San Benedetto da Norcia

Nel prologo della Regola che San Benedetto ha redatto per i suoi monaci si legge: «Ascolta, figlio mio, gli insegnamenti del maestro e apri docilmente il tuo cuore; accogli volentieri i consigli ispirati dal suo amore paterno e mettili in pratica con impegno» . È dunque lecito domandarci che cosa possiamo oggi imparare da San Benedetto, noi e l’Europa che lo riconosce come patrono, in un momento dove riemergono crisi, conflitti e divisioni. Innanzitutto, la Regola afferma che «Quando il Signore cerca il suo operaio tra la folla, insiste dicendo: “Chi è l’uomo che vuole la vita e arde dal desiderio di vedere giorni felici?”». Destinatari della domanda sono uomini e donne che cercano la vita in pienezza.  Oggi quanti cercano veramente la vita e per essa sono disposti ad impegnarsi, intraprendendo anche cammini difficili, che richiedono dedizione e perseveranza? L’invito di Benedetto ci spinge a riscoprire quello che abita in profondità il nostro cuore, a non mettere da parte i desideri più autentici che a volte siamo portati a credere irrealizzabili e lontani, soprattutto in momenti difficili come questo, con la guerra che è ritornata a ferire l’Europa.
Guardandoci attorno, spesso constatiamo che quello che rende l’umanità così delusa e a volte così violenta è la consapevolezza di un mondo e di una vita insignificanti. C’è una “crisi di senso”. Una vita consegnata alla noia o al consumismo ha in sé i germi della gelosia, dell’invidia e della rivolta. Ora domandiamoci: cos’è che rende questo mondo insignificante? Non sarà che noi lo costruiamo in funzione di finalità che non sono degne dell’uomo? Ricercando sempre più il denaro e l’agio, ci priviamo della gioia della condivisione; accettando tutti i compromessi purché le nostre ambizioni e la nostra sete di potere vengano soddisfatti, impediamo agli altri di crescere; soddisfacendo gli istinti più bassi, ci ripieghiamo su noi stessi, incapaci di conoscere la gioia del fratello la cui felicità si nutre della felicità dei propri fratelli.
San Benedetto ci sprona a ritrovare il vero significato di ogni costruzione umana: esiste una ragione ultima per vivere e questa ragione si chiama Dio che è amore.
Il secondo spunto che il Santo Patriarca può donare a noi e al nostro continente è il tema dell’ospitalità, rispetto al quale scrive nella Regola: «Tutti gli ospiti che giungono in monastero siano ricevuti come Cristo, poiché un giorno egli dirà: “Sono stato ospite e mi avete accolto”». Il monaco entra in monastero per seguire Cristo; nell’ospite egli deve riconoscere Cristo stesso, cioè la persona per lui più preziosa. È un annuncio molto importante, mentre si respira nei nostri giorni una sempre maggiore diffidenza, una paura dell’altro, visto come una minaccia per la nostra prosperità e la nostra felicità.
Benedetto ci ricorda che l’altro non è solamente qualcuno al quale io devo dare, ma è soprattutto colui dal quale io posso ricevere. La vera  ospitalità si fonda sulla consapevolezza di uno scambio reciproco, nel quale io certamente do, ma soprattutto ricevo.
Infine l’ultimo aspetto che potremmo imparare dal patrono d’Europa per i nostri giorni è il senso di comunità. C’è nella Regola una espressione che è importante recuperare: “tutti insieme”. Occorre camminare insieme senza lasciare indietro nessuno; occorre individuare il “passo giusto” perché nessuno vada troppo avanti e qualcuno rimanga indietro. La comunità delineata da Benedetto non è una gara nella quale si vince se qualcuno arriva per primo, ma dove la vittoria c’è se si arriva “tutti insieme” alla meta. Anche questo oggi dobbiamo imparare nella nostra società europea: non si vince se c’è qualcuno che arriva prima, ma solamente se si cammina tutti insieme e insieme si raggiunge la meta, che è una convivenza civile veramente degna dell’uomo. San Benedetto ci dice che questa è la via. Ci aiuti e sostenga nell’ardua impresa l’intercessione potente del Santo di Norcia. Per noi e per l’Europa tutta.