4 di Quaresima: Riscopriamo il digiuno da arrabbiature, delusioni e rancori

Nelle settimane precedenti abbiamo passato in rassegna il digiuno delle labbra e della lingua, il digiuno degli occhi e poi il digiuno delle orecchie. Oggi parliamo del digiuno del cuore, per vincere il cuore cattivo e malizioso, tipico del fratello maggiore che non sa gioire con il cuore di Dio. Quel fratello maggiore – a cui noi, purtroppo, assomigliamo – alla notizia della festa «si indignò»: è arrabbiato con il Padre, è arrabbiato con il fratello, è arrabbiato con il mondo. Non so come mai, ma le arrabbiature sono un elemento costante nel nostro stato d’animo. C’è pieno di persone arrabbiate con il mondo. Senza avere grossi motivi o semplicemente per motivi generici abbiamo un cuore arrabbiato, polemico, pronto ad aggredire gli altri, anche per piccole cose. È da questo che dobbiamo digiunare, dalla rabbia del cuore. Mi direte: “Quando viene istintivo, che cosa ci posso fare?”. È proprio qui l’impegno della penitenza! Proprio perché ti viene istintivo un moto di rabbia verso le altre persone – perché sbagliano, perché si comportano male, perché rovinano il mondo, perché sono diverse da te – questo atteggiamento deve essere corretto, deve essere curato, deve essere addolcito da un impegno di pazienza, da un occhio buono, da uno sguardo benevolo, da un pensiero di benevolenza. Così impegniamoci a digiunare dalle amarezze, dalle delusioni, dai rancori. Sono tutti sentimenti che sgorgano dal cuore e nascono spontaneamente come le erbacce: siamo amareggiati perché ci è capitato qualcosa, perché ci hanno in qualche modo trattato male o non come volevamo; spesso siamo delusi, da come gli altri si pongono nei nostri confronti; talvolta possiamo nutrire anche un rancore verso qualcuno che ci ha fatto del male. Il cuore rischia di essere pieno di tali amarezze, delusioni, rancori. Bisogna fare pulizia. La penitenza quaresimale ci chiede una pulizia del cuore. È questo il digiuno! Non coltivare i pensieri amari: se anche qualcuno ci ha deluso, dobbiamo avere la capacità di superare quell’atteggiamento di amarezza e di rancore che ricorda il male e che in qualche modo desidera contraccambiare. Digiuniamo da ogni istinto di vendetta, da ogni pensiero cattivo, da ogni ricordo del male che ci possono aver fatto. Quando vengono questi sentimenti nel cuore, questi pensieri nella mente, impegniamoci a toglierli e a non assecondarli, questo è il digiuno! Togliere dalla nostra mente tutto ciò che è negativo, scacciare i sentimenti maligni, vincere ogni amarezza. Digiuniamo anche dalle preoccupazioni inutili. Molte volte il nostro cuore è pieno di inquietudini e trepidazioni, ci preoccupiamo di più di quel che dobbiamo per tante cose inutili, talvolta abbiamo anche paura del futuro. Con una grande fiducia in Dio, possiamo togliere tante di queste preoccupazioni inutili. Con il digiuno quaresimale che purifica il cuore, possiamo correggere quell’atteggiamento da fratelli maggiori e riconoscere che, a causa di questo stato d’animo, noi siamo dei figli peccatori. D’altra parte ci impegniamo a rallegrarci, perché Dio ci accoglie, nonostante i nostri difetti. Abbiamo il coraggio di guardare il nostro cuore e di riconoscere che è pieno di male, dopodiché siamo anche contenti perché il Signore continua a volerci bene benché siamo pieni di atteggiamenti negativi. Ma proprio per andare incontro a Lui, che è misericordia infinita, vogliamo digiunare da arrabbiature, amarezze e rancori, da delusioni e preoccupazioni inutili, insomma da tutto ciò che rovina la nostra vita, per poter essere come Lui, grandi nell’amore.

La memoria di un Sì che ha cambiato la storia

Nel cuore della Quaresima la liturgia ci mette una memoria liturgica che sembra stridere con i temi della passione, morte e resurrezione di Cristo. Eppure questa festa è la radice più vera della Pasqua.
Infatti Gesù non ha salvato il mondo solo a partire dagli ultimi giorni della sua vita terrena.
Egli ha cominciato a salvare il mondo fin dal primo istante in cui è entrato nella storia.
E questo ingresso lo ha fatto prima attraverso la libertà di questa donna e poi attraverso il suo grembo.
Infatti non dobbiamo mai dimenticarci che Dio è onnipotente, cioè può tutto.
Eppure vincola la sua onnipotenza alla libertà dell’uomo. La storia della salvezza è una storia che si intreccia inevitabilmente anche con le scelte che ognuno fa. Direbbe sant’Agostino: “il Dio che ci ha fatto senza di noi, non ci salva senza di noi”. Questa è la festa della prima vera grande alleanza concreta tra la Grazia di Dio e l’umanità. È Maria la protagonista di questo inizio. È la sua libertà la cosa che rende possibile tutto il resto. In questo senso la pagina del Vangelo di Luca che racconta l’annunciazione è come la cartina di tornasole davanti a cui dobbiamo chiederci a che punto è la nostra vita.
Infatti la nostra esistenza non è la somma degli eventi o delle cose che ci sono successe.
La nostra vita è la somma delle nostre scelte, dei nostri, si, nei nostri eccomi. Solo guardando a quanto abbiamo messo in gioco la nostra libertà riusciamo anche a capire anche punto ci troviamo.
Ecco perché il male non è semplicemente fare scelte sbagliate, ma è innanzitutto non fare mai delle scelte. E molto spesso la scusa per non fare mai delle scelte è nel fatto che non sempre capiamo tutto, che non sempre abbiamo sotto controllo le situazioni, che non sempre ci sentiamo pronti. Anche Maria si è trovata in una situazione simile ma ha compreso che a un certo punto della vita ciò che più che conta è il rischio della libertà e non le rassicurazioni. Onorare questa festa significa rischiare di decidere oggi qualcosa.

Annunciazione del Signore

La solennità dell’Annunciazione del Signore è tra le feste mariane più significative che celebriamo.
E questo non solo perché da qui in poi calcoleremo nove mesi per ritrovarci a Natale, ma perché questa festa segna l’ingresso di Dio nella storia attraverso proprio il grembo della Vergine Maria. Leggendo questa storia ci si accorge subito che è troppo poco pensare che Dio metta piede nella storia servendosi del grembo di una donna. In realtà Egli entra nella storia facendo leva sulla libertà e disponibilità di questa donna.
Per questo c’è un dialogo: una domanda, una risposta. L’angelo non scambia solo informazioni ma pone davanti a Maria la possibilità di quello che sta per accadere. Da sempre la Chiesa ha avuto la sensazione che la vera password d’accesso all’incarnazione sia nell’Eccomi pronunciato da Maria: “Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola»”. 
Ma questo eccomi è pronunciato nonostante la paura, le domande, l’incomprensione del Mistero che le si poneva innanzi. Sembra che il vangelo voglia suggerirci un segreto: l’unico modo affinché arrivi un senso nella nostra vita è accogliere la vita così come il Signore ce la pone dinanzi, facendo spazio con tutto noi stessi agli eventi anche quando ci spaventano o ci gettano in confusione.
La fede di Maria è fede in un’opera di Dio che le è ancora misteriosa. Sembra che l’atteggiamento della sua fede suggerisca che Ella si fidi di Dio nonostante tutto. Ella coltiva una fiducia che è più grande delle evidenze che deve affrontare. È in questo abbandono fiducioso che si trova l’inizio della redenzione così come la conosciamo. Questa solennità è il giorno giusto per chiedere al Signore la Grazia di saper dire Eccomi anche noi a tutto quello che in questo momento la vita ci sta mettendo dinanzi, e così scoprire che anche nel grembo della nostra vita il Verbo è tornato a farsi carne.

33° Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri

Lo Slogan scelto in vista della 33esima edizione della Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri – appuntamento istituito nel 1993 dal Movimento Giovanile Missionario della direzione nazionale italiana delle Pontificie Opere Missionarie – è “Andate e invitate”.
Nella parabola raccontata da Gesù, nel Vangelo di Matteo, si parla di un comando che il re dà ai suoi servi nel momento in cui gli invitati non si presentano al banchetto e quindi decide di invitare tutti, anche coloro che stanno ai crocicchi delle strade. In particolare, la sottolineatura dei due verbi “andate” e “invitate” ci ricorda che, sull’esempio dei missionari, “la missione è un andare instancabile verso tutta l’umanità per invitarla all’incontro e alla comunione con Dio. 
Instancabile! Dio, grande nell’amore e ricco di misericordia, è sempre in uscita verso ogni uomo per chiamarlo alla felicità del suo Regno, malgrado l’indifferenza o il rifiuto.
In questo giorno vogliamo ricordare in particolare tutte le missionarie e i missionari che hanno donato la propria vita nell’annuncio del Vangelo e nel servizio ai prossimi. 
L’esempio dei tanti missionari ci incoraggia nel rinnovare il nostro impegno nell’aiuto ai più bisognosi, nella lotta alle ingiustizie e nel prendere posizione davanti a atti di prepotenza, ricordandoci che anche nelle situazioni umane più drammatiche può accendersi una luce di Speranza.
I Martiri, sono i testimoni della speranza che non delude. Esiste una relazione vitale tra il tema del “martirio” e il tema della “speranza”: possiamo dire senz’ombra di dubbio che non è possibile pensare al martirio, senza che questo sia sostenuto dalla forza vitale della Speranza.

Riscopriamo il digiuno delle orecchie

Riferiscono a Gesù un fatto di cronaca nera, e il Maestro riprende il ricordo di un incidente sul lavoro: si parla di casi di cronaca del suo tempo, ma potrebbero essere cronaca del nostro tempo. Di fronte a situazione disastrose di morti e di violenze, qualcuno si può domandare: “Erano più peccatori degli altri, quelli che sono rimasti vittime?”. Gesù risponde con forza: “No”, ma coglie l’occasione di quei casi di cronaca per dire a ciascuno di noi: “Attento, perché anche tu rischi di rovinarti la vita; se non vi convertite perirete tutti allo stesso modo”. C’è una contrapposizione netta, una alternativa: o conversione o rovina! Convertirsi vuol dire aderire al Signore, veramente, con tutto il cuore, pensare come pensa Lui, agire come agisce Lui, dare alla nostra vita lo stile di Gesù. C’è da cambiare il cuore, la mente, altrimenti andiamo incontro alla rovina, alla rovina della nostra vita; e ognuno deve pensare proprio alla scelta di vita e riconoscere che ci sono delle cose sbagliate che stanno rovinando la propria esistenza. È una grazia di Dio riconoscere quello che stiamo sbagliando per poter correggere ciò che è errato e sta rovinando la vita e rischia di rovinarla del tutto. Il peccato è una rovina. Ecco perché la tradizione ecclesiale ci insegna a vivere la Quaresima con il digiuno, cioè con un atteggiamento di penitenza, che toglie qualcosa, non semplicemente alla tavola, ma soprattutto dagli atteggiamenti sbagliati. Vorrei rivolgervi un invito a digiunare con le orecchie e a creare un po’ di silenzio. Viviamo in una civiltà del rumore e del frastuono, che sente la necessità di un continuo sottofondo per riempire a tutti i costi il silenzio. Non so perché, ma spesso il silenzio fa paura; o forse lo so il perché … perché nel silenzio ognuno si incontra con se stesso e abbiamo paura di guardare in faccia la nostra realtà. La musica, le parole, i suoni di sottofondo danno l’impressione di riempire un vuoto, distraggono, tengono compagnia. È il motivo per cui tante persone, non solo i giovani, vivono sempre con le cuffiette nelle orecchie, anche adulti e anziani – ognuno coi propri mezzi – con la radio, con la televisione, sempre con un suono nelle orecchie, per coprire il silenzio. Digiuniamo dunque da questi suoni inutili, impariamo a utilizzare i mezzi di comunicazione per ascoltare quello che ci interessa, non quello che capita, lasciando che la televisione e la radio funzionino ininterrottamente mentre facciamo dell’altro per stordire la testa. Non abbiamo bisogno di distrarci e neanche di divertirci, abbiamo bisogno di concentrarci e di convertirci. Notate che il verbo distrarsi o divertirsi comincia con il prefisso dis— che è negativo, come discordia e disperazione. Con questo prefisso si creano tanti termini negativi. Al contrario conversione e concentrazione hanno il prefisso con— che indica la compagnia; e con questo prefisso si creano molte parole belle come concordia che è il contrario della discordia e la conversione che è il contrario del divertimento: convergere o divergere … sono opposti! Convergiamo verso il Signore, oppure prendiamo una strada alternativa, divergiamo da Lui. È quello il divertimento, fare dell’altro, distrarsi, non pensarci; il Signore ci chiede invece un impegno serio. Facciamo silenzio, digiuniamo con le orecchie, digiuniamo dall’ascolto di tante cose inutili, digiuniamo dalle distrazioni e concentriamoci proprio sulla nostra vita. Lasciamo che il Signore metta a nudo la nostra esistenza. Abbiamo il coraggio di guardarci dentro, di riconoscere quello che abbiamo sbagliato, quello che stiamo sbagliando. Non abbiamo paura di questo, perché siamo con il Signore che è misericordia e grazia, non ci disperiamo di fronte al nostro peccato, perché confidiamo in Lui. Non abbiamo bisogno di coprire qualcosa, di far finta di niente, abbiamo bisogno di conoscere dove sbagliamo, di riconoscere i nostri peccati e affidarci al Signore perché non ci roviniamo la vita, ma la possiamo salvare con la sua grazia. Digiuniamo da tanti ascolti inutili, ascoltiamo il Signore attraverso la nostra coscienza, ascoltiamo la sua Parola, lasciamoci toccare nel vivo, lasciamoci correggere. È il nostro Dio, che si è rivelato a noi col suo Nome proprio, vuole entrare in comunione con la nostra vita. Convertiamoci a Lui, per non perire, per non rovinare la nostra vita. Orientiamoci a Lui e ascoltiamolo, chiudendo le orecchie a tante cose inutili, per aprirle a ciò che è essenziale, che dura e realizza la nostra vita.

Solennità S. Giuseppe ci insegna la via della Giustizia

Il Vangelo ci presenta la figura di Giuseppe come «un uomo giusto». Egli si è fidato di ciò che il Signore gli ha rivelato e ha accolto la sua sposa Maria. La giustizia è una virtù importante, fondamentale, per la vita umana ed è la costante e ferma volontà di dare a ciascuno il suo. È una virtù della volontà, corrisponde al voler bene – volere il bene dell’altro, il bene della società – e questo porta ad un comportamento retto e onesto. Molte volte sentiamo nei casi di cronaca che i parenti delle vittime vogliono giustizia, ma sembra che la giustizia debbano farla gli altri; dobbiamo imparare invece che ognuno di noi deve fare giustizia – non aspettare che altri compiano delle opere giuste – io devo essere giusto in tutto ciò che faccio.
La giustizia è volere il bene e dare a ciascuno quello che gli è dovuto. Pertanto ci accorgiamo che molti nostri atteggiamenti, anche nei piccoli, sono invece segnati dall’ingiustizia: imbrogliare durante un gioco, ingannare con una menzogna è un danno che facciamo all’altro, è un’azione ingiusta. Sono piccole cose, ma sono sbagliate. Dobbiamo imparare nelle piccole cose di tutti i giorni a essere giusti e precisi.
Il mondo dell’economia, dei soldi, è segnato da una quantità immensa di ingiustizie: le truffe, gli imbrogli,
i furti, le rapine, le omissioni di offerta; per fare soldi si commettono facilmente ingiustizie, si compiono azioni sbagliate, perché c’è un ideale superiore: quello del denaro. Vogliamo imparare a essere persone oneste, giuste nei conti, anche nelle piccole cose, anche nelle relazioni con gli altri – i figli coi genitori, fra marito e moglie, nei conti della spesa, nei piccoli acquisti. La giustizia entra in tutte le nostre attività.
La giustizia può essere violata anche con le parole: la maldicenza, il disprezzo per qualche persona, il pettegolezzo; la calunnia è una violazione della giustizia, perché non viene dato l’onore a quella persona, ma le viene tolto … è perciò un danno. Dire bugie o cattiverie contro le persone è una azione ingiusta.
Allora dobbiamo imparare sempre di più a essere corretti nei pensieri (non pensiamo male del prossimo!), nelle parole (non diciamo cose cattive degli altri!), nelle azioni (non inganniamo!), proprio perché vogliamo essere coerenti e trasparenti, dando a ciascuno ciò che gli è dovuto. Ma non dimentichiamo che anche a Dio dobbiamo qualcosa – anzi – dobbiamo tutto! La virtù della giustizia nei confronti di Dio si chiama religione: l’atteggiamento religioso che considera Dio e gli dà attenzione, gli offre gratitudine, riconoscenza è atteggiamento giusto, perché Dio se lo merita proprio. Non prendere in considerazione Dio, non dargli tempo, non dargli affetto, è al contrario ingiustizia, è come ingannare la nostra natura. Giuseppe – uomo giusto – era tale non solo perché faceva i conti in regola, ma perché, ascoltando il Signore, gli ha obbedito e si è fidato. È un uomo giusto perché è un uomo di fede, un uomo obbediente. Ecco un altro settore importante della giustizia: l’obbedienza … dovuta ai genitori, a coloro che ci guidano, che di educano, che ci governano nella vita. L’obbedienza è un dovere di giustizia ed è un atteggiamento che, già da bambini, rischia di essere proprio la fonte di peccato. Il peccato più comune che confessano i bambini è infatti di essere disobbedienti, di rispondere male ai genitori, ma è l’atteggiamento comune che manteniamo anche da grandi! Non nel caso dei genitori, ma l’obbedienza ci dà fastidio. Anche l’obbedienza a Dio … e se potessimo, risponderemmo male anche a Lui … e qualche volta lo facciamo. La giustizia come virtù umana ci insegna a volere bene a Dio, a riconoscerlo come creatore e salvatore, e a obbedirgli in tutto, non quando ci fa comodo, in tutto! È l’obbedienza della fede che ci salva. San Giuseppe ascolta quella parola divina che lo riguarda in prima persona e gli chiede un sacrifico, un coraggio enorme: egli obbedisce.
Perciò è un grande maestro per noi. Chiediamo al Signore che ci aiuti in questo tempo di Quaresima a diventare più umani. E quando le persone sono più umane, più giuste, più moderate, si vive molto meglio. Il mondo nuovo lo creiamo noi! Gesù è venuto per creare un mondo nuovo attraverso di noi; ognuno di noi si ripeta: “Voglio giustizia” — cioè voglio fare giustizia io per primo: se gli altri non la fanno, pazienza, io voglio essere giusto!

Giornata Nazionale di Commemorazione delle vittime del COVID-19

Martedì 18 marzo ricorrerà la Giornata nazionale di commemorazione delle vittime del COVID-19. A partire dal mese di febbraio, vi sono già state diverse iniziative di commemorazione nel nostro territorio, che per primo conobbe il tremendo insorgere della pandemia esattamente 5 anni orsono. Come allora, continuiamo a pregare per le vittime, spesso decedute in solitudine, ma anche a consolare coloro che persero i propri cari in circostanze sovente drammatiche, sempre esprimendo grande riconoscenza e ammirazione per tutti coloro che si spesero con dedizione, talvolta perfino eroica, per accompagnare i morenti, curare i malati, assistere i bisognosi.
In questo giorno rievocheremo e condurremo nella Celebrazione Eucaristica questo vissuto, associato al mistero di Cristo Crocifisso e Risorto. Potrà così risuonare consolante nell’anno giubilare che stiamo vivendo l’appello alla speranza che non delude.
Alle ore 12 suoneranno le campane a lutto.

2 di Quaresima: digiunare da sguardi maligni

Sul monte i discepoli videro la gloria di Gesù, contemplarono con i loro occhi la figura divina del loro Maestro. Lo conoscevano bene come uomo, in quella occasione straordinaria lo videro nella forma divina e rimasero abbagliati. Non compresero bene quello che stavano vivendo, ma ne ebbero un grande incoraggiamento per affrontare il dramma della morte stessa di Gesù. Nella luce della trasfigurazione chiediamo al Signore che purifichi i nostri occhi, che pulisca il nostro sguardo, perché possiamo contemplare il suo volto e riconoscerlo presente nella nostra vita, per poter vedere dove stiamo andando e avere ben chiara la meta della nostra esistenza, che è l’incontro con la sua persona. In questo tempo di Quaresima la liturgia e la saggezza della Chiesa ci invitano al digiuno, alla penitenza e all’astensione da ciò che è male. Perciò in queste settimane penitenziali suggerisco qualche modo alternativo di digiuno, che non consiste soltanto nel non mangiare alimenti, ma nel purificare tutti i sensi. Nella Domenica della Trasfigurazione concentriamo la nostra attenzione sugli occhi: è importante anche il digiuno degli occhi. Togliamo cioè ogni sguardo maligno. Come ci sono le parole cattive ci sono anche gli sguardi cattivi. È attraverso gli occhi che noi percepiamo gli altri ed è proprio attraverso il nostro sguardo che critichiamo, giudichiamo, disprezziamo. Sono gli occhi che introducono nella nostra persona atteggiamenti di invidia e di gelosia. È l’occhio cattivo che guarda l’altro con invidia, con gelosia, con astio. Impegniamoci dunque a curare i nostri sguardi, a digiunare dallo sguardo cattivo, dall’atteggiamento maligno che guarda l’altro per valutarlo e per disprezzarlo. Abbiamo bisogno di pulire la nostra anima, di purificare interiormente il nostro spirito. Abbiamo bisogno di pulire la lingua da ogni tipo di parola cattiva, abbiamo bisogno di pulire i nostri occhi da tutti gli sguardi cattivi. Ci sono tante cose che non devono essere guardate e che eppure attirano maliziosamente lo sguardo. Pensate al mondo del computer, a tutto ciò che viene pubblicato online: ci sono moltissime cose buone, belle, utili, edificanti. Purtroppo ce ne sono anche molte negative, dannose, scabrose, volgari, capaci di distruggere la coscienza. Sono gli occhi che godono di queste immagini negative. Lo sguardo volgare, rivolto a queste figure, porta dentro il cuore l’amarezza, il vuoto, la delusione. Sembra che sia qualcosa di superficiale, usato come passatempo momentaneo, e invece lo sguardo di spettacoli scabrosi lascia un segno negativo nel cuore e nella mente. In alcuni casi, addirittura, provoca dipendenza, con grave amarezza e un conseguente disprezzo della vita. Attraverso gli occhi entra dentro di noi il bello e il brutto. Da una finestra aperta entra tutto quello che c’è fuori: entrano i profumi della primavera, entrano anche le puzze dell’inquinamento. Bisogna stare attenti a non lasciare aperto il nostro spirito a ciò che inquina l’anima. E gli occhi sono la porta del nostro cuore. Digiuniamo, cioè vigiliamo sui nostri occhi. Come abbiamo bisogno di silenzio per non sentire troppe parole, così abbiamo bisogno anche di calmare gli occhi. Non c’è bisogno di vedere sempre qualcosa di nuovo, proprio come passatempo. C’è bisogno di contemplare ciò che è bello, soffermarci sulle cose buone, imparare ad avere uno sguardo benevolo. Proviamo a fare attenzione al modo con cui guardiamo agli altri, perché tutto parte da lì: è lo sguardo rivolto all’altro che mi porta a volergli bene o a trattarlo male. Vigiliamo sui nostri occhi, digiuniamo dagli sguardi maligni, dal guardare le cose negative. Impariamo a riconoscere le nostre occhiate cariche di invidia, e curiamo gli sguardi invidiosi! Impariamo a riconoscere i nostri sguardi carichi di gelosia, curiamoli! È un digiuno importante che purifica interiormente la nostra persona e ci rende capaci di godere la visione di Dio. Cerchiamo il suo volto: anche noi saliamo sul monte con Gesù per guardare a Lui, per rivolgere a Lui i nostri occhi, chiedendo che li purifichi; e impegniamoci a non sporcarli con tutto ciò che è male.