breve momento di adorazione Comunitaria. Il Santissimo resterà esposto in Chiesina fino alle ore 23.30 per l’adorazione personale e silenziosa.

Capite quello che ho fatto per voi?

Il triduo della Settimana Santa è il momento più importante di tutto l’anno liturgico, è il momento in cui si realizza pienamente quel mistero di morte e risurrezione di un Dio fatto uomo che si dona per la nostra salvezza. Cristo ha sempre manifestato il suo grande amore per l’umanità, anche durante la vita pubblica, ma in modo particolare lo ha fatto nella donazione piena di se stesso, attraverso la passione e la morte. La Celebrazione Eucaristica di questa sera, chiamata in Coena Domini, la Cena del Signore, ci ricorda l’ultima Cena di Gesù, l’ultimo giorno della sua vita terrena. Egli, giunto al momento culminante della sua missione, afferma: ho desiderato ardentemente mangiare questa Pasqua con voi. Sapeva benissimo che quella cena sarebbe stata l’ultima Pasqua, l’ultimo pasto con i suoi discepoli, ma
voleva che essi comprendessero il significato della passione, della morte e della risurrezione che da li a poco avrebbe vissuto. Gesù in questa ultima cena compie dei gesti, pone dei segni, perché i dodici possano comprendere quanto veramente amava loro e l’umanità intera. L’evangelista introduce il racconto della cena facendo una considerazione: Gesù, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.
Potremmo intendere questa frase in senso strettamente cronologico: Gesù ha amato i discepoli fino alla fine della sua vita. Ma potrebbe anche essere intesa in senso qualitativo: li ha amati in modo smisurato, li ha amati in modo infinito, li ha amati con tutto se stesso, donando questo amore attraverso l’Eucaristia, attraverso la lavanda dei piedi. Soffermiamo la nostra attenzione su questi due segni.

“Preso il pane”, dice il Vangelo, “lo benedisse, lo spezzò, lo diede loro: prendete e mangiate questo è il mio corpo”. Gesù si rende presente in quel pane donandosi come cibo ai suoi apostoli e poi a tutta l’umanità. “Questo è il mio corpo”. Gesù non si è voluto risparmiare per noi, si è fatto crocifiggere, ed ha addirittura “inventato” un sistema -che solo Dio poteva conoscere e attuare- per rimanere con noi, per essere nostro nutrimento, per darci sempre la forza di comprendere il suo amore e per stimolarci ad amare come lui ci ha amati. Allo stesso modo prese il calice, lo benedisse lo diede loro dicendo “prendete e bevetene questo è il mio sangue della nuova alleanza”. Il sangue per gli ebrei è segno di vita: Gesù dona se stesso non per la morte ma per dare vita nuova ai suoi discepoli, per stipulare così un’alleanza nuova, un’alleanza che non necessitava dell’immolazione di tori, agnelli o di altri animali, ma che veniva suggellata dal corpo e dal sangue di Cristo offerti per amore nostro. L’Eucaristia è dunque il primo segno, un segno che ci mostra quanto Cristo ci ha amati, quanto continua ad amarci rimanendo con noi nel segno sacramentale del pane e del vino che ripresentano il suo mistero di morte e di risurrezione.

Ma c’è un altro segno che Gesù pone. Giovanni racconta che, durante la Cena, il maestro si alza, cinge un grembiule attorno ai fianchi ed inizia a lavare i piedi ai discepoli. Non è un segno di secondaria importanza, o semplicemente un atto puramente rituale. Assume invece una certa rilevanza: ai tempi di Gesù i piedi venivano lavati quando si rientrava in casa dopo esser stati fuori, non durante il pasto. Quindi l’azione del maestro non ha niente a che vedere con il lavaggio rituale che veniva fatto per gli ospiti quando arrivavano a casa per partecipare al banchetto, al pranzo o alla cena. È qualcosa di particolare: Gesù vuole porre un segno che rimanga impresso nella memoria e nel cuore dei suoi discepoli. Si china e lava i piedi a tutti e dodici. Questo è il comandamento che Gesù ci lascia, estremamente difficile da attuare. La nostra superbia, molto spesso, impedisce di sottometterci, di chinarci, di farci piccoli dinanzi ai nostri fratelli…eppure lui, che è il Maestro e il Signore, non ha avuto vergogna di umiliarsi a lavare i piedi ai suoi discepoli. È importante notare che dopo aver istituito l’Eucaristia, Gesù ordina “fate questo in memoria di me”, ed anche dopo aver lavato i piedi ai dodici raccomanda “fate come ho fatto io”. Potremmo dire che, per certi aspetti, Gesù accomuna l’Eucaristia alla lavanda dei piedi. L’Eucaristia deve essere ripetuta e riproposta in eterno, per tutta la vita della Chiesa fino alla fine dei tempi, ma è importante collegarla al segno della lavanda dei piedi, cioè collegarla alla necessità di vivere in umiltà.