La parola “battesimo” è greca e vuol dire “immersione”; “battezzare” significa “immergere”.
Giovanni Battista aveva proposto questo gesto penitenziale: una immersione nelle acque del Giordano. Era un gesto con cui le persone si umiliavano davanti a Dio. Scendere nell’acqua, andare sott’acqua vuol dire “morire”. È un modo per dire: “Abbiamo l’acqua alla gola, stiamo annegando, da soli non ci salviamo”. Giovanni Battista diceva alla gente: “Riconoscete che avete bisogno di essere salvati, immergetevi in segno di penitenza, chiedere al Signore che intervenga per aiutarvi!” E molta gente andava a compiere questo rito penitenziale. Anche Gesù si è messo in fila con i peccatori ed ha accettato questo rito. Gesù si è umiliato in quel momento. Pensate: il Signore del cielo e della terra, il padrone di tutto … è nato bambino in una situazione di semplice povertà, ma anche da grande è rimasto nascosto in mezzo a tanta altra gente. C’era tantissima gente intorno a Giovanni Battista e Gesù era uno come gli altri: non ha voluto emergere per farsi vedere, ma si è messo alla pari degli altri e con umiltà è sceso nelle acque. È sceso. “Scendere” vuol dire “accettare” anche l’umiliazione: è il contrario di alzarsi, di alzare la testa, di emergere, di farsi vedere come i più importati. Noi spesso abbiamo questa voglia istintiva di emergere, di farci notare, di attirare l’attenzione. Da Gesù impariamo invece un atteggiamento di abbassamento, di umiltà; e mentre è raccolto in preghiera succede qualcosa: si aprono i cieli e si sente una voce. È la voce di Dio Padre che si rivolge diretta a Gesù e gli dice: “Tu sei il Figlio mio, l’amato; in te ho posto il mio compiacimento”.
È una rivelazione straordinaria: Dio fa sentire la sua voce.
Da Nazareth al Giordano ci sono centinaia di chilometri, quindi non è passato di lì per caso, ci è andato per mettersi insieme ai peccatori e in quel momento, dopo l’immersione, Dio Padre si fa sentire. È la prima volta che nel Vangelo si dice che la voce di Dio entra nella storia – ed è rivolta a Gesù: “Tu sei mio Figlio, tu sei l’amato; io ti approvo, hai tutta la mia stima, il mio favore, mi piaci”. Pensate quale bella parola!
È un complimento straordinario che un genitore può fare al figlio, ad un figlio adulto e maturo, di trent’anni: non è un banale complimento a un bambino! Pensate la soddisfazione di un genitore che può dire ad un figlio di trent’anni: “Tu sei il mio compiacimento, hai tutto il mio apprezzamento, mi hai dato soddisfazione”. Gesù è il Figlio che dà soddisfazione al Padre: ha il suo consenso pieno, il suo apprezzamento.
Noi oggi con il linguaggio moderno dei social diremmo: “Mi piaci”. Non è un banale pollice alzato, è un riconoscimento grandioso. Dio Padre dice a Gesù: “Tu sei il Figlio che ci vuole, mi piaci”.
Nel Battesimo anche noi siamo figli di Dio … siamo figli che danno soddisfazione al Padre?
Siamo diventati figli, uniti a Gesù che è il Figlio, siamo diventati cristiani uniti al Cristo … viviamo una vita da figli? Siamo imitatori di Cristo? Abbiamo Gesù come nostro modello di vita? Vogliamo che sia cosi! Gesù è il nostro ideale! Vogliamo crescere, vogliamo vivere, vogliamo fare tutto avendo Gesù come ideale di vita, come modello da seguire: Lui è il Figlio che piace, noi vogliamo essere figli che piacciono a Dio Padre. Vogliamo avere il suo gradimento: non quello del mondo, non ci interessa l’approvazione degli
uomini, della società e delle mode, ci interessa l’approvazione di Dio. È una scelta molto importante.
Scegliere di seguire Gesù nella vita, di crescere come Lui, vuole dire “avere Lui come modello”; ci vede e ci segue e ci accompagna ogni momento della nostra vita in tutto quello che facciamo, in tutto quello che diciamo, in quello che pensiamo è presente dentro di noi e ci conosce nell’intimo, meglio di come noi conosciamo noi stessi. Vogliamo piacergli, vogliamo che possa dire: “In te ho posto il mio compiacimento”. Questa espressione è la stessa parola che adoperano gli angeli quando annunciano la “pace in terra agli uomini della benevolenza”. È un termine difficile da tradurre e quindi si rende con termini diversi.
Gli uomini sono oggetto della benevolenza di Dio; Dio vuole bene all’umanità, ma l’uomo a cui vuole più bene è il Figlio Gesù: “Tu sei veramente il Figlio in cui io trovo compiacimento; mi piaci, sei veramente l’uomo che ho sempre sognato”. E noi – nella nostra umanità – vogliamo imitare Gesù, vogliamo essere come Gesù: solo se siamo come Gesù, saremo veramente uomini e la nostra vita sarà realizzata.
Vogliamo piacere a Dio: vogliamo essere in tutto come Gesù!