Prudenza e stoltezza

Le prime due figure che si incontrano nel ciclo giottesco delle virtù e dei vizi nella Cappella degli Scrovegni sono la prudenza e la stoltezza.
La prudenza è rappresentata come una donna seduta a un banco di studio, con un libro davanti, un compasso nella destra e uno specchio nella sinistra. Con lo specchio, la donna riflette su se stessa e sul proprio passato, rappresentato da un volto anziano sulla nuca.
La Prudenza non è solo calcolo, è meditazione sulla propria vita, per imparare dagli errori compiuti e cogliere i segni che possono orientare il futuro nel modo migliore.
Di contro, la stoltezza è un giullare le cui vesti imitano il piumaggio di un uccello.
Lo sguardo svagato è rivolto verso l’alto e la bocca aperta disegna sul volto un sorriso ebete. La stoltezza non guarda nemmeno dove mette i piedi e rincorre solo divertenti distrazioni. Il problema è che tiene in mano una clava: la stoltezza, priva di risorse morali e culturali, conosce solo la violenza come soluzione ai problemi. Come scriveva Isaac Asimov: «La violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci».