La quarta domenica del Tempo di Avvento di quest’anno precede di soli due giorni l’apertura della Porta Santa della Basilica di San Pietro in Roma quale segno dell’inizio dell’Anno Giubilare 2025, il cui motto è Pellegrini di Speranza. Dedicato al tema della Speranza e con un forte richiamo al pellegrinare.
Il pellegrinaggio è, infatti, uno dei segni del Giubileo. Come si legge sul portale dedicato all’Evento, il giubileo chiede di mettersi in cammino e di superare alcuni confini.
Un esempio di questo pellegrinare ci è offerto proprio dal Vangelo di questa domenica: Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Il cammino di Maria verso sua cugina Elisabetta non è facile. Percorrere la regione montuosa, correre il rischio di un viaggio? I racconti evangelici non ci riportano cosa pensasse Maria durante il viaggio verso Elisabetta, ma fra l’annuncio dell’angelo e la visita ad Elisabetta c’è un filo rosso che collega tutta la storia di Maria. Questo filo rosso è la fiamma della contemplazione. Una fiamma invisibile che si accende nel grembo di Maria e che si rivela quando il bambino esulta di gioia nel grembo di Elisabetta. Una fiamma che possiamo contemplare anche noi, nella nostra storia, quando i palmi si rivolgono verso l’altro e verso l’alto, quando il nostro ascolto della Parola si fa preghiera e accoglienza, mani che si aprono e che rendono visibile l’invisibile promessa di Dio nella nostra vita. Elisabetta parla di orecchi, non di occhi.
Cos’ha sentito Elisabetta? Perché il Vangelo ci riferisce questo particolare? Elisabetta ci fa pensare ad un mutismo che all’improvviso viene meno attorno a lei: difatti, proprio suo marito, Zaccaria, era stato reso muto dopo l’annuncio nel tempio della nascita di Giovanni. Più frequentemente, siamo soliti collegare al senso della vista un motivo di gioia, di esultanza, quale quella provata da Elisabetta e da Giovanni nel suo grembo. Ma in questo Vangelo, il collegamento diretto all’emozione della gioia è l’udito. Perché? Perché Maria porta con sé la Parola: la Parola vivente, la Parola fatta carne. E la Parola si sente, si ode, si ascolta, si contempla. Prima che dal vedere Maria, Elisabetta è sorpresa dal sentire il saluto che Maria le rivolge: dall’irrompere nella sua casa della Parola che Maria porta nel grembo.
Maria avrebbe potuto trovare Elisabetta in qualsiasi luogo della città, ma è a casa di Zaccaria che va e la trova. E andando, porta con sé la Parola vivente che irrompe nella casa e, irrompendo, scioglie, non ancora il mutismo di Zaccaria, ma il mutismo che avvolge Elisabetta; quel mutismo che è silenzio sterile perché privo della Parola di Dio. È stato necessario sentire, ascoltare. È lo stesso che può accadere nella vita spirituale di ciascuno: avere al nostro fianco il Signore Gesù in persona, vederlo e non riconoscerlo.
Fintanto che non si ascolta la Sua voce. E poter esclamare: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». Probabilmente, è la stessa fiamma della contemplazione che ardeva nel cuore di Maria mentre era in viaggio verso la casa di Zaccaria.
Quali sono i confini che riconosco essere necessario superare per la mia crescita umana e spirituale? Sono disposto a mettermi in cammino per realizzare il progetto di amore che Dio ha pensato per me? Del cammino della mia vita già compiuto faccio memoria delle volte in cui il Signore si è manifestato come compagno di viaggio proprio quando invece credevo di essere solo/a? Sono disposto a custodire e ad alimentare la fiamma della contemplazione che rende visibile l’invisibile nella mia vita?