Un granello di senape è piccolissimo: sul palmo della mano è un puntino nero appena visibile, come un granello di polvere, ma Gesù paragona la fede a un granello di senape, non a un granello di polvere. C’è una differenza sostanziale, perché il granello di polvere resta sempre lo stesso, non cambia mai; invece il seme, anche quello più piccolo, diventa, si trasforma, matura, cresce. “Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste fare l’impossibile”. Gesù non dice: “Se aveste pochissima fede – ma – se aveste una fede disposta a crescere come un seme che matura e diventa un albero; se siete in crescita, farete anche l’impossibile”. Cominciate a fare il vostro dovere e fate sempre di più fino a compiere qualche cosa di straordinario, perché la fede come relazione con il Signore è un bene prezioso che ci è stato affidato; ma non è una cosa statica: è una realtà dinamica. Ci è stato dato un dono di Dio che chiede di essere coltivato come un seme, perché cresca. Il seme messo in un vasetto di vetro resta sempre quello, non serve a niente: è custodito al sicuro, ma dopo anni è sempre fermo, non ha fatto niente. Invece il seme messo nella terra si trasforma, fa nascere una pianta, un fiore, un albero che fa frutti, non è più solo quel seme, è molto di più, è diventato qualcos’altro più grande, ha portato frutto. Il dono di Dio, che è la fede, non deve essere messo in un barattolo e conservato a sé in modo statico, ma deve crescere nella nostra vita, perché la relazione con il Signore diventa nuova di giorno in giorno, matura e ci fa maturare. Ecco perché l’apostolo scrive al discepolo: “Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, cioè il carisma che è in te”. In forza dei sacramenti noi abbiamo i doni di Dio che rischiano di essere come il fuoco sotto la cenere.
Ravvivare vuol dire togliere la cenere, smuovere la brace con le molle e far riaccendere il fuoco.
La nostra fede rischia di essere un fuoco spento, una stufa fredda. C’è bisogno di ravvivare, di far avvampare di nuovo quel fuoco dell’amore di Dio, perché possa ardere e illuminare. La fede deve essere coltivata perché produca frutti, come relazione di amicizia con Dio, non solo di servizio interessato. Il Signore non cerca dei servi che facciano un servizio per prendere lo stipendio, cerca degli amici, cerca dei figli, vuole una relazione di amicizia, una relazione di figliolanza, ci vuole vivaci e gratuiti nel rapporto con Lui. Ci chiede di non vergognarci di dargli testimonianza, di non nasconderci come cristiani; non ci dice di essere invadenti e prepotenti, ma ci incoraggia ad essere coraggiosi testimoni, capaci di dire la nostra, di portare una parola buona, di dare testimonianza, anche se ci fosse da soffrire. Paolo scrive queste parole mentre è in prigione e sa che sta per morire. Chiede al discepolo Timoteo: “Non vergognarti di me che sono in carcere, ma con la forza che ti viene da Dio, soffri anche tu per il Vangelo insieme con me. Io sono in carcere perché ho dato testimonianza al Signore: non avere paura, fallo anche tu! Rischia anche tu le catene e la prigione, ma dà testimonianza, prendi come modello i sani insegnamenti che hai udito”. Quanti sani insegnamenti abbiamo ricevuto nella nostra vita! A cominciare da quelli dei nostri genitori, quando eravamo piccoli, e lungo tutta la vita ognuno di noi può ricordare delle persone importanti che hanno dato dei sani insegnamenti. “Prendeteli come modelli, imparate dalle cose che avete udito: custodite, mediante lo Spirito che abita in noi, il bene prezioso che vi è stato affidato”. Custodire la fede non vuol dire tenerla sottovuoto, vuol dire farla crescere: se crescete nella fede, potete avere il coraggio di vivere bene. Non stancatevi di vivere bene, anche se il mondo va male, anche se tanti si comportano male, non stancatevi di fare il bene, non stancatevi di credere, fidatevi del Signore, crescete in questa relazione di amicizia. La fede è un dono prezioso che ci è stato affidato, custodiamolo con affetto. Cresciamo nell’amicizia e nella relazione filiale con il nostro Dio: in questo rapporto di affetto potremo fare anche l’impossibile.