Verso la fine del mese Missionario

Cuori di viandanti

Se tutto si chiudesse nell’enfatizzazione di un momento, nell’entusiasmo dettato da un forte sentimento, avremmo avuto accesso a una memoria, ma non necessariamente al pulsare di un cuore vivente. Il rischio sempre forte è di chiudere il ri-cordo in un atteggiamento di nostalgia, volendolo custodire isolandolo dalla vita. Così potrebbe esserlo anche per il mese di Ottobre: al suo termine archiviare nella memoria la dimensione missionaria, da riaprire l’anno successivo nello stesso mese. È il rischio di sempre e che anche nel Vangelo è ampiamente attestato. Non è sufficiente che Gesù, come nel discorso nella sinagoga di Cafarnao, porti al cuore di ciò che alimenta la vita. Spesso c’è una “sclerocardia” che denota l’ostinata insensibilità all’annuncio della volontà di salvezza da parte di Dio.
È quella rigidità che impedisce di accogliere e di sintonizzarci con il ritmo dell’esperienza dettata dal Vangelo, cosicché «molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non volevano più camminare con lui». Andare al “cuore” non è qualche cosa di statico, ma provoca a un movimento, a stare nel cammino del Vangelo con i propri piedi, con la forza e l’espressione gioiosa di essere messaggeri di un annuncio che è diventato parte della propria vita.
Così, senza un cuore che arde non è possibile avere piedi in cammino: «Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? E come lo annunceranno, se non sono stati inviati? Come sta scritto: Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annuncio di bene!». Il camminare è un atteggiamento della fede, così come i lebbrosi che si trovano guariti durante il cammino; è lo stile del missionario che «strada facendo» porta i discepoli a dirsi parte di quel grande pellegrinaggio che caratterizza il cammino di ogni donna e di ogni uomo. Non è possibile annunciare se l’esperienza del cammino non ci appartiene, se non ci appartiene la fatica, la callosità e le ferite dei piedi proprie di ogni pellegrino.
Piedi che sanno stare sul terreno della ricerca e dell’incontro. Di conseguenza, tutti noi siamo chiamati a contemplare il cammino che evoca il pellegrinaggio di ogni persona che cerca Dio con onestà e riscontrabile nel viaggio dei magi, un tracciato di strada sorretto dalla disponibilità autentica a mettersi in gioco.