SS. Pietro e Paolo (2)

Ma tu, chi dici che io sia? Io capisco di Cristo solo ciò che vivo di Cristo.
La vita non sta in ciò che dico della vita, ma in ciò che vivo della vita.
Cristo non è uno che devo capire, ma uno che mi attrae; non uno che interpreto, ma uno che mi afferra. La croce non ci fu data per capirla, ma per aggrapparci ad essa. «Capire» Gesù, definirlo, può essere anche facile, ma «com-prenderlo» nel senso originario di prendere per me, afferrare, stringere, possedere il suo segreto, è possibile solo se la sua vita mi ha «afferrato».
Corro perché conquistato, dice Paolo. Corro perché preso, vinto, prigioniero, sedotto da Cristo.
La nostra vita non avanza per decreti, ma per una passione. Non per colpi di volontà, ma per attrazione. Io sono cristiano per divina seduzione: io, prigioniero di Cristo, afferrato da Lui, corro per afferrarlo.
Pietro risponde: Tu sei il Figlio del Dio vivente.
Sei il figlio, vuol dire «tu porti Dio qui, fra noi.
Tu fai vedere e toccare Dio, il Vivente che fa vivere. Sei il suo volto, il suo braccio, il suo progetto, la sua bocca, il suo cuore».
Provo anch’io a rispondere: Tu sei per me crocifisso amore, l’unico che non inganna. Tu sei disarmato amore, che non si impone, che mai è entrato nei palazzi dei potenti se non da prigioniero. Tu sei vincente amore.

Si converte l’uomo che scopre di essere amato da Dio

La parola inaugurale di Gesù, premessa a tutto il Vangelo è: convertitevi. E subito il «perché» della conversione: perché il regno si è fatto vicino. Ovvero: Dio si è fatto vicino, vicinissimo a te, ti avvolge, è dentro di te. Allora «convértiti» significa: gìrati verso la luce, perché la luce è già qui.
La conversione non è la causa ma l’effetto della tua «notte toccata dall’allegria della luce».
Immaginavo la conversione come un fare penitenza del passato, come una condizione imposta da Dio per il perdono, pensavo di trovare Dio come risultato e ricompensa all’impegno.
Ma che buona notizia sarebbe un Dio che dà secondo le prestazioni? Gesù viene a rivelarci che il movimento è esattamente l’inverso: è Lui che mi incontra, che mi raggiunge, mi abita.
Gratuitamente. Prima che io faccia qualcosa, prima che io sia buono, Lui mi è venuto vicino.
Allora io cambio vita, cambio luce, cambio il modo di intendere le cose. La verità è che noi siamo immersi in un mare d’amore e non ce ne rendiamo conto. Quando finalmente me ne rendo conto, comincia la conversione. Cade il velo dagli occhi, come a Paolo a Damasco.

SS. Pietro e Paolo Apostoli (1)

La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo? La risposta è bella e insieme sbagliata: Dicono che sei un profeta, una creatura di fuoco e di luce, come Elia; una creatura di forza e di vento, come il Battista; profeta, voce di Dio e suo respiro.
Ma voi, chi dite che io sia? Gesù è la domanda dentro le nostre risposte facili, è domanda che risveglia, che fa vivere. Dio crea la fede attraverso domande.
Ma voi” La domanda è preceduta da una contrapposizione: Ma voi, voi invece, che cosa dite? Voi che mi seguite da anni, voi che mi avete visto sorridere, piangere, respirare, moltiplicare il pane… Come se i Dodici fossero di un altro mondo; come se non dovessero mai omologarsi al sistema.
Pietro risponde: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente. E Gesù: Su questa pietra edificherò la mia Chiesa. Pietro è roccia per la Chiesa, e per l’uomo, nella misura in cui ripete che Dio si è donato in Cristo, che Cristo, crocifisso, è vivente, che tutti siamo figli nel Figlio.
Questa è la fede-roccia, il primato di Pietro che costruisce la Chiesa. Come Pietro, modello del credente, anch’io sono chiamato a diventare roccia e chiave: roccia che dà appoggio, sicurezza, stabilità al fratello che mi è affidato; chiave che apre le porte belle di Dio, di un Regno dove la vita fiorisca. Come Pietro anch’io chiamato a legare e a sciogliere, a creare cioè nella mia storia strutture di riconciliazione, di prossimità.

XTutti e XTutto

L’amore che ci metti nel prenderti cura varrà anche per le altre cose, per tutte le cose della vita, per il creato e quindi per l’ambiente, per la casa comune in cui tutti abitiamo e quindi per il nostro paese. Sei chiamato a prenderti cura tantissimo del tuo tempo e a cercare passioni che ti rendano sempre più unico, sempre più «Tu», capace di fare del tuo talento, coltivato con cura, un dono «X Tutti». Anche l’arte è quella dimensione della vita che va coltivata per rendere più bella la vita stessa.

Prendersi cura è qualcosa che ha a che fare con l’amore. 

È la risposta alla domanda sul come sul chi amare. Potremmo osare dire che ha a che fare con il senso stesso della vita («Fa’ questo e vivrai»), insieme all’amore per Dio, che è comunque risposta al suo prendersi cura di noi.
Quando al Signore Gesù, provocatoriamente, viene fatta la domanda:  «e chi è mio prossimo?», immediatamente Lui racconta la parabola del Buon Samaritano.
Potremo dire allora a bambini e ragazzi: «Vuoi sapere anche tu chi è tuo prossimo? 
Se deciderai di imitare il Buon Samaritano in ogni incontro che farai oppure se ti accorgerai che, quando hai bisogno, accanto a te ci sono persone pronte a volerti bene, allora saprai chi è il prossimo: sei tu e lo sono tutti gli altri, quando uno si spende per l’altro, quando una persona sa mettere in pratica il comandamento: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”, senza distinzioni e senza mezze misure».

Tu x Tutti (1)

Che bello vedere bambini e ragazzi esercitarsi nel prendersi cura e nel riconoscere che è nella cura di altre persone che sono nati e stanno crescendo.
Durante l’Oratorio estivo dal titolo «TuXTutti – e chi è mio prossimo?», la cura reciproca, data e ricevuta,
è la spinta che ci farà andare incontro agli altri – a tutti gli altri – con un invito costante a metterci in gioco in prima persona.
Capire il bisogno dell’altro, sapersi spendere per gli altri con responsabilità e gratuità, avere lo slancio a farsi vicini a tutti con rispetto e stima, provare il coraggio di chi rompe gli schemi per poter mettere in pratica il comandamento dell’amore sono le sfide costanti di giornate intense vissute in oratorio nelle tre settimane di giugno.
Un’estate in cui ciascuno si sentirà fiero di mettersi a disposizione degli altri, anzi di prendersene cura, con le proprie qualità, le proprie scelte e il proprio agire. Un’estate in cui ciascuno si sente interpellato in prima persona e si sente dire: «TuXTutti!».

Obolo di San Pietro

Cos’è l’Obolo?
È un’offerta che può essere di piccola entità, ma è di grande valore simbolico: manifesta il senso di appartenenza alla Chiesa e amore e fiducia per il Santo Padre. È un segno concreto di comunione con Lui, come successore di Pietro, e anche di attenzione alle necessità dei più bisognosi, di cui il Papa ha sempre cura.
Finalità dell’Obolo.
Sostenere la missione del Santo Padre che si estende al mondo intero dall’annuncio del Vangelo alla promozione dello sviluppo umano integrale, dell’educazione, della pace, della fratellanza tra i popoli; grazie anche alle tante attività di servizio svolte dai dicasteri, enti e organismi della Santa Sede che lo assistono ogni giorno.
Sostenere le numerose opere caritative in favore delle persone e famiglie in difficoltà, popolazioni colpite da calamità naturali, da guerre o che necessitano di assistenza umanitaria o sostegno allo sviluppo.
Come sostenere il Papa?
Nella “Giornata dell’Obolo di San Pietro” – detta anche “Giornata della Carità del Papa” – che si celebra quest’anno nella domenica del 25 giugno, siamo tutti invitati a pregare in modo particolare per il Papa e ad offrire il nostro contributo nella chiesa dove partecipiamo alla Messa.

E chi è il mio prossimo?

attenzioni – è da scegliere ogni giorno ed è a questo che il progetto Grest 2023 desidera allenare. Tutti gli ambiti e i contesti di vita sono coinvolti: non importa che siano legati alla sfera privata oppure pubblica, a quella personale o istituzionale. E in ogni singolo atto, è sempre chiamato in causa il “tutto” di noi stessi: occhi, braccia, mani, gambe e cuore.
Ecco perché le relazioni e le esperienze diventeranno il terreno più fertile nel quale poterci sperimentare. Accompagniamo bambini, preadolescenti e adolescenti a comprendere che diventare grandi comporta diventare prossimi, prendere posizione e assumersi la responsabilità di un pezzo di mondo.
Accettando che in questa scelta ne va di sé, del proprio modo di pensare, della propria libertà, della propria vita!
Detto in altre parole: avventuriamoci nella sperimentazione dell’“I CARE” che don Lorenzo Milani insegnava ai ragazzi di Barbiana, con coraggio e fiducia: se tutto riguarda tutti e ciascuno, allora potremo costruire un mondo più umano ed esperienze di comunità nelle quali ci si prende cura, gratuitamente, gli uni degli altri.
E allora, che questa estate ci alleni ad essere TuxTutti e ad interrogarci costantemente su chi sia nostro prossimo!!

Nel Grest 2023 accompagneremo bambini e ragazzi a prendersi cura gli uni degli altri, da protagonisti, con un “Tu” che si mette in gioco, avendo come modello il Signore Gesù. Lui è il Buon Samaritano che si abbassa a fasciare le nostre ferite, si fa carico delle nostre sofferenze e dimostra il suo grande amore con sovrabbondanza.
Ecco l’esempio che risponde alla domanda: “e chi è mio prossimo?”.
Di fronte a un modello così – al modello del dono per eccellenza – ciascuno si scoprirà di poter essere importante X l’altro, senza distinzioni… perché “mio prossimo” è chiunque incontro nel mio cammino, lo sono “Tutti”! TuXTutti! è quell’invito a farsi dono per gli altri secondo il comandamento dell’amore, giocato ed esercitato nelle calde giornate dell’Oratorio estivo, ma ancora di più nella cura che ciascuno imparerà a dare agli altri, nei gesti quotidiani della sua vita.

La devozione mariana del Papa

“Quando ci manca la speranza, quando scarseggia la gioia, quando si esauriscono le forze, quando si oscura la stella della vita, la Madre interviene. E se la invochiamo, interviene di più.
È attenta alle fatiche, sensibile alle turbolenze – le turbolenze della vita -, vicina al cuore.
E mai, mai disprezza le nostre preghiere; non ne lascia cadere nemmeno una.
È Madre, non si vergogna mai di noi, anzi attende solo di poter aiutare i suoi figli.”
E aggiunge: “Invitiamo Maria a casa nostra, nel cuore nostro, nella vita nostra.
Senza cuore non c’è amore e la fede rischia di diventare una bella favola di altri tempi. La Madre, invece, custodisce e prepara i figli. Li ama e li protegge, perché amino e proteggano il mondo.”

Cuore Immacolato di Maria

L’espressione «Cuore della Vergine» si comprende alla luce del senso biblico: designa la persona stessa della Madonna; il suo «essere» intimo e irripetibile; il centro e la sorgente della vita interiore; della mente e del cuore, della volontà e dell’affettività; l’animo indiviso, con il quale ella amò Dio e i fratelli e si dedicò completamente all’opera di salvezza del Figlio.
Nella Santa Liturgia, espressione della fede della Chiesa, il Cuore della beata Vergine che, piena di fede e di amore, accolse il Verbo di Dio, è chiamato innanzitutto «dimora del Verbo», nonché «tempio dello Spirito Santo» proprio per la continua presenza in esso dello Spirito.
È presentato poi come cuore immacolato, cioè immune da macchia di peccato;
Cuore sapiente, perché Maria, interpretando gli eventi alla luce delle profezie, serbava nel suo cuore la memoria delle parole e dei fatti riguardanti il mistero della salvezza;
Cuore docile, perché Maria ha aderito gioiosamente ai comandi del Signore ;
Cuore nuovo, secondo la profezia di Ezechiele rivestito della novità della grazia ottenuta da Cristo
Cuore mite, in conformità al Cuore di Cristo che ammonisce: «Imparate da me, che sono mite e umile di cuore»;
Cuore semplice, cioè alieno da ogni doppiezza e tutto ricolmo dello Spirito di verità; puro, ossia, secondo la beatitudine proclamata dal Signore, capace di vedere Dio;
Cuore forte nell’abbracciare la volontà di Dio quando, secondo la profezia di Simeone,
o incombeva la persecuzione contro il Figlio o ne era imminente la morte;
Cuore vigilante, mentre Cristo dormiva nel sepolcro, il cuore di Maria, come il cuore della sposa del Cantico, vegliava in attesa della risurrezione di Cristo.
Questo è il Cuore Immacolato della Madre a cui la SS. Trinità desidera ci consacriamo per essere da Lei formati ed essere di compiacenza al Padre , sull’esempio del Figlio, ed esaudire il suo

Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù

In questa solennità, la Chiesa offre alla nostra contemplazione il mistero del Cuore di un Dio che si commuove e riversa tutto il suo amore sull’umanità. Un amore che, nei testi del Nuovo Testamento, ci viene rivelato come incommensurabile passione di Dio per l’uomo. Nella prima lettera di san Giovanni troviamo ripetuta l’affermazione che «Dio è amore».
In italiano la parola «amore» vuol dire «senza la morte». Amare qualcuno vuol dire fargli capire che lui per noi non morirà mai e che siamo disposti a dare la vita per lui.
Quante volte abbiamo sentito: «ti amo da morire». Che bella espressione!
Questa esclamazione sta a significare che si ama veramente solo quando si è disposti a morire per l’altro e a morire a se stessi per far vivere l’altro in tutta la sua pienezza. In Gesù, Dio non solo ci ha detto, ma ci ha anche dimostrato, che ci ama da morire. Come possiamo, noi che siamo inseriti in questa magnifica realtà dell’amore del Padre, non amarci tra di noi? Come trattenere quella linfa vitale che dalla vigna, ossia da Gesù, passa ai tralci che siamo noi?
L’amore – quello vero, non la passione, il desiderio, l’istinto, l’appagamento… – costituisce l’identità del discepolo, generato dall’amore: «amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore», e indica la via della conoscenza di Dio.
L’amore rivela la storia di Dio nella storia: «non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati».
Dunque, l’amore della comunità ecclesiale è la risposta all’iniziativa gratuita di Dio: «se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi».
L’amore fraterno, dunque, diventa misura e verifica del nostro amore per il Signore.

L’evangelista Giovanni scrive: «Venite a me e io vi darò ristoro».
Ciò significa che dobbiamo imparare ad amare e a pregare più spesso e più intensamente il Signore, non solo nei momenti bui, difficili, di demoralizzazione. Impariamo ad «essere miti e umili di cuore», scolari sempre attenti a scorgere nei gesti e nelle parole del Signore la sua mitezza, la sua umiltà di cuore, consapevoli che non si finisce mai di imparare e che questi due atteggiamenti sono necessari nella vita di un cristiano. Buttiamoci più spesso, con tanta fiducia, fra le braccia del Signore! Chiediamo di avere la sua mansuetudine!
Ebbene, se è vero che l’invito di Gesù a «rimanere nel suo amore» è per ogni battezzato, nella festa del Sacro Cuore di Gesù, Giornata mondiale di santificazione sacerdotale, tale invito risuona con maggiore forza per i sacerdoti. Preghiamo sempre per loro, affinché possano essere validi testimoni dell’amore di Cristo.