Venerdì di Quaresima: via Crucis

Per esprimere l’amore di Gesù si usa spesso il simbolo del cuore. Alcuni si domandano se esso abbia un significato tuttora valido. Ma quando siamo tentati di navigare in superficie, di vivere di corsa senza sapere alla fine perché, di diventare consumisti insaziabili e schiavi degli ingranaggi di un mercato a cui non interessa il senso della nostra esistenza, abbiamo bisogno di recuperare l’importanza del cuore.
La via della Croce di Nostro Signore Gesù Cristo è una via del cuore. Innanzitutto, del suo Sacro Cuore, che ha accolto volontariamente la Passione e la Croce per cancellare i nostri peccati, i peccati di tutta l’umanità. E poi anche del nostro cuore, che trova nella Croce la conferma più eloquente dell’infinito amore di cui Cristo ci ha amati. Nutriamo questa consapevolezza nel cammino della Via Crucis. 
«Ci ha amati», dice San Paolo riferendosi a Cristo, per farci scoprire che da questo amore nulla «potrà mai separarci». Paolo lo affermava con certezza perché Cristo stesso aveva assicurato ai suoi discepoli: «Io ho amato voi».
Ci ha anche detto: «Vi ho chiamato amici».
Il suo cuore aperto ci precede e ci aspetta senza condizioni, senza pretendere alcun requisito previo per poterci amare e per offrirci la sua amicizia: Egli ci ha amati per primo. Grazie a Gesù «abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi». 

“Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente”

Venerdì di Quaresima – Via Crucis

Trovandosi immerso in difficoltà e prove di vario genere, Paolo scriveva al suo fedele discepolo Timoteo: “Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente”. Come era nata in lui questa speranza? Per rispondere a tale domanda dobbiamo partire dal suo incontro con Gesù risorto sulla via di Damasco. All’epoca Saulo era un giovane, di circa venti o venticinque anni, seguace della Legge di Mosè e deciso a combattere con ogni mezzo quelli che egli riteneva nemici di Dio. Mentre stava andando a Damasco per arrestare i seguaci di Cristo, fu abbagliato da una luce misteriosa e si sentì chiamare per nome: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?”. Caduto a terra, domandò: “Chi sei, o Signore?”. E quella voce rispose: “Io sono Gesù, che tu perseguiti!”. Dopo quell’incontro, la vita di Paolo mutò radicalmente: ricevette il Battesimo e divenne apostolo del Vangelo. Sulla via di Damasco, egli fu interiormente trasformato dall’Amore divino incontrato nella persona di Gesù Cristo. Un giorno scriverà: “Questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me”. Da persecutore diventò dunque testimone e missionario; fondò comunità cristiane in Asia Minore e in Grecia, percorrendo migliaia di chilometri e affrontando ogni sorta di peripezie, fino al martirio a Roma. Tutto per amore di Cristo.

Per una civiltà dell’Amore

La contemplazione della esistenza e della fede di Gesù, la meditazione sullo stile con il quale Egli ha abitato la complessità del suo mondo religioso, spirituale e sociale, ci orienta ad interpretare le nostre vite nel contesto del mondo che abitiamo oggi. Gesù ha vissuto la sua vita, passione e morte nell’integrità personale di un percorso che ha vissuto nel tutt’uno di sé con la sua missione per il Regno di Dio; per esso Egli ha vissuto e ha compiuto la sua esistenza. Il suo modo di vivere e di morire, nella continua relazione, unione e offerta di sé al Padre e agli uomini, è per noi paradigmatico rispetto alla possibilità di vivere per Lui, con Lui e in Lui la libertà e la responsabilità della nostra identità, della nostra vocazione e della nostra missione, fino al nostro compimento nella offerta di noi stessi, nella realtà delle circostanze variegate e complesse delle nostre esistenze. Celebrando insieme la Via Crucis, viviamo il sogno “per una civiltà dell’amore”, nella tensione trasformativa, purificata ed elevata, di una realtà umana e sociale interpretata come tempio nel quale si celebra e si compie il sacro-fare dell’amore oblativo. Nella preghiera, nella riflessione, la vita di Cristo desidera diventare la vita di tutti noi, della nostra comunità parrocchiale.

Innalzato sulla Croce

«Essere innalzati» è un’espressione usata, di solito, per evocare l’affermazione di una persona, la sua capacità di distinguersi, di segnalarsi, di avere successo. «Essere innalzati» è dunque sinonimo di potere, di gloria, di forza. Ma come fa a mantenere questo significato una volta che gli si associa la croce, e quindi una morte orribile e pubblica, un castigo disumano? Non è facile abbandonare le abituali rappresentazioni di Dio e accettare che il suo Figlio venga a noi nelle vesti di un condannato, di un giustiziato, abbandonato da tutti. Non è facile accogliere una salvezza che non si realizza esibendo i muscoli, ma offrendo amore, che non si compie attraverso un giudizio o un castigo, ma passando attraverso l’esperienza di essere rifiutati e calpestati.
Eppure è questo il paradosso su cui si regge la fede cristiana. La passione e la morte di Gesù non sono un incidente di percorso da dimenticare rapidamente, ma la strada che Dio ha scelto per raggiungere l’umanità e liberarla dal male, per farla entrare in una vita nuova. È questa croce il «caso serio» da cui non possiamo prescindere, il “passaggio” che rivela la nostra fedeltà a Cristo, la “prova” del nostro amore.
Ciò che essa indica è un amore che non si tira indietro neanche davanti alla debolezza estrema, all’ingiustizia palese, al sopruso ingiustificato. Un modo nuovo di vedere le cose viene proposto, allora, a ogni credente: la bussola delle sue scelte non è orientata dai criteri del successo, della riuscita, ma dalla fedeltà a Dio, dall’obbedienza al suo disegno di salvezza e al suo modo di agire. Buonismo? Rinuncia? Cedimento? Tutti questi interrogativi non fanno che riprendere le parole di coloro che dicevano a Gesù: «Se sei il Figlio di Dio, scendi dalla croce e allora noi crederemo in te!» Confusione? Incertezza? Indifferenza? Tutte queste obiezioni riecheggiano quelle di coloro che si attendevano un Messia venuto
per giudicare e condannare, e a cui Gesù non potrà corrispondere.

Via Crucis di Cristo, via Crucis dell’Uomo

Via di spogliazione, umiliazione, di abbassamento, di Kenosi fino alla polvere. Via dell’uomo abbandonato, “ferito e mezzo morto”, in cammino sulle strade della speranza.
Nell’itinerario di preghiera, meditazione e contemplazione della Via Crucis, mentre è descritta l’esperienza “fallimentare” della vita del Gesù storico, è offerta a tutti noi, una luce (o lo stile) di come vincere gli tsunami della storia e della vita: restare ancorati, come Cristo, alla fedeltà dell’amore del Padre, che “non abbandona il suo Consacrato”.
“Fare la via Crucis”, significa fare sosta! La via del Golgota è una strada che si percorre a passo lento, a velocità ridotta! Nel breve tratto che dal Pretorio giunge al Gòlgota, per Gesù non sono ammesse distrazioni. Il suo passo faticoso, prima di giungere in cima, cerca ancora! Cerca gli occhi di Petro per rivestirlo del “mantello della giustizia”; il volto delle donne in pianto, per consolarle; l’amico dell’ultim’ora, Simone di Cirene; il ladrone pentito, primo invitato al banchetto del regno della vita, il paradiso; Giovanni, il “discepolo amato”, a cui consegnare la Madre.
Così, il Maestro, vero Samaritano della storia, “che nella sua vita mortale passo sanando e beneficando tutti”, anticipa nei gesti e parole della via Crucis, i frutti della Pasqua, primavera dello Spirito, profumo di giorni nuovi. Così, l’olio e il vino della Pasqua, tornano a inebriare il cammino dell’uomo, “oltre il buio della siepe” (G. Leopardi), il mattino della speranza!

Venerdì 8 marzo la via Crucis della sera (ore 21.00)
Sarà animata dall’ASD Oratorio san Fiorano, all’oratorio.

Davanti al Crocifisso segno di sconfitta e di vittoria

La croce di Gesù ci insegna che nella vita c’è il fallimento e la vittoria, e a non temere i «momenti brutti», che possono essere illuminati proprio dalla croce, segno della vittoria di Dio sul male. Un male, Satana, che è distrutto e incatenato, ma «abbaia ancora», e se ti avvicini ad accarezzarlo «ti distruggerà». Nella croce fallisce tutto quello che Gesù aveva fatto nella vita, e finisce tutta la speranza della gente che seguiva Gesù.
Non abbiamo paura a contemplare la croce come un momento di sconfitta, di fallimento. La nostra vita va avanti con Cristo vincente e risorto, che ci invia lo Spirito Santo, ma anche con quel cane incatenato, «al quale non devo avvicinarmi perché mi morderà». Dobbiamo essere capaci di tollerare le sconfitte, di portarle con pazienza, le sconfitte, anche dei nostri peccati perché Lui ha pagato per noi. Tollerarle in Lui, chiedere perdono in Lui ma mai lasciarci sedurre da questo cane incatenato. Anche questo venerdì di quaresima sarà bello se riusciremo a radunarci come comunità parrocchiale davanti al crocifisso: guardarlo, è il nostro segno di sconfitta, che provoca le persecuzioni, che ci distruggono, è anche il nostro segno di vittoria perché Dio ha vinto lì.

Ringrazio coloro che, anche questo venerdì di quaresima, alle ore 21.00 animeranno questo momento.

Davanti al crocifisso

Mi fermo davanti al Crocifisso: mi fermo a contemplare il mistero di dolore e di morte che fa da preludio alla risurrezione.
Tocco il legno di quel patibolo sul quale Gesù è stato issato, il legno bagnato dal suo sudore e dal suo sangue. E penso che questo strumento di morte, ora è diventato per tutti noi l’albero della vita.
È lui, il Cristo, che lo ha trasformato, con il suo amore.
Guardo i chiodi che hanno fissato il suo corpo. È così che hanno tentato di fermarlo, di impedirgli di continuare il suo ministero di consolazione e di guarigione. Quelle mani che hanno toccato i lebbrosi, che hanno rialzato i paralitici, che hanno spezzato il cerchio diabolico dell’isolamento e della schiavitù, quelle mani che hanno spezzato il pane per sfamare le folle. Mani destinate a rimanere per sempre aperte per accogliere con tenerezza e misericordia tutti coloro che invocano perdono e domandano di essere trasfigurati dalla sua bontà. Quei piedi che hanno percorso le strade degli uomini, quei piedi coperti dalla polvere, affaticati dai lunghi percorsi, quei piedi che lo hanno portato da tante persone, in tante case, per condividere le sofferenze e aprire orizzonti di speranza.
Ringrazio coloro che, anche questo venerdì di quaresima, alle ore 21.00 animeranno questo momento.

Venerdì di Quaresima: via Crucis

Dio Padre non si stanca di donarci del tempo per convertirci, di darci l’opportunità, anno dopo anno, di pregare, di digiunare, di esercitare la Carità. Un’ opportunità preziosa che ci indica la strada verso di Lui, che ci invita ad accettare e ad amare la nostra storia, personale e di comunità, sulle tracce dell’Accettazione e dell’Amore testimoniati da Gesù e dalla sua Croce.
Da qui, l’esercizio della Via Crucis a cui siamo invitati tutti noi, con il peso della nostra croce sulle spalle ma con il cuore teso verso la speranza, convinti più che mai che dopo la morte ci sia la Resurrezione …
Ma cos’è la Via Crucis? È un rito, un pio esercizio, che ci permette di ricostruire e commemorare il percorso doloroso di Gesù che si avvia verso la crocifissione per amore di tutti noi. È sicuramente un momento di preghiera, di riflessione e di cammino penitenziale che si celebra nei venerdì di Quaresima e culmina col Venerdì Santo.
In origine comportava il recarsi materialmente nei luoghi dove Gesù aveva patito ma, col tempo, si è capito che tale pellegrinaggio non era possibile a tutti. Per questo nelle chiese si cominciarono a rappresentare gli episodi dolorosi accaduti a Gesù, le cosiddette “stazioni”. Da allora, in ogni chiesa edificio vengono raffigurate le stazioni che sono tradizionalmente quattordici e che vengono ripercorse dai credenti con l’aiuto della Parola, di canti, preghiere e commenti.
A tutti noi l’augurio di saper coglier ed accogliere questa opportunità di profonda Conversione, Accettazione, Amore. Buon cammino… 
Ringrazio tutti coloro che, ogni venerdì di quaresima, alle ore 21.00 animeranno questo momento.

Via Crucis in Mortorino

La Via Crucis è esperienza di dolore, percorso che giammai si fa da soli perché siamo dentro una carovana umana, ma è anche incontro di vite profumate, sebbene la carne è ridotta a brandelli e il volto si mostri sfigurato dalle violenze.
Proviamo a guardare in faccia il dolore dell’umanità, tra pandemia e guerre, tra violenze urbane e violenze sociali, tra solitudine collettiva e paure. Lasciamo che almeno una parte di noi si confronti con questo dolore o, come sarebbe meglio dire, lasciamo che la nostra vita sia come un campo di battaglia su cui si combattono le contraddizioni del nostro tempo.
Cristo Gesù, nella sua tenerissima carne, è stato come un campo di battaglia, un altare sul mondo, perché gli egoismi, le violenze, le idolatrie che dilaniavano i cuori e i volti di tanti uomini e donne potessero trovare ospitalità da qualche parte, uno spazio, un altare su cui combattere e placarsi. Noi, piccoli uomini, come una sola piccola anima, siamo invitati a divenire, proprio nella contemplazione spaventosa della violenza e del dolore di tanta parte di umanità, spazio interiore accogliente, camera ospitale per i drammi dell’umanità, altare dove l’irriconoscibile umano possa essere trasfigurato in bellezza dall’amore.
Le vie della croce, quella di Gesù Cristo e quella di tanti poveri cristi, ci ricordano che se l’infinito dolore di un bimbo violato, di una donna uccisa o di un uomo umiliato non allargano le pareti del cuore e non ci rendono più umani, liberandoci dalle piccolezze e dalle cose superflue di questa vita, non solo è una opportunità perduta ma segna l’apice dell’imbruttimento dell’umano.

Via Crucis missionaria

Ore 17

Il tema della Via Crucis è: “Innamorati e vivi”. Un messaggio che custodisce in sé due significati. Il primo, nell’accezione qualificativa, descrive appieno coloro che ardenti di amore per Dio Padre e le Sue creature hanno investito la totalità del loro tempo per prendersene cura. Dei veri e propri giardinieri del Regno. Tanto appassionati al Mondo quanto a chi lo abita.  Il secondo è un vero e proprio imperativo, l’eredità che i martiri hanno ricevuto da nostro Signore  trasmettendola a noi, oggi. Solo chi si innamora è disposto ad abbandonare il superfluo per cogliere al  fine l’essenza della vita. Questa promessa non è solo speranza per l’avvenire ma prima di tutto garanzia per il presente. Passo dopo passo seguiremo il cammino di Cristo verso la croce. Il suo dono, frutto dell’Amore, sia ancora una volta sostegno per chi soffre, viatico per chi cerca la propria strada, braccia spalancate per chi pensa di essere abbandonato al proprio destino. Sulla croce non c’è un uomo morto,  ma un uomo che sta per risorgere. Da ciò nasce la nostra speranza: noi crediamo in Te, uomo della croce, Tu ci sostieni e ci indichi la strada.