«I discepoli gioirono a vedere il Signore». Erano pieni di tristezza e di angoscia per la morte dolorosa che aveva colpito il loro Maestro e quella sera di Pasqua quando Gesù «stette in mezzo a loro», vivo e vegeto, loro si rallegrarono profondamente, furono davvero contenti. È quello che avviene anche a noi, se accogliamo il Signore Gesù e lo riconosciamo presente in mezzo a noi. Quando ci raccogliamo in Assemblea il Signore viene, sta nel mezzo: è il centro di tutta la nostra attenzione; e noi lo riconosciamo e aderiamo a lui. La nostra fede è una relazione di amicizia. L’evangelista Giovanni non adopera mai la parola fede, ma sempre il verbo credere. Preferisce non usare il sostantivo per non dare l’impressione che la fede sia una cosa che c’è o non c’è. Il verbo credere invece dice piuttosto una relazione personale. Credere nel Signore Gesù vuol dire avere un rapporto di amicizia con lui e l’amicizia cresce nel tempo, ma può anche diminuire o sparire. Ci sono tante amicizie che una volta c’erano e sono finite; ci sono delle amicizie invece che durano tutta la vita e diventano sempre più intense e importanti. Pensiamo alla nostra relazione con il Signore come un’amicizia. Ha ragione Tommaso allora: bisogna vedere, toccare, sentire il Signore, bisogna incontrarlo personalmente, bisogna stare con lui. Se non abbiamo un rapporto con lui – non lo ascoltiamo, non lo vediamo, non lo tocchiamo, non sentiamo il suo amore – ma che relazione di amicizia c’è fra di noi? Gesù infatti dà soddisfazione a Tommaso; non lo rimprovera, ma gli dice: “Coraggio! Avvicinati, guarda, tocca, entra in relazione con me”. È possibile oggi per noi essere in relazione con il Signore Gesù? Fisicamente non lo vediamo – i nostri occhi non lo vedono – ma lo possiamo sentire, perché è veramente presente nella nostra vita. Si tratta di allenarci a questo riconoscimento e stare attenti ai segni della sua presenza. Quando lo sentiamo presente, siamo contenti. La gioia nella nostra vita è proprio la sua presenza in quanto bene amato. Se lo ascoltiamo, gli parliamo, stiamo volentieri con lui, la nostra amicizia cresce e ne abbiamo un enorme beneficio: ricaviamo un bene dall’essere suoi amici. Il Signore ci propone la vita come obiettivo e l’evangelista lo precisa chiaramente: «Ho scritto queste cose perché crediate e perché, credendo, abbiate la vita». Avere la vita vuol dire vivere una vita piena, realizzata. Il Signore vuole la nostra realizzazione personale, vuole che la nostra vita sia piena e bella e lo può essere, se lungo tutta la vita cresce la nostra amicizia con lui. Essere persone di fede non significa essere persone di testa che ragionano su qualche concetto religioso e accettano questa o quella dottrina; esser persone di fede vuol dire amare Gesù, Gesù in persona, non queste abitudini. Molte volte le persone confondono la fede in Gesù con le loro abitudini religiose. Quanti ragazzi sono passati nelle nostre realtà … finche c’era una abitudine sono venuti, poi hanno preso un altro giro ed è finito tutto. Quante persone erano abituate in una chiesa, si son trasferite, han perso il giro, perché non trovano più quelle abitudini, quei riti e non sono più andate in chiesa. Non era fede, è solo abitudine religiosa, vuota, perché manca una autentica amicizia spirituale con Gesù. Quando c’è questa relazione, si può essere in qualunque parte del mondo e si sente sempre presente il Signore Gesù.
Mi interessa Gesù Cristo, perché gli voglio bene, perché sono amico suo, perché sento di essere amato e una misericordia così grande come quella che ci ha offerto merita una risposta di amore!
Pensiamo sempre alla nostra vita di credenti come amici del Signore che crescono in questa relazione di amicizia. “Diventa credente e non essere incredulo, diventa sempre di più amico; diventa, cresci, matura, realizza la tua amicizia nella pienezza della vita eterna”. Chiediamo al Signore che anche noi come i discepoli possiamo gioire nell’incontrare Gesù; chiediamogli di poter credere davvero, di crescere nell’amicizia e di condividere la vita con lui sempre, fino all’eternità.