Il filo rosso della fragilità
La logica evangelica è folle per il mondo. Il vero dramma si verifica – anche nella Chiesa – quando facciamo nostra la mentalità del mondo: quando pensiamo che la nostra fecondità derivi soltanto dai nostro sforzi; quando pensiamo che le cose possano andare bene solo quando c’è una piena organizzazione; quando tutto è sicuro ed efficiente; quando il risultato è proporzionale alla nostra opera.
Quante volte nella nostra vita esperiamo un successo proprio perché “non siamo riusciti”? Quante volte constatiamo che una fecondità scaturisce proprio da un fallimento?
“A volte l’unico modo per vincere è arrendersi”.
Dio ci raggiunge, ci ama, agisce in noi in maniera immeritata, per quello che siamo e non per quello che potremmo essere. Egli non ci ama se, ma a prescindere.
In questo sta l’amore di Dio per noi: nell’essere a nostro favore.
L’amore di Dio è attuale, siamo amati in maniera folle da Dio in questo momento, per quanto possiamo essere deboli, peccatori, fragili, disgraziati, sporchi. Ci ama così!
Nella nostra situazione indecente, impossibile.
La nostra dignità e la nostra grandezza non risiedono, perciò, in quello che facciamo o in quello che produciamo, non dipendono dagli applausi o dal successo che il nostro impegno riscuote, ma esclusivamente dal fatto che siamo amati.
Di fronte a Dio siamo tutti uguali: l’uomo più illuminato, saggio, intelligente di questo mondo conta come l’ultimo disgraziato, ignorante e povero. Non possiamo pensare che Dio abbia una preferenza di persone a seconda dei carismi o delle capacità che possiedono.
Questa è una logica umana: per noi conta soltanto ciò che ha un prezzo o un valore che si può misurare. Il nostro valore viene dalla fiducia che Dio dimostra in noi. Tra Dio e l’uomo, il primo a fidarsi è Dio. In fondo è questa la fede: credere che Dio crede in noi. Quando coloro che Dio ha scelto riconoscono questa realtà splendida, Dio fa crescere la forza che è in loro.