Iniziato il Grest 2025

Non si poteva pensare al Grest senza tenere presente l’evento del Giubileo, un momento così importante per la Chiesa. Forse dobbiamo ammettere che non si è stati proprio originali. Qualcuno potrebbe dire che si poteva certamente, ma in realtà non si è voluto farlo! Non si voleva perdere l’occasione di un tema religiosamente connotato per metterlo al centro di una rilettura esistenziale che possa provocare la vita e la fede di tutti, dandole senso nuovo.

E allora l’immagine principale che si desidera consegnare è quella di una porta a cui bussare perché l’esperienza di bene si apra di fronte a noi. E all’apertura di questa porta ci possa raggiungere un annuncio: Io sono con voi tutti i giorni, io ci sono, incontrando la straordinarietà di un Dio che non ci abbandona. E questo sì che può davvero cambiare l’ordinario, perché sappiamo di non essere mai soli. Il Giubileo mostra il volto di Dio misericordioso e fedele, che ci ama a tal punto da rimanere e camminare con noi. È Lui il primo pellegrino di speranza. Sceglie di camminare da uomo, con il suo popolo per infondere la speranza, per essere la Speranza. E allora anche noi siamo invitati da pellegrini di speranza a bussare alla porta per trovarLo con noi tutti i giorni. Per incontrare i fratelli e vivere con loro esperienze che abbiano il sapore dell’inedito e il profumo di un cammino più umano da percorrere insieme per cui vogliamo spenderci “Adesso, non domani”: in questo adesso del Giubileo. Non domani, perché bisogna lavorare per i bambini e per il futuro, e l’essere umano d’onore non lascia agli altri la pesante eredità dei suoi “adesso” traditi. Bussiamo, entriamo nell’esperienza con la certezza di non essere soli. Certezza che diventa la nostra speranza più vera! E già questo ci sembra il primo messaggio profetico e rivoluzionario di questa estate: in questo tempo di solitudine dilagante, di individualismi difesi con le unghie e con i denti, noi possiamo e vogliamo, con fede e coraggio, annunciare la forza del “noi”, chiamati per ciò che siamo, radunati da fratelli in comunità, liberati da un amore la cui unica misura è il tutto. Concediamoci una piccola precisazione, non stiamo dicendo che il Grest diventa il Giubileo dei bambini e dei preadolescenti, degli animatori e dei coordinatori o di chiunque altro condivida questa esperienza. Stiamo accogliendo la sfida di raccogliere le dimensioni serie ed importanti per la vita che caratterizzano ogni anno giubilare che la Chiesa celebra ogni 25 anni e che poggiano sulle domande serie ed importanti che,
durante l’esilio in Babilonia, agitano la coscienza di Israele attorno alla comprensione di chi sono e di chi è il Signore: come mai tutto questo male? Cosa rimane in mezzo a tutto questo dolore?
Per chi e di chi è Dio? Forse questo tempo che viviamo non è molto diverso da quello che agitava il cuore degli uomini e delle donne di altre storie, epoche e tradizioni. Sicuramente però l’impresa coraggiosa è quella di accogliere la realtà e le sue contraddizioni per farne occasione di nuova narrazione da scrivere insieme, scombinando i piani di questa storia e praticando concretamente il bene possibile senza un copione chiaro se non agire per dare vita, per far vedere qualcosa e Qualcuno che affascina di più!

Inizia il Grest 2025

Venerdì 6 Giugno ore 18.30, in oratorio incontro PRESENTAZIONE DEL GREST 2025

Carissimi genitori, anche quest’anno l’oratorio sceglie di esserci nel tempo dell’estate, con un ruolo educativo da protagonista, attraverso la proposta del Grest. Sceglie di esserci nel tempo più libero dei vostri figli, bambini, preadolescenti o adolescenti che siano, per scrivere insieme una storia di comunità e vivere un’esperienza che li aiuti a crescere nella vita e nella fede.
Siamo ben consapevoli di abitare in un tempo e in una storia che ci presenta sfide complesse ogni giorno, nelle quali l’unica strategia possibile è quella di affrontarle insieme, in rete tra agenzie educative, di cui voi famiglie siete i primi interlocutori. Come oratorio, incontriamo i vostri figli per la catechesi, l’attività sportiva, l’informalità del cortile o due chiacchiere consegnando le caramelle al bar. Incontriamo voi nelle occasioni comunitarie di festa e di formazione (magari in vista dei Sacramenti) e nelle celebrazioni. In tutte queste circostanze l’obiettivo principale è quello di condividere insieme un pezzo di strada, un capitolo di storia personale e di comunità nel quale educare insieme ai valori che ci stanno a cuore e a un modo cristiano di abitare questo mondo.
Ogni estate, e anche in questa del 2025, siamo accompagnati da un tema, da un titolo e da un logo che declina il tutto in particolari dimensioni di vita che ci sembra interessanti poter approfondire attraverso il gioco, la musica, i laboratori e tutto ciò che la creatività educativa e pastorale si inventa, progetta e realizza. E soprattutto, grazie della fiducia che continuate ad accordare alla nostra proposta e agli animatori adolescenti che, sempre affiancati e sostenuti dagli adulti, si faranno “fratelli maggiori” dei vostri figli!!

Il logo che racconta il tema

Il portone socchiuso lascia spazio al mistero… ma allo stesso tempo fa capire che c’è un “di qua” e un “di là”, tutto da scoprire Le lettere, dinamiche e giocose, sono riquadrate per richiamare le formelle della Porta Santa. Il sottotitolo entra nell’illustrazione… come un’ombra buona che ci accompagna e che “è con noi tutti i giorni”

Al portone socchiuso c’è chi bussa e c’è chi apre… Due figure bianche “intercambiabili”.
Sono io (o è Dio?) che a volte cerco e a volte accolgo. Sopra il portone, un arco lascia intravedere un orizzonte diviso a metà… “Io sono con voi, tutti i giorni”, sempre, dal giorno alla notte .

A tutta la Comunità Cristiana di san Fiorano chiediamo di accompagnarci con l’affetto, ma soprattutto con la preghiera. Grazie mille e di cuore

Apertura Iscrizioni Grest 2025

Sono aperte le iscrizioni al Grest 2025, che si terrà in Oratorio per tre settimane, dal 9 al 27 giugno.

Per iscriversi, occorre compilare e firmare il modulo di Iscrizione e il modulo Privacy, e poi consegnarli a don Giuseppe entro il 3 giugno.

Scarica e compila il modulo Iscrizione al Grest

Scarica e compila il modulo Privacy

Chi usufruirà del servizio mensa e avesse intolleranze e/o allergie da segnalare, deve inoltre scaricare e compilare l’apposito modulo, da consegnare in busta chiusa a don Giuseppe.

Scarica il modulo intolleranze/allergie.

Venerdì 6 giugno alle 18.30 si terrà in Oratorio un incontro informativo per i genitori interessati.

Via Vai: mi indicherai il sentiero della vita

Ritorno ancora, ma solo per un attimo, al Grest da poco terminato. Nonostante le bizze del tempo, è stata una bella avventura. Come scritto più volte sul Bollettino parrocchiale (durante lo svolgimento dell’attività estiva), l’argomento attorno al quale si è sviluppato il Grest è stata “la vita come un cammino” lungo il quale si fanno varie esperienze che ci aiutano a maturare e a crescere come persone e come cristiani. Sono tante le strade da cui provengono i nostri bambini e ragazzi: tante quanti sono i loro cammini e le loro singolari esperienze di vita. Tutto questo è una ricchezza … loro sono una immensa ricchezza! Non importa con che motivazioni hanno vissuto il Grest, perché conta di più la capacità che hanno manifestato di mettersi in gioco, la loro disponibilità a crescere insieme. È stata, come sempre, un’esperienza impegnativa, ricca di emozioni, avventure, amicizie. Racchiudere in poche righe tutto quello che abbiamo vissuto significa impoverire la realtà che, è più grande del nostro pensiero e delle nostre idee. Infatti il Grest è più di un centro estivo: è nel piccolo l’immagine di una vita dove si vive quello che normalmente non riusciamo per troppi impegni, scadenze, fretta, stanchezza e anche un po’ di superficialità. Qui abbiamo imparato ad apprezzare le cose piccole, gli incontri, i gesti che passano inosservati ma sono i più belli, le parole che si desiderano ascoltare, gli sguardi che si posano su ciò che ci circonda e che ci sembra tanto bello. Questo e altro è il Grest. Siamo riusciti a viverlo un po’? Non sappiamo! Una cosa è certa: abbiamo capito che è più bello dare che ricevere, è più gratificante servire che essere serviti, ed è più arricchente perdere un po’ del nostro io che voler sempre imporre le nostre idee, i nostri progetti. Anche i ragazzi più piccoli hanno compreso che c’è un modo diverso di trascorrere le giornate estive, non incollati ai cellulari, ma condividendo quello che abbiamo di più caro: la nostra vita. Dentro ciascuno di noi c’è un tesoro prezioso che non si vede ma se abbiamo gli occhi come quelli di Gesù possiamo vederlo e tirarlo fuori. Solo così costruiremo un mondo dove sarà bello esserci e dove ciascuno di noi potrà dare quello che porta nel suo cuore.
Infatti il Grest è un’occasione unica per uscire da se stessi, mettersi in discussione, camminare insieme. L’esperienza del Grest è un vero e proprio percorso di crescita attraverso il quale è data la possibilità di sperimentarsi mettendosi gli uni al servizio degli altri, dove ognuno è chiamato a crescere attraverso il confronto con gli altri, per andare oltre i confini del proprio cammino di vita, oltre le proprie attitudini e certezze. Insomma se vogliamo riassumere che cos’è stato il Grest potremmo dire: educare, educarci, lasciarci educare.
Gli avvenimenti principali che hanno caratterizzato la settimana sono tutti all’insegna dell’allegria e dell’amicizia. Infatti sono nate nuove amicizie, si sono rafforzati i rapporti tra coloro che già si conoscevano ma che la fretta della vita quotidiana non sempre ci permette di approfondire.
La serata finale ha visto insieme genitori e figli. Coloro che hanno pensato e realizzato questo momento ci hanno raccontato, con immagini, alcuni momenti. Canti e balletti hanno rallegrato ed entusiasmato la serata. Alcuni video hanno portato “La Divina Commedia” nella quotidianità del grest. Sento ancora il dovere di benedire il Signore per questo tempo di grazia e chiedere a Dio di ricompensare tutti coloro che hanno collaborato per la buona riuscita del Grest.
Il loro nome è scritto nel nostro cuore.
Una cosa spero tutti abbiamo portato via: davvero la vita è un’avventura ricca di sorprese e di occasioni per maturare e diventare più responsabili.

Via Vai: mi indicherai il sentiero della vita

A conclusione delle tre settimane del Grest, la mente torno che ci ha guidato in questa esperienza estiva: “Via vai. Mi indicherai il sentiero della vita”. Infatti, se c’è un grande insegnamento che ci possiamo
portare via dal Grest di questo anno, è proprio l’aver scoperto che la vita è cammino. Diventa cammino sicuro se il sentiero della vita è il Signore. Alla fine del Grest si fanno dei bilanci, si tira la riga dopo le colonne delle cose andate bene e male per far emergere ciò che di positivo c’è stato e quello che andrà rivisto e corretto.
Penso che il punto di vista più adatto per rispondere alla domanda: “com’è andato il Grest?”, sia quello dei discepoli di Emmaus, che tornano verso Gerusalemme pieni della gioia provata nell’aver incontrato il Signore e non possono trattenersi dal narrare quello che hanno vissuto.
Allora anch’io, se devo provare a raccontare qualcosa di quest’esperienza, vorrei raccontarvi della gioia che ho provato nell’esserne parte. Condividere con tantissimi tra ragazzi, bambini, animatori ma anche mamme, genitori, nonni e tante persone che erano lì per darci una mano o anche solo per salutarci, ha riacceso in me, e spero anche in altri, la speranza per un futuro bello e ricco di sorprese per tutti noi.
L’esempio che tanti di loro mi hanno dato in queste tre settimane, è stato quello di farmi vedere che non è vero che siamo tutti indifferenti, poco disponibili. Ci sono persone che sanno mettersi in gioco, desiderano donare del loro tempo per un servizio, che hanno un enorme desiderio di bene. Se fatto insieme con Dio diventa una vera e propria opera d’arte. Gli adulti che hanno condiviso con noi queste settimane o anche i genitori che sono passati, sono testimoni di queste cose e possono aiutarci a diffondere questo annuncio: i ragazzi, i più giovani sono vivi e vogliono vivere!
La gioia, la tristezza, la rabbia, la paura e l’amore sono alcuni dei sentimenti vissuti durante il Grest, ma sono soprattutto quello che viviamo tutti i giorni e che, come una tavolozza di colori, pitturano la nostra vita di tutte le sfumature possibili. Col cuore pieno di gratitudine per tutte le persone che ci hanno dato una mano, sono fiducioso che tutto ciò che abbiamo provato non è destinato a spegnersi come un fuoco, ma può continuare nella quotidianità: sufficiente per continuare a percorrere la strada che il Signore ci sta tracciando. Buona continuazione di estate!

«La storia di tutti e di ciascuno ricomincia senza sosta: camminare, camminare giorno dopo giorno sulla Terra, sfidando la pesantezza e l’immobilità, affrontando i cammini del tempo, del reale e del sogno, scrutando la notte e la luce, prestando ascolto ai detti del vento, alle parole degli altri, al canto sordo della Terra, ai clamori della storia, al rumore confuso del proprio sangue, in cui scorrono tutti i misteri, degli echi e delle domande». È un elogio dell’arte del camminare che tiene conto della sua imprevedibilità, della scoperta del silenzio ma anche della fatica e dei pericoli.
Camminare diventa anche un’occasione di pensiero. «Gli uomini, in fondo, non sono stati fatti per ingrassare alla mangiatoia, bensì per dimagrire lungo i cammini, oltrepassando alberi e alberi, senza mai rivedere gli stessi. Muoversi spinti dalla curiosità, conoscere, questo è conoscere». C’è una vera e propria filosofia del camminare, perché camminare significa anche poter pensare, analizzare la propria anima, ritrovare il gusto di vivere.

Le dinamiche del viaggio

Il cammino inizia non quando si pare, ma quando si decide di farlo, con il sorgere delle intenzioni, delle motivazioni e del desiderio. Fondamentale è la preparazione. Ogni volta che si parte per il cammino
occorre investire del tempo sulla preparazione dello zaino perché, facendolo, si prende atto di una realtà spesso dimenticata nella vita quotidiana. Ciò che ci arricchisce è spesso anche ciò che ci appesantisce.
La vita cristiana chiede di ricalibrare continuamente in modo sapiente il rapporto dinamico tra possesso e libertà, affinché non venga a mancare quello che realmente serve, ma anche con l’attenzione a non farsi
appesantire da ciò che è inutile. Il preparare lo zaino rappresenta perciò una vera e propria arte, del resto l’arte di camminare è togliere, togliere peso ai pensieri e liberarci dalla zavorra che ci devi alla vita di tutti
i giorni. E così andare più liberi. Camminare è lavorare per sottrazione. È l’arte di scegliere, di selezionare tra i mille oggetti, quei pochi che saranno fondamentali. Il pellegrino lascia a casa il superfluo per mettere nel suo zaino, solo lo stato necessario e così impara a dare il giusto valore alle cose.
Molti durante il cammino lo alleggeriranno ulteriormente, donando o rispedendo indietro ciò che di troppo. La strada porta a tendere all’indispensabile che alla fine si riduce a poco. Un cammino di lunga durata
richiede di operare in fretta le scelte che si impongono e in questo forse consiste in profondità la natura del cammino, lenta spoliazione per raggiungere gradualmente l’essenziale, che è interiore e indicibile.
Altra dinamica è quella della necessità di esporsi, perché sulla strada sei esposto, tutti ti possono incontrare, sei esposto alle intemperie, al sole, alla pioggia. Sei esposto all’altro: il cammino è l’esperienza dell’altro a bruciapelo. Chi ha fatto almeno un cammino a piedi, quelle cose le può capire molto facilmente, così come chi lo vivrà questa estate.

E poi arriviamo al cammino. Camminare è la nostra educazione e la nostra esperienza. Perché l’immobilità è la fine dell’una e dell’altra. L’incedere non è forse l’espressione più alta della novità della natura umana? La figura dritta, signora di sé stessa, che si porta da sola, calma e sicura, codesta figura rimane un privilegio riservato all’uomo. Camminare eretti significa essere uomini. Sollevarci su due piedi è la nostra prima impresa, lì vi inizia il nostro cammino nel mondo. E più crescerà in noi il gusto e la voglia di andare a piedi, più le nostre gambe ci sosterranno, saranno le nostre fidate e complici compagne di viaggio, permettendoci di rispondere alla domanda fatidica di ogni ritorno e che Baudelaire, in una struggente poesia dedicata al viaggio, ai viaggiatori dice così: vogliamo viaggiare senza vapore e senza velo e alla fine dite che cosa avete visto camminare? E l’affermazione più diretta ed esplicita della nostra irriducibile condizione di essere umani in un mondo sovrastato dalla tecnica.

La mancanza di attività fisica predispone l’uomo a diverse patologie, il movimento fisico rappresenta una medicina per il corpo ancora prima che un aiuto per l’anima. In diverse epoche scuole, molti illustri pensatori hanno riconosciuto la potente potenzialità del cammino e hanno sviluppato una filosofia del camminare. È stato scritto sul cammino che “la marcia è un momento ideale per esercitare il pensiero, non dimentichiamo le tranquille passeggiate di Socrate, le cui lezioni applicavano spesso la deambulazione in compagnia dei discepoli, il cui ragionamento si sviluppava a ritmo rilassato dei passi. La pedagogia è anche pedestre, la filosofia è peripatetica, un mondo a misura del corpo dell’uomo è un mondo in cui l’esultanza del pensare si esplica nella trasparenza del tempo e dei passi”. Camminare ha qualcosa che anima e ravviva le mie idee, diceva Rousseau. E aggiunge, quando sto fermo riesco, a malapena a pensare. Bisogna che il corpo sia in movimento perché entro nel movimento anche con il mio spirito, diceva Kierkegaard che scrive a Gesù e gli dice è camminando che ha avuto i pensieri più fecondi e non conosce pensieri così grevi che la marcia non possa dissolvere. Un altro autore, rileggendo l’esperienza del cammino del contesto culturale contemporaneo, parla addirittura del cammino come un gesto sovversivo in quanto coglie della natura odierna la tendenza a fare di tutto perché le persone siano sedute il più possibile su una sedia.

Via Vai: antropologia del cammino

Il cammino e il pellegrinaggio anzitutto hanno il vantaggio di essere un’esperienza. Ora noi molto spesso, anche nei nostri percorsi proponiamo delle teorie, non delle esperienze. La teoria è una cosa buona quando è capace di interpretare un’esperienza: mi piace che il sapere faccia vivere, che sia capace di coltivare.
Noi dobbiamo coltivare un’intelligenza che non sia un’astrazione teorica, ma sia la capacità di dimorare meglio nell’esistenza. In questo senso, il cammino ha un vantaggio estremo che assume la concretezza della vita e assume, anche quando diventa pellegrinaggio, la concretezza di un’esperienza, di un metodo
di ricerca: il cammino, il pellegrinaggio è quella forma di ricerca che usa come metodo l’esperienza.
L’atteggiamento disincantato, e scettico e anche un po’ annoiato. Fatto tipico della ricerca meramente intellettuale è agli antipodi dello stupore dei pellegrini, atteggiamento che rivela un’apertura reale della persona ad accorgersi di ciò che accade. L’esperienza del cammino è così concreta e così importante nella vita dell’umanità, perché il salto evolutivo del genere umano diventato capace di elaborare logica e sentimento coincise con il raggiungimento della stazione eretta e della capacità di camminare con due gambe.
L’ominide era in se stesso, guardava la terra, l’homo sapiens guardava avanti a sé e sfruttava il cielo.
Perché l’esperienza è il metodo più coperto di ricerca e dunque il cammino e il pellegrinaggio sono un metodo certamente corretto di ricerca. L’esperienza è un metodo corretto di ricerca perché non esclude nulla di ciò che siamo, solo alla ricerca, tramite esperienza consente di rispettare l’unità della persona.
Devo cercare tutto intero, non solo intellettualmente. C’è qualcosa di fondamentalmente sbagliato nell’idea che si possa giungere alla verità solo attraverso un percorso individuale e mentale.
Sarebbe corretta la ricerca intellettuale forse se fossimo sfere pulsanti di energia che volano nell’aria.
Siamo invece il mistero che siamo spiriti incarnati. Siamo persone. Questo richiede di partire anzitutto dal corpo e non possiamo non citare la dinamica dei sensi esteriori come promettente per la spiritualità di oggi.

Il tema del cammino è legato anche al tema del ripensare il tempo e quindi soprattutto al tema della lentezza. Oggi si parla tanto dell’ecologia nello spazio, ma forse è più urgente è l’ecologia del tempo che ci permette di uscire da quell’idea della fruizione vorace del tempo. Tornare a un tempo che sia umano, lento, capace di vivere l’istante. Noi viviamo nell’epoca del fast e del click. Il cammino porta un’altra esperienza del tempo: ad esempio qualcuno va quasi settimanalmente a Roma per delle riunioni, facendo 600 km in aereo in 45 minuti. E poi se si fa il cammino di Santiago ci si accorge che si fanno 5 km all’ora ed è un’esperienza di grande purificazione. C’è un rapporto molto vero tra la lentezza e il ricordo: la lentezza permette i processi di sedimentazione. Quando camminiamo, se camminiamo più veloci del nostro ritmo naturale non riusciamo a pensare, ognuno deve trovare proprio il suo ritmo. La velocità è legata quasi sempre all’oblio. Pensiamo anche allo spazio: cosa vuol dire per il pellegrino vivere uno spazio?
La riappropriazione dello spazio nel cammino avviene in modo paradossale, non attraverso il prenderne possesso, l’abitare è un’altra dinamica di stabilità nello spazio. Il cammino, invece, lascia la sicurezza dello spazio abituale che rischia di diventare una tana o un nido. La casa conferisce sicurezza, ma può anche in qualche modo limitare, pure inconsciamente e involontariamente, la nostra libertà. Per questo il pellegrino sceglie di abitare nello spazio, non attraverso la modalità della sedentarietà, ma secondo la più audace logica della mobilità. Ciò che lo muove non è anzitutto il prurito di sperimentare nuovi spazi, ma il desiderio di instaurare un rapporto nuovo, più libero e più umano con lo spazio. Per questo il pellegrino non cambia semplicemente luogo, ma più radicalmente cambia prospettiva, mediante la quale fa esperienza dei luoghi. C’è un’unica meta, ma ci sono molte vie. C’è un fascio di strade che va in una direzione, in una direttrice principale. La meta è unica, ma le strade possono essere molte.
E poi pensiamo alla dinamica dell’interiorità: a volte la tentazione del cammino è quella di fuggire.
Il cammino autentico, il pellegrinaggio prevede anche un ritorno.

Via Vai: inizia il Grest 2024 (2)

Si potrebbe parlare di una cristologia in cammino, cioè descrivere Gesù a partire dal suo essere in cammino. Gesù stesso dice di sé che “il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. Impressiona effettivamente, leggendo i Vangeli, l’itineranza di Gesù durante gli anni della vita pubblica; a differenza del Battista, che esercita la sua missione in un luogo stabile e preciso, il Messia sceglie un’esistenza nomade molto simile a quella dei viandanti. Gesù sceglie di vivere solo provvisoriamente, brevemente, in un posto, spostandosi da un luogo a un altro; camminare è il suo modo di entrare in contatto con la gente. Gesù incontra la gente nei suoi luoghi. Per questo Gesù è continuamente sulla strada e lo si incontra in cammino. Da tale punto di vista, il rifiuto Gesù di una sede stabile può essere definito come un continuo mettere in discussione le relazioni e i fondamenti dell’esistere. Ciò che incide a fondo sulla storia di Gesù è l’incertezza. Per visitare i villaggi, egli esce dalla sua stabile situazione originaria e subisce uno spaesamento. Tutta la vita di Gesù è stata un cammino, certamente negli ultimi anni in particolare, gli ultimi tre anni, quelli della vita pubblica, egli annuncia la Buona Novella, incontra la gente e compie miracoli per strada. Si dice in Matteo che Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle sinagoghe e predicando la buona novella del Regno e curando ogni sorta di malattia e l’infermità nel popolo. Potremmo dire dunque, che l’identità di Gesù è profondamente radicata nel cammino, è fortemente segnata dall’andare sempre oltre. Il cammino non rappresenta perciò per Gesù una scelta funzionale, ma è liberativo di uno stile e di un atteggiamento interiore. L’orizzonte itinerante si trasforma così da cammino spaziale a percorso esistenziale nella vita di Gesù e l’assenza di una dimora stabile esprime l’identità dinamica di Gesù, andare oltre per farsi continuamente prossimo all’altro, vicino ad ogni uomo.
La viandanza allora in Gesù è il segno della prossimità e più ancora incarna il continuo movimento in uscita dell’esistenza di Gesù. Anche nei confronti degli apostoli, Gesù raccomanda fortemente la prospettiva della condizione itinerante, quasi come condizione necessaria all’annuncio: strada facendo, predicate dicendo, il Regno dei cieli è vicino.
Soprattutto, però, nel racconto evangelico di Luca il tema del viaggio riveste un ruolo decisivo all’interno dell’intera narrazione, oltre ai viaggi dell’infanzia e al cammino della vita pubblica, l’evangelista attesta il grande viaggio di Gesù verso Gerusalemme e si distende in ben 10 capitoli. Questo viaggio svela, secondo l’evangelista Luca, il vero significato della vita pubblica di Gesù. Gesù percorre la via della passione che gli è stata assegnata, la percorre coscientemente.
Gli insegnamenti che dispensa percorrendo questa via. Sono insegnamenti dispensati alla luce della morte e della resurrezione. Molte volte Gesù stesso si definisce come colui che viene, ma solo nel grande, decisivo passaggio della morte egli svela definitivamente la sua identità di pellegrino.
Non solo Gesù, dunque è sempre in cammino secondo i Vangeli, ma è anche un tutt’uno con il suo stesso camminare, a tal punto da affermare solennemente io sono la via, la verità e la vita.
Nessuno viene al Padre se non per mezzo di Lui. L’accento principale cade su io sono la via.
I termini verità e vita chiariscono il senso in cui Gesù può essere la via. Egli è la via al Padre perché rivela la verità che conduce alla vita. Io sono la via, perché sono la verità e anche la verità.
In sintesi, si può concludere che lo stile di camminare a passo d’uomo è peculiare del Dio dei cristiani, perché la storia di Gesù di Nazareth racconta la scelta dell’assoluto, dell’infinitamente veloce di rivelare se stesso proprio camminando. Non si può quindi non riconoscere che c’è sicuramente qualcosa di miracoloso in questo ritmo del tempo di Gesù e della sua liberazione.
Una rivelazione che si fa quasi tutta per strada, a passo d’uomo, non di corsa, non da fermo.

Via Vai: inizia il Grest 2024 (1)

Parte il Grest. L’oratorio si anima particolarmente di persone, di ragazzi, adolescenti, in particolar modo per tre settimane, dal primo mattino al tardi pomeriggio. La proposta educativa per questo anno sarà legata alla figura della strada: la metafora del cammino costituisce da sempre uno dei paradigmi più utilizzati per narrare l’esistenza umana. La sua fortuna deriva da una carica evocativa che è immediata ed è molto semplice e intrinseca che si manifesta nella sua capacità di rendere plasticamente la dinamicità della vita. Persino nei nostri modi di dire questo è evidente: al momento della nascita affermiamo che il cammino è appena iniziato, tanto quanto al momento della morte diciamo che la strada è giunta al termine. Tra l’una e l’altra, potremmo dire che nella vita ci si fa strada. Il camminare incarna la nostra educazione, ne sottolinea fatiche e tappe, metodologie e stili e definisce la nostra esperienza esistenziale.
La vita dell’uomo è sempre, in qualche modo, cammino e viaggio attraverso la realtà.
Ricordiamo la grande intuizione di Gabriel Marcel, grande filosofo, che parla di Homo viator, per dire appunto che l’uomo è colui che cammina.
E quindi questo mistero dell’uomo racchiude sempre la tensione verso una meta, un oltre, qualcosa al di fuori di sé che muove la sua intelligenza, i suoi affetti e la sua volontà, rendendolo costantemente proteso ad una pienezza di vita che è sempre un po’ oltre.
Anche Martin Buber, in uno dei suoi scritti più riusciti ed efficaci, richiama la necessità di ogni uomo di andare oltre sé, non nel senso di dimenticare la propria singolarità, ma, al contrario, per raggiungere attivamente la propria unicità. Allora citando Buber, l’universalità di Dio consiste nella molteplicità infinita dei cammini che conducono a lui, ciascuno dei quali è riservato ad un uomo. Se si pensa poi al vivere degli uomini, l’essere umano è caratterizzato dal migrare. Vi è una forma di migrazione, di esodo, soprattutto interiore, che si realizza dall’uscire da sé stessi per incontrare l’altro e la realtà. L’uomo è per sua natura un essere estroverso, eccentrico, proteso verso l’altro, in cammino verso l’oltre e mi pare che questo riprenda bene la logica dell’esodo come paradigma per rileggere l’esistenza umana. L’esodo non solo è uno dei luoghi biblici più interessanti del cammino, pensando all’esperienza del cammino del popolo del deserto, ma è anche una dinamica antropologica molto interessante. La dinamica dell’uscire costituisce tutto l’essere umano.
Provate a pensare un bambino per nascere, esce dal ventre della madre, poi comincia ad uscire da sé stesso quando comincia a vedere, a parlare, a camminare, ad andare verso l’altro.
Poi c’è il passaggio dalla fanciullezza all’adolescenza, quando il rapporto fondamentale del bambino non è più semplicemente con la madre, con i genitori, ma diventa con i pari età e quindi esce dalla famiglia. E poi c’è un uscire da se stessi che è l’innamoramento. E poi c’è il momento dell’uscire di casa, il matrimonio e poi c’è un’uscita da se stessi incredibile che è quando uno ha il primo figlio quando si comprende che la vita non ci appartiene più del tutto e poi c’è l’uscire da questo mondo al Padre. Quindi tutta la vita dell’uomo è un cammino, ma anche nella dinamica dell’esodo. Per dire come brevemente, come davvero, la cifra del cammino dice molto bene l’esistenza umana.
Mi soffermo anche sul fatto che il cammino e il pellegrinaggio possono essere la chiave privilegiata, per comprendere l’identità di Gesù, ovvero dell’uomo-Dio.

Ben tornato tra noi don Marcelo

Da quest’oggi, martedì 11 giugno, per le tre settimane di Giugno, sarà in mezzo a noi don Marcelo. Un ritorno molto gradito. Darà un validissimo aiuto durante il grest. Presente, in mezzo ai ragazzi, tutti i giorni, dalla mattina al tardi pomeriggio.
Sarà presente anche nelle celebrazioni Eucaristiche.
Se qualcuno volesse approfittarne di questa circostanza, cioè della sua presenza, per invitarlo a casa propria, all’ingresso della Chiesa, sul tavolino potrete trovare un foglio con uno schema che riporta possibili date in cui poterlo accogliere e offrirgli una cena o un pranzo, in ottima compagnia.
Grazie per la vostra disponibilità e sensibilità.