Giornata Mondiale del migrante e del rifugiato (2)

Un Invito alla Solidarietà e alla Preghiera
In occasione della Giornata de dicata ai migranti e ai rifugiati, Papa Francesco ci invita a unirci in preghiera per tutti coloro che hanno dovuto abbandonare la loro terra in cerca di condizioni di vita dignitose.
Egli ci esorta a sentirci in cammino insieme a loro, a fare “sinodo”, e a vedere ogni incontro lungo il cammino come un’occasione per incontrare il Signore. È un’occasione carica di salvezza, perché nella sorella o nel fratello bisognoso del nostro aiuto è presente Gesù. Questa chiamata alla solidarietà ci invita a riflettere sul la nostra vocazione a essere, come cristiani, pellegrini nella storia, non solo in senso spirituale, ma anche in un impegno concreto verso i bisognosi. L’incontro con i poveri, con i migranti, con gli ultimi, è un incontro con Cristo, e ci offre l’opportunità di vedere il volto del Signore nei nostri fratelli e nelle nostre sorelle.

Un Cammino di Speranza
In questa Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, ricordiamo e celebriamo la presenza costante di Dio, che cammina con noi e ci invita a camminare con e per gli altri. L’amore divino che accompagna ogni passo del nostro cammino ci chiama a essere strumenti della Sua misericordia, accogliendo e sostenendo co loro che sono in viaggio, proprio come Dio fa con noi. In questo viaggio comune, scopriamo che i poveri ci salvano, perché ci permettono di incontrare il volto del Signore e di vivere la nostra fede in maniera autentica e concreta. Come popolo di Dio in cammino, siamo tutti pellegrini verso il Regno dei Cieli, accompagnati dalla presenza amorevole di Dio che non ci lascia mai soli. Dio cammina con il Suo popolo, non solo come guida e protettore, ma come presenza viva e incarnata nelle esperienze di sofferenza e di speranza dei Suoi figli. In questo cammino, siamo chiamati a essere strumenti della Sua
presenza, offrendo accoglienza, assistenza e solidarietà a coloro che in contriamo lungo la via. Uniamoci in preghiera e in azione, affidando tutti i migranti e rifugiati alla protezione della Beata Vergine Maria, segno di sicura speranza e di consolazione nel cammino del Popolo fedele di Dio.

Giornata Mondiale del migrante e del rifugiato (1)

Ogni anno il Santo Padre ci dona un Messaggio speciale per celebrare la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Quest’anno la celebrazione, giunta alla sua 110ª edizione, si terrà domenica 29 settembre, e il tema è “Dio cammina con il Suo popolo”.

Un Viaggio di Speranza e Redenzione
Il tema scelto, Dio cammina con il suo popolo, è profonda mente radicato nella tradizione biblica, e rappresenta un pilastro della fede cristiana che Papa Francesco ha richiamato nel suo recente messaggio
per la 110a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2024. Questo concetto non solo ci connette alla narrazione storica del popolo di Israele, ma risuona con forza nella nostra contemporaneità, specialmente nell’esperienza dei migranti e dei rifugiati.

Dio Cammina con il Suo Popolo: uno sguardo biblico
Per la prima volta si parla di Dio che cammina quasi subito, all’inizio della Bibbia, dopo il peccato di Adamo ed Eva. Dio cammina non per condannare, punire e distruggere, ma per trovare l’uomo che si è perso a causa del peccato originale. I primi uomini furono espulsi dall’Eden, costretti a camminare.
Il Signore, però, non abbandona gli uomini, ma continua (e lo farà sempre) ad amare e preoccuparsi dell’umanità. Questo cammino divino rappresenta il primo esempio di come Dio si relazioni con l’umanità, non come un giudice distante, ma come un pastore che cerca e conduce le sue pecore smarrite.
Dio, che cammina con e accanto all’uomo, chiede ripetutamente di fare altrettanto.
Lo chiede a un personaggio importantissimo, ad Abram, al quale cambia il nome in Abramo, che significa «padre di una moltitudine». Proprio a questo personaggio Dio chiede di uscire dalla pro pria patria, dal proprio paese per andare verso una terra sconosciuta. Questo gesto di lasciare il noto per l’ignoto è un atto di fede e obbedienza totale a Dio. Abramo era consapevole della difficoltà di questo viaggio, ma nonostante le sue paure e i dubbi, si avvia perché si affida totalmente a Dio. Egli sa che non camminerà solo, perché Dio sarà con lui. Questa fiducia incrollabile in Dio rende Abramo un esempio per tutti i credenti, mostrando che la fede richiede spesso di affrontare l’ignoto con la certezza che Dio sarà presente ad ogni passo del cammino. L’esodo biblico e l’esperienza dei migranti contemporanei sono entrambi fenomeni complessi che coinvolgono il movimento di persone da un luogo all’altro.

Giornata Mondiale del Turismo

“Turismo e pace”: è con questo binomio che l’Organizzazione Mondiale del Turismo delle Nazioni Unite intende celebrare la tradizionale Giornata Mondiale il prossimo 27 settembre. In un periodo così travagliato come il nostro non si poteva pensare ad una scelta migliore per offrire, a quanti si porranno in viaggio, un momento di riflessione e di impegno personale. Lo scambio culturale tra i popoli, che trova nel turismo una sua forma privilegiata, si può trasformare anche in un concreto impegno per la pace. Dove esistono focolai di guerra è evidente che il turismo soffra, perché viene meno ogni forma necessaria di sicurezza.
La mancanza di turisti, tuttavia, crea un’ulteriore espressione di povertà tra la popolazione che vede venire meno una forma di sostentamento necessaria per vivere con la dovuta dignità. La guerra porta con sé una serie di conseguenze di cui spesso non si ha piena consapevolezza e, tuttavia, esse incidono direttamente nella vita delle persone. Dove c’è la violenza della guerra tutti sono chiamati in causa, nessuno escluso.
L’interesse che muove milioni di turisti può essere coniugato facilmente con l’impegno per la fratellanza, in modo tale da costituire una rete di “messaggeri di pace” che parli al mondo intero per invocare la fine di ogni guerra e la riapertura di territori pieni di storia, di cultura e di fede. D’altronde, la via della bellezza che caratterizza queste mete non può e non deve essere oscurata dalla bruttezza della distruzione e delle macerie che vengono a sostituire quanto la genialità delle generazioni precedenti aveva costruito come emblema di pace e di condivisione. La bellezza dei paesaggi sprigiona vera vita e desiderio di esistere.
Il turismo può favorire in maniera determinante il recupero dei rapporti interpersonali di cui tutti sentiamo una profonda nostalgia.
L’incontro, infatti, è strumento di dialogo e di reciproca conoscenza; è fonte di rispetto e di riconoscimento della dignità altrui; è premessa indispensabile per costruire legami duraturi. Il turismo religioso non può prescindere da questa prospettiva ed è chiamato a farsi promotore credibile di questi legami. Non venga mai a mancare il richiamo e la preghiera per la pace nel mondo e nello stesso tempo per la pacificazione nei rapporti interpersonali. L’uno e l’altro sono profondamente uniti e costituiscono la premessa per una pace duratura. D’altronde, è un’illusione pensare che la guerra sia soltanto un evento che tocca alcune nazioni. La pace inizia quando nel cuore di ognuno si installa in maniera stabile la carità che porta il rispetto per l’altro e il senso di fraternità che tutti accomuna.
Essere costruttori di pace non solo è possibile, ma è richiesto a quanti intraprendono un viaggio.

Pellegrini di speranza!

Pellegrini di speranza! Questo sarà il tema del nuovo anno catechistico, che ci porterà all’apertura del Giubileo. Metterci in cammino insieme è il nostro obiettivo, alla presenza di Dio e alla riscoperta del sentirci fratelli e sorelle. Qui trovate il calendario degli incontri, dei ritiri, delle confessioni e delle sospensioni per il cammino dell’iniziazione cristiana, dalla prima elementare alla terza media. Vi aspettiamo domenica 6 ottobre per la Santa Messa delle 10.30. Al termine, in oratorio, le iscrizioni e una pizzata tutti insieme. Per il pranzo le adesioni vanno inviate ai catechisti entro il 29 settembre. Grazie!

Scarica qui sotto il modulo per l’iscrizione. Qui trovi l’elenco dei catechisti

La scuola è ripartita…

L’anno scolastico è partito. Quando si intraprende un cammino però, non si può avere la pretesa di avere tutto pianificato e di riuscire a tenere tutto sotto controllo. Ci accorgiamo che l’imprevisto e l’inedito fanno parte dell’esperienza stessa del viaggiare. Viaggia solamente chi ha dentro di sé il desiderio di scoprire qualche cosa di nuovo che riguarda sé e gli altri. Non solo: il viaggio ci fa prendere consapevolezza dei nostri limiti e di aver bisogno certamente dell’aiuto di qualcuno, per arrivare a destinazione. Si va a scuola per imparare. Non si deve avere paura nel riconoscere le proprie fragilità, a farsi aiutare a superarle per apprendere sempre di più e meglio. Ogni fatica, ogni difficoltà, se riconosciuta come tale, non è da leggere come un ostacolo, ma come un’occasione.
La scuola è occasione propizia per imparare a percorrere la strada della vita, della crescita, della conoscenza, imparando a misurarsi con le proprie fatiche, scoprendo che l’umiltà è la via della perfezione.
Il più grande e necessario insegnamento è il valore del rispetto che non tollera nessuna forma di presunzione e di maleducazione, che non pretende nulla, e che riconosce nell’altro non un nemico, un rivale, ma un fratello dell’avventura stupenda della vita.
Il compito più affascinante è quello di proporre una didattica che attraverso lo studio delle materie conduca gli alunni a riscoprire il valore immenso della persona, ricordando come la debolezza sia il vero trampolino di lancio per un futuro promettente. Non bisogna avere paura, né incertezza, nel richiamare chi si atteggia in modo superbo, ricordando la via dell’educazione e dell’umiltà. La scuola proponga modelli di vita umili, evidenziando come i grandi scienziati siano arrivati alle loro scoperte attraverso la via dell’umiltà e dello stupore. Di fronte ad ogni risultato non pienamente positivo, indicare da subito la strada per il miglioramento. Come un marinaio che conosce i punti di forza e di debolezza delle sue vele, anche in questo anno scolastico si affronterà la navigazione che sta davanti, consapevoli che il vento che gonfia le vele a volte le metterà a dura prova, a volte servirà per sospingerle nel momento della fatica e a volte invece sarà quella brezza leggera che in modo lieve, ma costante, conduce l’imbarcazione al porto sicuro.
Anche Gesù sulla barca, nel pieno della tempesta, rimprovera i suoi discepoli che non hanno fede in lui. Lui si addormenta nel pieno della tempesta per smorzare il loro orgoglio e risvegliare in loro la consapevolezza della loro umanità. Così si legge nel Vangelo di Matteo: “Essendo poi salito su una barca, i suoi discepoli lo seguirono. Ed ecco scatenarsi nel mare una tempesta così violenta che la barca era ricoperta dalle onde; ed egli dormiva”. Allora, accostatisi a lui, lo svegliarono dicendo: «Salvaci, Signore, siamo perduti!».
Sì! È perduto l’uomo che non si affida, che crede di bastare a sé stesso, che non si apre all’aiuto fraterno e all’azione dello Spirito. Affidiamo il nuovo anno scolastico a Maria e affidiamo tutti alla grazia sanante dello Spirito perché sospinga con la sua forza la debolezza della vita. Ci basti la Sua grazia, che sgorga proprio dalla nostra fragilità e debolezza. Buon anno scolastico a tutti.

L’amore di Dio consiste nell’amare anche quando non conviene

Il 21 settembre la liturgia ci fa celebrare la Festa di San Matteo Apostolo ed Evangelista. Non a caso si legge un passo proprio del suo vangelo in cui viene raccontato il suo personale incontro con Cristo: “Andando via di là, Gesù vide un uomo, seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì”. Certamente ci saremmo aspettati qualcosa in più da questa asciutta descrizione, ma la cosa che colpisce di questo incontro è la pura iniziativa che Gesù prende, e che anticipa persino lo sguardo dello stesso Matteo. Infatti è Gesù a guardarlo, è Gesù a rivolgergli la parola, è Lui che lo mette in una condizione di decisione. Infatti l’incontro con Cristo è l’incontro con qualcuno che smuove dentro di te una scelta, un dinamismo della tua libertà. Per questo Matteo in questa scena non parla, ma agisce. E lo fa non in maniera casuale, ma in maniera obbediente alla richiesta di Gesù. Infatti la richiesta era stata di seguirlo, cioè di mettersi a camminare dietro di Lui, di imparare il discepolato, la sequela. Non chiede a Matteo una dimostrazione di affetto, ne gli fa una domanda per vedere se è preparato, gli domanda solamente di cominciare a mettersi in cammino e di farlo però non in maniera casuale, ma di farlo avendo come punto focale lo stesso Gesù.

La festa dell’evangelista Matteo non è una festa qualunque, perché è la festa di uno di quei discepoli che più di molti altri hanno fatto l’esperienza dell’amore di Dio. 
E l’amore di Dio consiste in una cosa molto semplice: amare anche quando non conviene. Fidarsi di qualcuno anche quando è inaffidabile. Scommettere sulle cause perse. Perdere la faccia per qualcuno che nella vita ha già mostrato il peggio di sé.
In pratica l’amore di Dio è un amore impopolare. Matteo è uno di questi, e Gesù senza prediche o condizioni chiama quest’uomo: “Andando via di là, Gesù vide un uomo, seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì”. Perché Gesù lo ha scelto? Perché proprio lui? 
Tutti dovremmo farci questa domanda: perché Dio dovrebbe amare proprio me? Perché ha dato la vita proprio a me?
Rispondere sarebbe di un’ingenuità pazzesca. La verità è che per capire il motivo per cui Dio delle volte ci ama così, non abbiamo nessun altro modo se non cogliere l’opportunità di quell’amore e cambiare vita. Matteo non avrebbe mai immaginato che cosa ne sarebbe stato di lui dopo quell’esperienza. Non poteva sapere quanto importante sarebbe stato il suo contributo, la sua opera. Certe cose le capisci solo dopo, e le comprendi solo attraverso un esercizio di profonda gratitudine. Di certo però oggi ci rimane un monito incandescente di Gesù: “Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio”.

Concerto “Vivaldi on the rock” con gli Archimia String Quartet

Sabato 21 settembre 2024, ore 21.00 nel Quadriportico del Mortorino
Tre secoli di musica e di contaminazioni: da Mozart ad una fuga di Bach rivisitata in chiave jazz; dall’Inverno di Vivaldi rielaborato con linguaggi roch, funky e samba ad un medley dedicato a Michael Jackson, da brani celebri di Eric Clapton ai successi dei Pink Floyd e … tanto altro ancora.
INGRESSO LIBERO

Diocesi: Lodi, il 20 settembre il vescovo dà il mandato ai catechisti e agli educatori a inizio anno pastorale

La Chiesa di Lodi si appresta ad iniziare il nuovo Anno pastorale e l’appuntamento è in calendario per il prossimo 20 settembre in cattedrale alle ore 21 con il mandato del vescovo Maurizio Malvestiti ai catechisti e agli educatori e l’assunzione degli impegni canonici dei sacerdoti destinati ai nuovi incarichi. “Pellegrini di speranza” è il titolo scelto per quest’anno, proposto da mons. Malvestiti nell’imminenza del Giubileo. “Una sola è la speranza, quella della vocazione alla santità. La speranza che non delude. Uno solo è il Signore, una la fede, uno il battesimo: uno solo è Dio e Padre di tutti al di sopra presente in tutti”.
Venerdì 20 settembre in cattedrale ci saranno anche i catechisti di san Fiorano in comunione con la Chiesa laudense insieme ai presbiteri della diocesi a cui di recente sono stati assegnati nuovi incarichi e che assumeranno i relativi impegni. Sarà l’opportunità per pregare non solo in vista del nuovo anno pastorale
e dei compiti attesi, ma anche perché il Signore susciti nuove vocazioni presbiterali. Assegnare il mandato ai catechisti contribuisce a inscrivere il catechismo nella dimensione qualificante dell’evangelizzazione.
Venerdì 27 settembre ci sarà invece ’iniziativa “Frammenti di speranza”, promossa dall’Upg della diocesi. All’appuntamento sono invitati in modo particolare tutti coloro che desiderano mettersi in cammino verso
il Giubileo dei giovani in calendario nell’estate 2025 a Roma. Il ritrovo per i partecipanti è previsto alle ore 19 presso il sagrato della basilica cattedrale di Lodi. Dopo un primo momento di testimonianza, ci si metterà in cammino per le vie della città per raggiungere la parrocchia di Santa Maria Ausiliatrice. È prevista quindi la cena al sacco. Alle 21.30 si terrà nella parrocchiale un momento di preghiera con il vescovo . La conclusione intorno alle 22.15.

Esaltazione della Croce (2)

Far arrivare l’Amore di Cristo Crocifisso nella nostra vita significa sperimentare che al di là di quello che abbiamo vissuto o che viviamo, noi rimaniamo radicalmente liberi.
Gesù è morto per questo. È morto perché la parte più decisiva di noi potesse esercitare fino in fondo una libertà radicale. Da quel momento in poi nessuna ferita, nessuna malattia, nessuna ingiustizia, nessun male potranno mai sostituirsi alla nostra libertà. Tutte queste cose possono solo condizionarci, intralciare, rallentare, ma mai cancellare la nostra libertà di fondo. Questo fa esclamare a San Paolo una simile affermazione: “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi”.
Il modo attraverso cui questa libertà c’è stata data è proprio la Croce.

Quando diciamo “Croce di Cristo” non ci riferiamo al semplice legno o ai chiodi bensì al modo con cui Egli se n’è fatto carico. Infatti la Croce che salva è il dono di sé. Gesù ha dato la sua vita per ciascuno di noi realizzando in pieno ciò che aveva detto: “nessuno ha un amore più grande di chi dà la vita per gli amici”.
Accogliere la Croce allora non significa andarsi a cercare la sofferenza, ma vivere tutto quello che la vita ci riserva (bello o brutto che sia) domandandoci se lo stiamo vivendo per amore e con la logica del dono. In questo senso un padre che si sveglia presto la mattina e va a lavorare, o una madre che fa i salti mortali per far quadrare i conti, o un malato che deve affrontare una terapia dolorosa, o una qualunque persona che vive una qualunque circostanza della vita deve chiedersi se sta vivendo quelle cose subendole o accogliendole come un modo per amare e per donare la vita. Gesù non è venuto solo a darci l’esempio, ma a ricordarci che in questo particolare modo di accogliere la vita, noi non siamo soli. Lui è con noi, crocifisso con noi, inchiodato con noi. Non è lontano nei cieli ad osservare come ce la caviamo, ma è con noi a vivere intimamente quello che ci accade. Ecco perché guardarlo in Croce non deve suscitare sensi di colpa, ma senso di gratitudine. Lo guardiamo e diciamo: “hai deciso di stare con me, dalla mia parte, lì dove tutti scappano. Hai offerto la tua vita perché io non fossi solo mai. Sei morto perché io possa accogliere la morte sapendo che l’hai vinta”.

Esaltazione della Croce (1)

La Croce è l’esaltazione dell’Amore di Colui che ha donato la propria vita. Una festa che esalta la Croce potrebbe sembrare una festa al quanto macabra. Ma questo rischio lo corriamo soprattutto quando non abbiamo chiaro che cosa sia innanzitutto la Croce. Essa non è l’esaltazione del dolore, della sofferenza come lo strumento privilegiato che un sadico Dio usa per salvarci. La Croce è ciò che spiega mirabilmente Giovanni nella pagina del Vangelo di questa festa: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui”.
La Croce quindi è l’esaltazione dell’Amore di Colui che ha dato la propria vita per amore nostro.
Neanche a Gesù piace il dolore e la sofferenza. Non a caso ha passato la vita cercando di alleviare il dolore altrui. E quando si trova davanti alla possibilità della Croce anche Lui trema, ha paura, lo confida a Dio e ai suoi amici. Gesù non ama il dolore ma ama noi, e se per amore nostro deve affrontare anche ciò che a Lui non piace allora Egli lo affronta perché non c’è dolore che possa fermare l’immenso amore che ha nel cuore.
Lasciarci educare dalla Croce significa quindi lasciarsi educare da questo amore. È imparare a vivere la vita nella sua interezza smettendo di sceglierci solo ciò che ci piace ed accettare anche ciò che non ci piace, ma accettarlo per amore di Qualcuno, e non per semplice eroismo.
Chi ama sperimenta una forza misteriosa. L’amore ci rende capaci di cose impossibili.
È questa la testimonianza di Gesù: ha amato facendo una cosa impossibile, cioè accettando di morire, e proprio per questo risorgere.

Finché non ci lasceremo raggiungere dall’amore crocifisso di Cristo, allora la nostra vita non sarà veramente una vita salvata. Infatti solo quando ti senti amato di un amore totale, gratuito e che dona tutto, solo allora la tua vita è una vita salva.
La Croce non serve a suscitare sensi di colpa, ma esattamente a distruggerli. Dio non ci ha amati tanto da indurci ad amarlo per contropartita. Egli ci ha amato e basta, senza domandare nulla in contraccambio. Vivere una vita diversa a partire da questo Amore è solo frutto di una nostra libera decisione. Ma nessuno è libero se innanzitutto qualcuno non lo ama. 
Solo l’amore rende le persone libere. Per questo Dio ci ha amato per primo, e ci ha messo nelle condizioni di essere radicalmente liberi.