Come trovare la pace? Nella navigazione della nostra esistenza ci imbattiamo in alcuni scogli consistenti che si parano davanti a noi: il peso della vita quotidiana, i conflitti che lacerano, la sofferenza che ci schiaccia… Non sono gli unici a mettere seriamente in pericolo la nostra pace, la nostra serenità. Come ignorare, per esempio, il senso di colpa che paralizza la coscienza, la cattiva fede che impedisce ogni dialogo, la volgarità che sporca il clima sociale. Ma proprio dalla navigazione ci viene un’idea che a prima vista sembra paradossale: per sapere dove siamo dobbiamo guardare il cielo. Una pace che viene dall’alto e chiede il contributo di ciascuno. Questa pace è un dono di Dio, dono messianico perché destinato a cambiare la faccia della terra. E tuttavia non si tratta di una realtà magica: essa è affidata anche alle nostre mani, perché portiamo il nostro contributo. Ci vogliono cristiani attenti ai segni della presenza dello Spirito nei nostri tempi che genera speranza. È vero: la speranza è fragile ma è proprio lei a prenderci per mano e a trascinarci verso il futuro di Dio. Il suo sguardo ci aiuta a cogliere le tracce di un mondo nuovo, anche se queste appaiono coperte da tanti segni contrari, che indurrebbero alla disillusione e al disincanto. La sua bocca pronuncia parole che incoraggiano anche quando solo la tristezza e l’angoscia sembrano realistiche. Le sue mani, tenere e delicate, sono fatte apposta per ricucire strappi considerati ineluttabili, per lanciare ponti arditi sui baratri della terra, per stringere in una catena di solidarietà mani che hanno conosciuto solo il metallo spietato delle armi. È nel segno della speranza che siamo invitati a cominciare questo nuovo anno. Non una speranza generica, di chi si accontenta di un sogno qualsiasi. La nostra speranza ha un volto e un nome. Il volto di un uomo che è il Figlio di Dio.
Il suo nome è Gesù e annuncia a tutti un Dio che salva, che strappa l’umanità da ogni schiavitù e da ogni paura, per farle conoscere un’esistenza nuova.