Il santo della gioia: l’eredità e l’attualità di don Bosco

Un ponte tra Chiesa e Stato.

Don Bosco pone le fondamenta della sua opera educativa in pieno Risorgimento. In un’epoca in cui la Chiesa era fortemente osteggiata dalla classe dirigente che poi, di fatto, realizzò l’unità d’Italia, don Bosco propone una “terza via” per cui, da un lato, non scende ad alcun compromesso con le élite anticlericali di quel tempo, dall’altro propone un rinnovamento della Chiesa stessa, a partire dalla base. Si pose quindi come uomo di riconciliazione tra “Cesare e Dio”, nella convinzione che, formando dei “buoni cristiani”, avrebbe anche educato degli “onesti cittadini”.
Un insegnamento sorprendente, in un’epoca in cui, soprattutto in Italia e in Occidente, i cattolici sono “personaggi in cerca d’autore”, costantemente in preda a due tentazioni di segno opposto: il compromesso con la mentalità mondana, da un lato, e la chiusura a riccio di fronte alle sfide della modernità, dall’altro.

Il “metodo preventivo”: una risposta all’emergenza educativa. 

Negli anni in cui don Bosco dà vita ai suoi primi oratori, l’Italia è un paese dove l’analfabetismo copre il 90% della popolazione, con un altissimo tasso di devianza sociale tra i giovanissimi. Don Bosco compie dunque un’opera di evangelizzazione primaria nei confronti dei ragazzi: l’oratorio e la scuola diventano una forma di emancipazione da tutte le povertà. Don Bosco si è letteralmente chinato su un’umanità derelitta, secondo i principi del Vangelo e prendendo sul serio tutte le opere di misericordia, a partire dall’“insegnare agli ignoranti”.
Il successo del “metodo preventivo” salesiano è proprio nell’infondere nei bambini e nei ragazzi meno fortunati, una dose gigantesca di amore cristiano, quello stesso amore che le famiglie, la scuola e la società sembravano non riuscire a trasmettere. Aiutando i giovani a coltivare la passione per la musica, per lo sport e per le arti, don Bosco risvegliava in loro un desiderio di infinito.
È proprio quello che servirebbe ai ragazzi di oggi, che hanno totalmente smarrito sia lo stupore nei confronti del mondo, sia la consapevolezza della propria identità e del proprio valore per l’altro.

Il santo della gioia. 

Poiché la dimensione privilegiata dell’apostolato salesiano è l’educazione, per conquistare i giovani è necessaria una buona dose di humour e ottimismo. “Ricordatevi che il diavolo teme la gente allegra”, ripeteva spesso don Bosco ai suoi ragazzi. Questa gioia di vivere non aveva nulla di superficiale, né era fine a se stessa ma nasceva dalla profonda consapevolezza di essere stato salvato da Dio. Nato da una famiglia povera e rimasto molto presto orfano di padre, il santo piemontese fu cresciuto tra molti sacrifici assieme al fratello da mamma Margherita, a cui doveva la sua educazione cristiana.
Quella che, a uno sguardo superficiale, potrebbe essere liquidata come una “infanzia triste” divenne il volano per una vita completamente spesa per gli altri. In assenza di un padre terreno, don Bosco ebbe la grazia di cogliere la bontà del Padre celeste e, assieme ad essa, la chiamata alla paternità spirituale di tanti ragazzi altrimenti destinati ad una vita di perdizione. Questa certezza, diede a don Bosco la forza di non arrendersi davanti ad alcun ostacolo che si frapponesse tra lui e la sua missione.
Fu così don Bosco, poverissimo, riuscì a mettere in piedi una congregazione di caratura mondiale.
La miseria non gli fece mai paura, anche perché, come lui stesso affermava: “I debiti li paga Dio”.