Il Bambino sorreggeva il vecchio

Un vecchio con in braccio un bambino appena nato: è una immagine deliziosa. Il vecchio Simeone accoglie fra sue le braccia il bambino Gesù: l’Antico Testamento si apre ad accogliere la Nuova Alleanza. Il vecchio portava il bambino, ma era il bambino che sorreggeva il vecchio. Quel bambino è il Signore del cielo e della terra, è l’Onnipotente, il Creatore e il Salvatore che si è fatto in tutto simile a noi e si fa portare in braccio come uno debole, che non è capace di fare nulla, eppure è colui che sorregge il cielo e la terra. Gli anziani e i bambini diventano un segno di questa accoglienza della salvezza. Il bambino non è ancora in grado di fare quello che è necessario nella vita e ha bisogno di essere aiutato; e l’anziano non è più capace di reggersi e di fare quello che ha sempre fatto, anche lui ha bisogno di essere aiutato. L’immagine del vecchio Simeone che accoglie il bambino Gesù diventa un’immagine della nostra vita che accoglie il Signore. Noi siamo incapaci di fare il bene, perché con le nostre forze non siamo capaci di vivere bene. Abbiamo bisogno di aiuto, anche se non siamo bambini infanti o vecchi decrepiti, abbiamo bisogno del Signore: accoglierlo nella nostra vita è l’azione fondamentale che ci salva. Accoglierlo fra le braccia sarebbe un’azione splendida. Se l’avessimo fisicamente davanti … non lo abbraccereste volentieri il bambino Gesù, o il ragazzo, il giovane, l’uomo adulto? Pensate cosa vorrebbe dire abbracciare Gesù. Un abbraccio da amico, intenso, affettuoso, dove lo si stringe con forte affetto. La nostra vita di fede è un abbraccio a Gesù, umano, intensamente umano, pieno di affetto, di sensibilità. Noi non abbiamo la possibilità di abbracciarlo fisicamente, ma abbiamo la possibilità di accoglierlo nel sacramento dell’Eucaristia. Quando facciamo la comunione, anche se lì per lì non sentiamo niente, noi stiamo abbracciando Gesù, ancora di più del vecchio Simeone: lo stiamo accogliendo nella nostra vita, lo stringiamo a noi, diventiamo una cosa sola con Lui. Dobbiamo crescere in questa sensibilità, perché rischiamo di essere troppo freddi nella nostra religiosità, un po’ troppo cervellotici – ci accontentiamo di qualche idea o di qualche dottrina – mentre è necessario aggiungere una buona quantità di sentimento, perché la nostra relazione con il Signore Gesù è una relazione d’amore, è quella che fa nascere la vita! Siamo vecchi, rischiamo di essere vecchi anche da bambini – vecchi dentro – stanchi, demoralizzati, insensibili, annoiati … questa è la vecchiezza del mondo! Cristo è sempre giovane, è la novità, è la vita che esplode! Se la nostra vecchiezza spirituale abbraccia la giovinezza di Gesù, rinasciamo, fioriamo di nuovo. In ogni situazione della nostra vita, in ogni età abbiamo la possibilità di ripartire, di ricominciare con entusiasmo. Vediamoci in quel vecchio che porta in braccio il bambino, e riconosciamo che è quel bambino che ci sorregge, che ci dà forza, ci dà nuovo entusiasmo, ci fa ripartire. Impariamo ad abbracciare il Signore Gesù, ad accoglierlo con gioia, a riconoscerlo presente. Simeone e Anna aspettavano la consolazione di Israele, aspettavano la redenzione di Gerusalemme, desideravano incontrare il Signore … Noi desideriamo incontrare il Signore? Lo cerchiamo nella nostra vita? Desideriamo e aspettiamo questo incontro o non ci interessa? Il problema è qui: c’è il desiderio dell’incontro con il Signore o non ci importa nulla? È possibile accontentarsi di qualche rito esteriore, di un po’ di pratiche religiose quando fa comodo, senza che il cuore desideri veramente il Signore. Se risvegliamo il desiderio e lo coltiviamo, il Signore ci viene incontro, risponde al nostro desiderio e ci incontra! Incontrare il Signore è la bellezza della nostra vita. Desideriamolo e accogliamolo: quell’incontro ci colmerà di gioia, ringiovanirà la nostra vita, ci darà nuovo entusiasmo … e ne abbiamo bisogno, perché il mondo è vecchio, è vecchio nel peccato e ha bisogno della giovinezza della grazia, che solo Gesù Cristo ci può dare.

Presentazione del Signore

Cade il 2 febbraio, esattamente 40 giorni dopo il Natale. È la festa liturgica della Presentazione al Tempio di Gesù, raccontata dal vangelo di Luca, e popolarmente detta “candelora” perché in questo giorno si benedicono le candele, simbolo di Cristo luce del mondo come viene chiamato il Bambino Gesù dal vecchio profeta Simeone: «I miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele».
La festa della Presentazione sorse a Gerusalemme, dove è attestata già nel IV secolo.
Dalla liturgia gerosolimitana le liturgie occidentali hanno attinto la processione delle candele, che hanno conservato fino ai nostri giorni.
Questo adempimento della Legge è anche il primo incontro ufficiale di Gesù con il suo popolo, nella persona di Simeone e di Anna. Per questo le chiese ortodosse chiamano la festa di oggi il Santo Incontro del Signore. È un incontro e una manifestazione, poiché Maria entra nel Tempio «per manifestare al mondo colui che ha dato la Legge e la compie», e per accompagnare il Figlio nella sua prima offerta al Padre.
Celebrando questa festa i cristiani sono così condotti a ricordare che per riconoscere il Signore e la sua missione di salvezza universale sono necessarie la povertà e l’attesa che furono proprie di Simeone, della profetessa Anna e di tutti i poveri di Israele.
GIORNATA MONDIALE PER LA VITA CONSACRATA
Nella festa liturgica della Presentazione di Gesù al Tempio, si celebra ogni anno la Giornata mondiale della vita consacrata.
Al numero 1 dell’Esortazione Apostolica “Vita Consacrata”, si legge che «La Giornata della Vita consacrata viene celebrata nella festa in cui si fa memoria della presentazione che Maria e Giuseppe fecero di Gesù al tempio “per offrirlo al Signore”. La Presentazione di Gesù al Tempio costituisce così un’eloquente icona della totale donazione della propria vita per quanti sono stati chiamati a riprodurre nella Chiesa e nel mondo, mediante i consigli evangelici, “i tratti caratteristici di Gesù vergine, povero ed obbediente”».
«Alla presentazione di Cristo si associa Maria – scrisse san Giovanni Paolo II nel Messaggio per la I Giornata della Vita consacrata –. La Vergine Madre, che porta al Tempio il Figlio perché sia offerto al Padre, esprime bene la figura della Chiesa che continua ad offrire i suoi figli e le sue figlie al Padre celeste, associandoli all’unica oblazione di Cristo, causa e modello di ogni consacrazione nella Chiesa».

Presentazione di Gesù al tempio

Secondo le prescrizioni dell’Antico Testamento, riguardo alla purezza cultuale (Lv 12,1-8), una donna era impura dopo il parto di un bambino per quaranta giorni e doveva offrire al tempio, come sacrificio di espiazione, un agnello e una giovane colomba; se era povera, due giovani colombe. Anche Gesù fu presentato da Maria e Giuseppe al tempio per essere riscattato, per la cerimonia di purificazione: a Dio, da cui proviene ogni cosa, si doveva ogni primizia, tra cui il primo figlio maschio. Simeone è il vero israelita, giusto e pio, guidato dallo Spirito (come i profeti), in attesa del Messia. Anna è l’anziana profetessa che dedica la sua vedovanza al Signore (vero sposo), servendolo con digiuni e preghiere, notte e giorno. Ogni giorno i due anziani accolgono bambini diversi, per compiere il rito. Quando si presentano davanti a loro i genitori di Gesù, vedono nel loro Bambino il Signore annunciato per secoli, la “luce per illuminare le genti”.

I miei occhi hanno visto la tua salvezza
Anna era rimasta vedova molto giovane. Simeone per una vita intera aspettava la consolazione di Israele, dopo averne condiviso il dolore e la desolazione. I loro occhi sarebbero potuti essere oscurati da sofferenza, solitudine, rassegnazione, stanchezza. Avrebbero potuto rivolgersi altrove, si sarebbero potuti spegnere, limitandosi a vedere solo da vicino. Invece, Simeone e Anna hanno saputo attendere per una vita intera. Nel racconto del Vangelo di Luca il cantico di Simeone sprigiona un rigurgito di luce dalla profonda umanità di un uomo che viene dato per molto anziano, ma che ha l’occhio vivo perché si è lasciato attrarre. Nel tempio c’erano ogni giorno tante persone e dottori della Legge, che si avvicendavano tra preghiere e liturgie. Eppure, solo Simeone e Anna hanno avuto lo sguardo capace di vedere oltre, non accecato dall’abitudine e dall’indifferenza, occhi che non smettono di cercare e di sognare.

La luce del mondo
Nello stesso giorno in cui si celebra la festa della Presentazione al tempio, dal quarto secolo si festeggia la Candelora. La processione, che la liturgia di questo giorno si manifesta con le candele accese, ricorda proprio le parole con cui Simeone indica il Messia: “luce per illuminare le nazioni”. La parola greca suggerisce lo staccare un velo che nasconde la luce.
L’uomo, rivolgendosi direttamente a Maria, svela l’accoglienza che sarà fatta al Signore: è destinato ad essere occasione di caduta e di rialzo in Israele, si sarà per lui o contro di lui; sarà accettato dagli uni e rigettato dagli altri. Anna venne presso la santa famiglia, e come Simeone, come se avesse udito le sue parole, si mise a lodare Dio e a parlare del bambino a tutti quelli che aspettavano la liberazione di Gerusalemme.

Pregare per la vita consacrata nel giorno della Candelora
Simeone e Anna sono persone dell’incontro, della profezia, della fraternità, del servizio.
Sono coloro che accolgono tra le loro braccia, con intimità e affetto, il Signore e benedicono Dio lasciando che parli per mezzo loro e della loro vita. Nell’intenzione di accostare la Giornata per la Vita consacrata alla festa della Presentazione di Gesù al tempio, si può scorgere l’attesa di lasciarsi avvolgere dalla luce nuova che prepara alla Pasqua, nel riconoscimento delle meraviglie operate da Dio. Suggerisce l’atteggiamento di vigilanza, del mantenere la luce accesa e far vedere che esiste la possibilità, sempre. Essere noi stessi luce, fiaccole nel quotidiano agire.
Ciò che è chiamato a fare il consacrato e la consacrata, ma in fondo, ciascuno di noi, che è sacro agli occhi di Dio. I ceri accesi sono il segno della bellezza e del valore della vita consacrata come riflesso della luce di Cristo; un segno che richiama l’ingresso di Maria nel Tempio: la vergine, la consacrata per eccellenza, portava in braccio la Luce stessa, il Verbo incarnato.