La vicinanza alla commemorazione dei defunti ha dato alla festa di Tutti i Santi una connotazione un po’ funebre, mentre ci fa bene ricordare che tendiamo a raggiungere il fine e, senza paura per la fine, desideriamo raggiungere il fine della nostra esistenza, che è l’incontro con il Signore. Questo incontro per noi significa santità, cioè perfezione della vita, maturazione piena, raggiungimento dell’obiettivo che il Signore ha progettato per noi. Il fine per cui stiamo vivendo è la nostra santità. Ognuno di noi può dire con piena verità: “Io sono chiamato ad essere santo e desidero arrivare al compimento di questo progetto che Dio ha su di me”. Abbiamo bisogno di ripetercelo: in Paradiso arrivano solo le persone sante e noi vogliamo andare in Paradiso! Questo è il semplice linguaggio popolare, che vuol dire: vogliamo arrivare alla perfezione della vita e alla santità, che è un altro nome della felicità. Le cose, le comodità, tutti i beni che abbiamo non bastano, il nostro cuore desidera di più; la tristezza che possiamo sentire è l’indizio che manca l’essenziale. È la presenza del Signore infatti che dà una concretezza profonda, ci aiuta ad apprezzare tutto quello che c’è di buono, impegnandoci nel valorizzare il bene presente negli altri. In questa strada della santità c’è per noi la possibilità di futuro: non andiamo a cercare un’altra via, se non la presenza del Signore che garantisce il nostro futuro buono, sapendo che il nostro tempo passa, ma il Regno di Dio non avrà mai fine.
Cos’è la Comunione dei Santi
La nostra partecipazione alla redenzione del Cristo implica una partecipazione all’uomo della vita divina, di una grazia però che non è un bene esclusivo e non lo diviene mai, ma tanto più si partecipa quanto più anche diviene comune. Ora, proprio per questo motivo, la comunione delle cose sante diviene naturalmente e necessariamente la Comunione dei santi. Se la grazia di Dio non si comunica all’uomo che aprendo l’uomo ad una universale comunione, ne viene precisamente che, quanto più l’uomo partecipa di questi doni divini, tanto più anche comunica con gli altri uomini, vive una comunione di amore con tutti quelli che partecipano ai medesimi beni. Per la carità di Dio l’uomo non si apre soltanto a Dio, non entra in comunione soltanto con la divinità, ma acquista una sua trasparenza onde l’anima può comunicare con tutte le altre anime, può vivere un rapporto di amore anche con tutti i fratelli. Il peccato ci ha divisi, ci ha opposti gli uni agli altri e ci ha separati, ci ha reso opachi, impenetrabili all’amore; la grazia invece ci dona questa nuova trasparenza, ci dona questa nuova possibilità di comunione di amore. Ed è questo precisamente allora l’effetto della grazia divina: che cioè noi viviamo la vita di tutti e tutti vivono della nostra medesima vita; non c’è più nulla di proprio che non sia, anche qui, di tutti. Quanto più noi siamo ricchi e partecipiamo agli altri i nostri beni, tanto più dell’altrui bene noi viviamo. Un santo tanto più è santo quanto più è privo di ogni difesa nel suo amore, quanto meno è chiuso nella sua ricchezza. La comunione dei santi è precisamente la Chiesa.
Il termine «comunione dei santi» ha pertanto due significati, strettamente legati: «comunione alle cose sante (sancta) e «comunione tra le persone sante (sancti)». «Sancta sanctis!» – le cose sante ai santi – viene proclamato dal celebrante nella maggior parte delle liturgie orientali, al momento dell’elevazione dei santi Doni, prima della distribuzione della Comunione. I fedeli (sancti) vengono nutriti del Corpo e del Sangue di Cristo (sancta) per crescere nella comunione dello Spirito Santo e comunicarla al mondo.