Inizia il tempo di avvento. Per definizione l’avvento è tempo di attesa.
Mi vengono subito alla mente due domande.
La prima: che cosa attendiamo? Dovremmo dire meglio “chi” attendiamo, perché l’avvento è un cammino incontro a Gesù: Lui viene incontro a noi, e noi andiamo incontro a Lui. Non ci incontriamo a metà strada, ma ci incontriamo nella gioia di una amicizia e di una alleanza che si rinnovano nel profondo del cuore. Ma aspettiamo davvero Gesù? Il Natale che ci prepariamo a vivere è ancora il Natale di Gesù, o è un giorno in cui si faranno mille altre cose a prescindere da Gesù?
Il rischio di vivere il Natale senza Gesù è grande; fare festa senza il festeggiato: niente di più triste!
Il tempo di avvento è dunque tempo per preparare il cuore ad un incontro vero e profondo con Gesù.
La seconda domanda: sappiamo ancora attendere? Può apparire una domanda un po’ strana, ma non è inopportuna. Non lo è perché il tempo che viviamo è un tempo di impazienza, è un tempo in cui si bruciano le tappe, si cercano risultati immediati, a volte anche senza l’adeguata preparazione, è tempo in cui si vuole (e si può spesso ottenere) tutto e subito. È tempo in cui non si coltivano più i desideri veri (non i bisogni indotti), i sogni sono appiattiti dal calcolo delle probabilità, lo sguardo verso un futuro promettente si appiattisce nel piccolo cabotaggio quotidiano. L’attesa è bruciata nel consumo delle cose quotidiane, ma non saper attendere, oltre che un impoverimento della nostra umanità, è mortificare anche una dimensione tipicamente cristiana: tutta la vita cristiana – come ci suggerisce la Parola di Dio – è l’attesa del ritorno di Gesù alla fine dei nostri tempi. Il tempo di avvento, dunque, è anche tempo per coltivare la virtù della attesa, virtù possibile da coltivare anche attraverso un cammino di purificazione da tante cose (spesso superflue) che riempiono la nostra vita, per rendere più vero il nostro desiderio di Gesù e della sua venuta nella nostra vita.
